MUSICA
Matildamay, il rock siciliano di cui andare fieri
Autore: Matildamay
Titolo: omonimo
Anno: 2005
Provando a frequentare un forum palermitano di musicisti, non è raro – ahimè – imbattersi in veri e propri “conflitti a fuoco”: taglienti e velenosissimi botta e risposta che vedono sul banco degli imputati il chitarrista Pincopallino o la band Taldeitali. Se ci fosse Tarantino, filmerebbe di sicuro. Certo, il rock è musica; la musica è arte; l’arte è bellezza; la bellezza è soggettiva; oppure no; oppure sì; e Kant allora!?
Insomma, senza inoltrarci troppo: ma perché, da noi, ci si continua ad abbandonare all’insano vizio di storcere il naso sempre e comunque? Di sparare a zero su tutto e tutti? Viviamo in una terra non facile, anche per i musicisti, ma perché tirarsi la zappa sui piedi? Perché c’è poca onestà intellettuale e poca sana solidarietà fra i gruppi? Secondo chi scrive, è anche questo il motivo per cui spesso ci sentiamo “in periferia”: non creiamo legami. Saranno i tempi? Saranno i luoghi? Sarà chi scrive a stare esagerando? Forse. Ma vi immaginate Giovanni Lindo Ferretti “fare il culo” a Manuel Agnelli negli anni ottanta? O Franco Mussida prendersela con Francesco Di Giacomo, dieci anni prima?
Il brevissimo quanto intenso demo-cd presenta due dei brani - ottimamente registrati - che saranno poi contenuti nel loro album d’esordio. A dare struttura e cifra sonora alle canzoni dei Matildamay sono indubbiamente le chitarre, ben guidate da una sezione ritmica precisa e corposa. Nelle splendide liriche, tanta malinconia tra parole mute e silenzi amari. Si comincia con “Il Mio Debole”: belle le trame melodiche e i timbri delle chitarre su cui si adagia il calore delle corde vocali di Paolo Mei e ineccepibile il groove nelle frasi “in levare”. Nel complesso si accosta bene ad alcune cose degli ultimi Baustelle. Si chiude con “Nella scatola”: emotivamente intensa, dalla forte identità melodica, questa ultima traccia, ci culla piacevolmente in uno scenario notturno – probabilmente – in cui perdersi, ritrovarsi, riconoscersi, tra cartoline mai spedite, nastri logorati e cover di Nick Drake: "Dentro la scatola/ tra i tanti non so/ c’è ancora un mondo che non hai dato via".
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