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“Luci nella notte”: un viaggio nella notte dell’anima

  • 10 maggio 2005

Luci nella notte (Feux Rouges)
2004, Francia
Di Cédric Kahn
Con Carline Paul, Jean-Pierre Gos, Vincent Deniard, Carole Bouquet, Jean-Pierre Darroussin

I libri di Georges Simenon continuano ancora oggi a sedurre, soprattutto quei registi (neofiti e non) disposti a riproporre le atmosfere polar (o più semplicemente gialle) che hanno fatto la fortuna dell’autore belga. Ora è la volta del regista Cédric Kahn che rielabora un romanzo scritto dal padre di Maigret durante il periodo americano, nel 1953. In “Luci nella notte” (il romanzo è stato ripubblicato recentemente da Adelphi) sono evocate alcune ambientazioni tipiche del thriller americano, ma il regista trasferisce l’azione in Francia. E’ un’autostrada il luogo privilegiato della vicenda, imperniata sulla coppia composta da Hélène (una ancora bellissima e brava Carole Bouchet) e Antoine (uno straordinario Jean- Pierre Darroussin). L’uomo e la donna, che vivono un rapporto tormentato, intraprendono un viaggio diretto verso una colonia dove si accingono a trascorrere con i figli le vacanze estive. Hélène è in ritardo, Antoine inganna l’attesa bevendo birra fino allo spasimo. A bordo dell’auto, il dialogo tra i due si accende mentre un ingorgo li costringe ad una deviazione. La guida di Antoine si fa troppo spericolata ed Hélène decide di proseguire il suo viaggio in treno. L’uomo insegue la moglie fino alla stazione ma arriva troppo tardi. E qui entra in scena un evaso in fuga (Vincent Deniard) raccolto per un passaggio da Antoine. Chi ha avuto modo di leggere il romanzo conosce già l’evolversi della vicenda mentre noi scegliamo di preservare da ulteriori dettagli gli spettatori del film.

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Possiamo però dire che, a fare da commento alla pellicola, c’è la musica di Debussy, con suggestive e screziate variazioni in grado di evocare il lato notturno della storia. “Luci nella notte” è un giallo psicologico che racconta il disagio del protagonista datosi all’alcol per sfuggire alle tensioni del rapporto coniugale ed alle proprie frustrazioni esistenziali. Il viaggio è davvero l’ultima occasione riparatrice. Come già accadeva nel precedente film di Kahn (“Roberto Succo” dove un pericoloso criminale in fuga uccideva le sue vittime da un lato all’altro della Costa Azzurra) in “Luci nella notte” la malvagità dell’evaso provoca un ulteriore tormento alla già fragile coppia. Il male si palesa on the road e le luci annunciano tenebre assai minacciose: tenebre interiori e minacce assai concrete in un mix sostenuto da quello che Hitchcock chiama suspense. La tensione narrativa viene assai ben tradotta sullo schermo dall’abile regia di Kahn grazie anche a un equilibrato copione firmato, oltre che dallo stesso regista, da Laurence Ferreira – Barbosa e Gilles Marchand. Trasformare ogni ansia quotidiana in occasione narrativa, questo è il segreto dell’epica minimalista che senza dubbio necessita di grandi autori. Così anche la telefonata di un marito ansioso in cerca della moglie in un bar di provincia può essere una metafora sulle nostre notturne e diurne angosce, senza luci e con molte ombre.

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