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Lo sguardo di Visconti sul meridione d'Italia

  • 23 gennaio 2006

La mostra dal titolo Viscontie il Sud (visitabile a Palazzo Ziino, via Dante 53, fino al 12 febbraio, dal martedì al sabato dalle 9 alle 19.30, e la domenica dalle 9 alle 13.30, ingresso 5 euro) presenta fotogrammi tratti dalle tre celebri pellicole che Luchino Visconti dedica al Sud: "La terra trema", "Rocco e i suoi fratelli" e "Il Gattopardo". Un'esposizione promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Palermo e dal Thèatre des Italiens (a cura di Caterina D’Amico de Carvalho e da Maria Bellini), che nasce dal progetto del cineasta Maurizio Scaparro in occasione del centenario della nascita del regista neorealista, il quale, con i film sopracitati, è riuscito a raccontare in maniera realmente empatica la nostra terra, di cui scandagliò analiticamente ogni aspetto, anche grazie al prezioso supporto dell’ispirazione letteraria.

Difatti con il primo film della trilogia, "La terra trema" (1948), abbiamo il racconto di una Sicilia in particolare, ossia la Sicilia di Verga, che agli occhi di Visconti era apparsa “davvero l’isola di Ulisse, un’isola di avventure e di fervide passioni”. La sua attenzione qui si è fermata sull’aspetto magicamente arcaico di questi luoghi, che è quello del racconto tragico di un’eroica vita di ogni giorno (quella della famiglia Valasco, trasposizione cinematografica dei verghiani Malavoglia), bagnata dal sudore e dalle non sempre benevole onde del mare. Con "Rocco e i suoi fratelli" (1960), invece, Visconti sposta le sue letture da Verga a Gramsci e Testori, soffermandosi quindi sull’aspetto storico-politico dei suoi personaggi, contestualizzandoli in quel preciso periodo storico che vide molti meridionali partire verso il nord Italia, carichi di speranze di una vita più serena. In realtà Visconti neanche qui perde di vista il referente verghiano, poiché, nonostante i protagonisti non siano siciliani ma lucani, rappresentano comunque “i figli immaginari” dei Malavoglia, nel cui centro della storia c’è sempre l’impresa disperata di liberarsi dalla miseria.

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Infine con "Il Gattopardo" (1963), il cui referente, appare superfluo dirlo, fu l’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il grande regista unisce sapientemente la poesia, la psicologia dei personaggi e l’indagine (minuziosissima, si racconta) storico-ideologica, che in questo caso si riferisce però al periodo storico della discesa dei garibaldini in Sicilia (1860), e a quel conflitto tra vecchio e nuovo in cui per far rimanere tutto com’era bisognava che tutto cambiasse, parafrasando la celeberrima frase del film. Dunque, dopo aver rivissuto quelle intense storie grazie ai flashback dei fotogrammi, la mostra offre anche la possibilità, per chi lo volesse, di gustarsi a pieno i meravigliosi capolavori del maestro neorealista (sono previsti quattro spettacoli: alle 9.30, alle 12, alle 14.30 e alle 17).

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