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"Le scarpe di Sumba", vite di sogni e indifferenza

  • 29 maggio 2006

Etiopia, 73 milioni di abitanti, il 50% sono poveri, solo il 42% alfabetizzati, l'aspettativa di vita è di 48 anni, viene applicata la pena di morte. Eritrea, 4 milioni di abitanti, povertà, alfabetizzazione, aspettativa di vita, pena di morte: come sopra. Liberia, stessa musica, aspettativa di vita addirittura inferiore ai 40 anni, il 13% di mortalità infantile. Nigeria e Sudan, i numeri in questo senso cambiano poco. Queste le realtà infernali da cui sono scappati i protagonisti delle storie raccontate da sei scrittori palermitani ne "Le scarpe di Sumba”. Il libro è curato da Aurelio Angelini, docente di "Sociologia dell'ambiente", "Sociologia delle migrazioni" (Università di Palermo) e di "Ambiente e sviluppo sostenibile" (IULM di Milano), ed è stato fortemente voluto da Ianua (porta in latino), associazione di promozione sociale. Gli scrittori – Anna Maria Chirco, Alessandro Citarella, Tonya Puleo, Alice Titone, Tommaso Gambino e Saverio Puleo – hanno interpretato secondo la loro creatività alcune delle storie vere che le volontarie di Ianua hanno raccolto durante il loro lavoro. Serena Romano, socia fondatrice di questa associazione umanitaria con sede a Palermo, ha risposto ad alcune domande di Balarm.it.

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Chi è Sumba, cosa rappresentano le sue scarpe e dove lo hanno portato fino ad oggi?
Sumba è un ragazzo liberiano che abbiamo conosciuto nel 2003. Ci chiese di aiutarlo a presentare la domanda d’asilo in Italia. Rimanemmo molto colpite dalla sua storia perché ci disse di essere un calciatore. E' difficile immaginare dentro a una storia di guerra, di sangue e di fuga l’idea del gioco. Gli stereotipi e i pregiudizi con i quali siamo abituati a convivere, a volte anche in buona fede, ci portano a tralasciare un aspetto importantissimo della vita di chi fugge in Italia: un passato di normalità. Si tratta di uomini, di donne, di bambini con un bagaglio di vissuti enorme, di affetti lasciati o persi, di oggetti abbandonati, di luoghi nel cuore. Se le scarpe di Sumba potessero parlare, ci racconterebbero la storia della loro consumazione lenta, di un viaggio lunghissimo, durato mesi e mesi, sotto un sole che prosciuga anche i pensieri e ferma il tempo; ci racconterebbero di quante volte siano affondate nella sabbia sottile del deserto, con l’impressione di restarci per sempre, e di come invece ogni volta abbiano rivisto la luce; ci racconterebbero l’acqua di mare mista al vomito sul peschereccio, e i centimetri di liquami sul pavimento del bagno del centro di permanenza temporanea. Ma se le scarpe di Sumba potessero parlare, ci racconterebbero anche di un campo di calcio, verde, fresco, e di un pallone duro come la speranza che il nostro amico ha mantenuto fino all’ultimo, perché Sumba oggi ha ottenuto di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria e gioca come professionista in una squadra di calcio di una serie secondaria.

A cosa vorreste che servisse questo libro?
Vorremmo che questo libro contribuisse ad incuriosire la gente, a farle porre delle domande. Le storie sono un potente antidoto contro l’indifferenza. Afferriamo l’idea che un naufragio in mare è il lutto di decine di mogli e di mariti, di madri e padri, e di figli, e che l’altra faccia della migrazione è il dolore straziante dell’abbandono e della perdita della propria identità! Ci siamo limitate a fare delle domande ai protagonisti delle storie, e speriamo questa nostra curiosità sia una malattia contagiosa.

Cosa è Ianua e quali sono gli obbiettivi pratici a breve termine che si pone questa associazione?
Ianua è un’associazione che si occupa di promozione e tutela dei diritti umani, fondata sui principi della solidarietà, della pace, della partecipazione democratica e del dialogo tra le culture e consorziata a ICS, Italian Consortium of Solidarity. In questi mesi siamo impegnate in un ciclo di laboratori sul diritto d’asilo in alcune scuole medie di Palermo che vedono coinvolti insegnanti ed alunni. Continueremo ad organizzare cicli di seminari nelle università (ne abbiamo da poco completato uno a scienze della formazione con la cattedra di sociologia delle migrazioni) e a Settembre inizieremo a lavorare ad un nuovo testo, questa volta sul gioco nei vari paesi del mondo.

Palermo è una città "accogliente"?
Il problema dell’accoglienza è un problema nazionale. L’Italia non è un paese accogliente. L’immigrazione è vissuta in toni allarmistici, come un problema di sicurezza pubblica e il nucleo focale della politica in materia d’immigrazione è la salvaguardia delle frontiere, non certo l’accoglienza. L’ultimo rapporto della Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza, pubblicato pochi giorni fa, ci dipinge, a ragione, come un paese xenofobo e razzista.

Pensate che il vostro parere in questo senso sia condiviso dagli immigrati che vivono a Palermo?
Alcuni di loro sono rimasti a Palermo perché dicono che qui si vive meglio che in altri posti, perchè la gente è più affabile, a portata di mano. Se può far piacere sentirlo dire, d'altro canto è inevitabile considerare che se la Sicilia assurge a termine di paragone positivo, le condizioni di vita nel resto d’Italia per queste persone, saranno veramente insostenibili.

Nel quotidiano, cosa può fare ognuno di noi per rendere la nostra città accogliente?
Iniziamo dalla campagna per il voto agli immigrati. Riconoscergli il diritto al voto vuol dire contribuire a creare le condizioni per una piena e reale partecipazione democratica alla vita sociale e politica di questo paese, metterli in condizione di promuovere i propri diritti e di essere rappresentati da chi questi diritti li tutela. Domenica (28 maggio ndr) a piazza Bologni ci sarà un banco di raccolta delle firme della petizione promossa dalla CGIL “Voglio votare anch’io”, per il riconoscimento del diritto di voto ai cittadini immigrati. Firmare sarà sicuramente un primo passo.

"Le scarpe di Sumba" non è in commercio, verrà distribuito gratuitamente a chi lo richiederà all'indirizzo e-mail ianua@interfree.it o al numero di telefono 3281524493.

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