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Lasciamo Trastevere ai romani, ridiamo la Vucciria ai palermitani

Balarm
La redazione
  • 5 settembre 2005

Di questo oggi prendiamo atto e ci chiediamo quali siano stati le ragioni dell’insuccesso. Adesso il tema dei mercati storici torna alla ribalta e dalle pagine dei giornali emerge da parte di molti la voglia di rivitalizzare il mercato della Vucciria attraverso progetti e proposte destinati ancora una volta al fallimento. Non se la prendano i mie colleghi operatori culturali a cui rivolgo l’invito a ritenere che il bene della Vucciria debba prevalere sugli interessi della nostra categoria. Tenere accesi i riflettori dello spettacolo e delle arti in genere non avrebbe alcun effetto duraturo per la rinascita della Vucciria e di questo in fondo ne siamo un po’ tutti consapevoli. Pensare alla Vucciria come un dormitorio per artisti, che pare vi si sono già trasferiti, è abbastanza riduttivo. Il mercato della Vucciria ha le radici nella secolare storia e tradizione siciliana. La Vucciria è conosciuta in tutto il mondo grazie al maestro Renato Guttuso che l’ha potuta ritrarre nella sua vera natura. Cambiarla per tradirla è inopportuno e grave. Trasformarla in un luogo di ristoranti, pub, enoteche per farne una trastevere palermitana è la risposta più ovvia e la via più facile quando si è in affanno e le idee scarseggiano. Eppure su tale versante alcune esperienze sono state già fatte e la crisi di fatturato dovrebbe indurre ad una più sana ed allargata riflessione sulle scelte di pianificazione delle attività produttive e commerciali che in città debbano essere compiute.

Vale la pena ricordare che malgrado gli ingenti sforzi economici a spese della cassa pubblica cittadina ed i buoni propositi, Kals’Art e l’estate palermitana non hanno fatto la differenza sul trend negativo della presenza turistica in città. A dire il vero tale politica ha oscurato e sta portando alla più totale disperazione altri ristoratori, pub ed enoteche che hanno la sfortuna di ricadere al di fuori del quartiere Kalsa. Sui guadagni e sui danni di questa imponente impresa culturale, turistica ed economica occorre fare il consuntiivo. Per la ripresa della Vucciria al centro dell’interesse debbono starci i mestieri e le botteghe ed il recupero urbanistico ed architettonico. Bisogna ridare fiducia ai vecchi e futuri gestori delle botteghe con una corretta ed attenta analisi dei loro semplici bisogni che si scontrano con le norme in materia di igiene e sanità e con i pesi fiscali e tributari che debbono patire per l’esercizio della propria attività. Non bastano i finanziamenti agevolati o le scuole di marketing e d’impresa. Il mestiere e l’arte sono stati tramandati dai genitori ai figli. Questo la politica deve essere capace di tutelare facendo valere le ragioni del mercato storico, delle tradizioni e dell’identità culturale come del resto avviene in altre parti d’Europa in cui hanno saputo difendere la “baguette” e le “tapas” a dispetto anche delle norme in materia di igiene e sanita. La Sicilia e Palermo del resto fanno parte dell’Europa ma forse di una diversa Europa un po’ più italiana, siciliana e palermitana che recipisce le norme europee gravandole della spinta ad essere i primi della classe e i più zelanti.

Vito Meccio
Presidente della cooperativa culturale sociale Agricantus

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