TURISMO
La storia delle grotte di Chiafura a Scicli: oggi hotel di lusso, ieri case per reietti
La vita dei "cavernicoli di Scicli", intere famiglie che hanno scavato nella roccia per abitare dentro il quartiere smantellato negli anni Cinquanta. Oggi è una meta turistica
L'insediamento rupestre di Scicli (Ragusa)
In realtà c'è qualcosa in più: qualcosa che ha attirato l'attenzione di un sito di booking per hotel (che si chiama Hundredrooms) abbastanza da far inserire il piccolo centro in una classifica internazionale di luoghi "estremamente singolari" in cui dormire.
Parliamo delle grotte del parco della Chiafura, un sito rupestre che si trova nella parte meridionale del colle di San Matteo: un posto che trabocca di fascino e storia ma curiosissimo da visitare per il suo vissuto più recente.
Oggi sappiamo che il sito nasconde, dietro la chiesa di San Bartolomeo, le particolari grotte di Chiafura adibite ad alloggi contemporanei: grotte di lusso. Ma un tempo in questi stessi ambienti naturali hanno trovato rifugio i diseredati e i reietti che si sono trovati a vivere come gli uomini primitivi vivevano nelle caverne, senza luce né acqua.
Le origini di Chiafura sono decisamente remote: le abitazioni risalgano - si pensa - al periodo neolitico anche se è stato scoperto che la maggior parte di esse appartenga all’età bizantina. In seguito alla caduta dell’impero romano le popolazioni sono salite sul colle di San Matteo e sono state migliaia le persone che hanno scavato la roccia per ricavare nella pietra spazi da abitare.
Alla fine del Settecento è documentato che erano circa duemila le persone che abitavano lì e poche centinaia invece nella seconda metà del Novecento.
Tra forni in pietra, giacigli improvvisati e utensili essenziali, sappiamo che quando le famiglie si allargavano bastava scavare ancora di più nella montagna per ricavare altre stanze: decine e decine di metri di cunicoli immersi nelle stalattiti.
Anche Per Paolo Pasolini ne scrisse: "Chiafura era una specie di montagna del Purgatorio, con i gironi uno sull’altro, forati dai buchi delle porte saracene, dove la gente ha messo un letto, delle immagini sacre, dei cartelloni di film alle pareti e lì vive ammassata, qualche volta con il mulo. Si tratta di un rustico agglomerato troglodito, composto da cento bocche che si aprono nel lato sinistro del colle di S. Matteo. Le grotte furono abitate fino agli anni Cinquanta e per tale motivo furono oggetto di denunzie e di lotte sociali a livello nazionale. L’insieme delle grotte ha una visione veramente suggestiva, ma sono anche una testimonianza del sottosviluppo e dell’emarginazione del Meridione".
Il ritratto pasoliniano descrive un popolo di disperati ma testimoni dell'epoca raccontano che i residenti piansero quando venne imposto loro il trasferimento.
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