CINEMA E TV
“La cena per farli conoscere”, l’ultimo regalo di Pupi Avati
La cena per farli conoscere
Italia, 2006
Di Pupi Avati
Con Diego Abatantuono, Vanessa Incontrada, Violante Placido, Inés Sastre, Francesca Neri, Blas Roca Rey, Fabio Ferrari
Pupi Avati è uno degli ultimi illusionisti del nostro cinema. Per lui narrare con la macchina da presa vuol dire incantare, dosare con sapienza ragioni ed emozioni, indicando con grazia la qualità del mondo che ci circonda, con il disincanto di un antico sapiente che la sa lunga. Non è ottimista sull’attuale realtà italiana, Avati, e lo dimostra con il suo più recente “La cena per farli conoscere” che è venuto a presentare a Palermo accompagnato dal fratello produttore Antonio e dalle bellissime ed eleganti sue attrici, Francesca Neri e Violante Placido. Quest’ultima gravita attorno al protagonista maschile del film come “immagine” (così la presenta Avati) proiezione d’identità femminile che vive la propria dolorosa condizione di smarrimento e di dolore. Avati condivide con lei la tentazione esorcistica e un po’ infantile di fermare il tempo, di abbandonarsi ad una struggente nostalgia. E lo fa immergendo tutti i suoi protagonisti in uno scenario quasi fiabesco la Roma natalizia ed innevata nel cui ventre albergano fantasmi di un immaginario cinematografico riconducibili alla grande stagione agrodolce della commedia all’italiana. Così ci appaiano quasi familiari, sebbene illuminate da una luce nuova, le tre sorelle protagoniste che si conoscono poco e che vivono in città distanti tra loro: Inés (Inés Sastre) giornalista in carriera a Parigi, Clara (Vanessa Incontrada) pediatra che vive a Madrid e la romana Betty (Violante Placido) che delle tre è la più giovane.
Lo fa con i toni ironici e acri con i quali aveva stigmatizzato le perversioni del mondo del cinema in “Festival” con Massimo Boldi attore in disarmo. In un Italia segnata da antichi nuovi vizi, in balia delle irresistibili regole del conformismo e del profitto, ogni nevrosi collettiva ha i suoi riflessi nel privato disastrato di nuclei familiari sconvolti. L’unico punto di fuga è l’occasione di nuovi incontri come quello organizzato dalle tre sorelle, ritrovatesi nella villa di una di loro: una cena per fare unire papà Sandro con una donna intelligente e stimolante come Alma Kero (una sorprendente ed inedita Francesca Neri), un tipo di donna dalla quale si è tentati di fuggire. La cena del titolo è giostrata da Avati con divertita perizia: è un aspro confronto da commedia nera dove affiorano sentimenti contrastanti e persino qualche remota possibilità di conciliazione. La tradizione in cui s'inscrive il film è quella ormai riconosciuta come alta dei Monicelli e dei Risi (ampiamente citati nei dialoghi del film). E la storia non può avere un lieto fine (sarebbe un inutile effetto speciale) in un film che vuole ammonirci sugli attuali valori del bene e del male, tracciando il diagramma del comune nostro degrado derivato da un alienante, nostra pervicace incapacità di produrre civilizzazione. Per Avati non resta che affidarci ai sogni, contenitori di aspirazioni e desideri inappagati, possibili solamente in un altro tempo, in un’altra dimensione. Come il sogno di Sandro, uomo senza qualità, triste (ma in fondo simpatica) canaglia la cui maschera sarebbe stata apprezzata, e senza lifting, in un mondo migliore di quello dove gli è toccato vivere.
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