CINEMA E TV
"L'ora legale", racconto dell'ora dell'impossibile legalità
Se il messaggio del film è negativo, Ficarra e Picone hanno perso la speranza? La riflessione su "L'Ora Legale" dell'attrice, autrice e regista Maria Teresa de Sanctis
Detto questo, parliamo dell'ultimo film della coppia di comici palermitani Salvo Ficarra e Valentino Picone, "L'ora legale", loro quinto lungometraggio. Nell'assolato paese di Pietrammare (nella realtà Termini Imerese, paese della provincia di Palermo, qui più bello che mai) i due candidati a sindaco sono in piena campagna elettorale per le imminenti elezioni e non potrebbero essere più diversi.
Pierpaolo Natoli (Vincenzo Amato) propone il cambiamento all'insegna della trasparenza e della legalità, in contrapposizione con il sindaco uscente Gaetano Patanè (Tony Sperandeo) espressione della logica clientelare, dei favoritismi e quanto altro ben possiamo immaginare.
Ma ci deve essere dell'altro, assolutamente e a maggior ragione, dal momento che si tratta di un prodotto nazional-popolare alla portata di tutti. E se può andar bene ridere di queste nostre disgrazie siciliane, non si può per nulla accettare la mortificazione di ogni possibile speranza suggerita dalla conclusione del film.
Forse sono loro, i nostri due comici, ad aver perso ogni speranza, oppure pensano che quel che resta da fare sia solo ridere delle nostre disgrazie e null'altro. E questo diventa un messaggio del tutto negativo.
Per quale motivo? Poteva bastare anche un piccolo segno, un qualcosa, ma doveva esserci. Per rispetto di tutti ma soprattutto per i giovani, ricchi di sogni e speranze. Loro devono poter credere in qualcosa.
I sogni servono per questo, per andare avanti. Certo siamo ben lontani da quei capolavori di comicità e poesia, risata e speranza, nonostante certi tempi ben cupi, che grandi artisti del passato come Chaplin ci hanno regalato. Oggi giusto due risate, di più non siamo in grado di fare.
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