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L’identikit dei laureati dell’Università di Palermo

Balarm
La redazione
  • 16 gennaio 2007

A un anno e mezzo dal conseguimento della laurea triennale, più della metà dei laureati (58,6 per cento) dell’Università di Palermo decide di proseguire gli studi, mentre il 27,6 per cento si inserisce nel mercato del lavoro e l’11,2 cerca un’occupazione. Segno che la laurea triennale non è vista come un traguardo, ma come un primo passo verso una formazione più specifica. Un fenomeno comune agli altri atenei italiani, dove in media il 52,3 per cento dei laureati decide di continuare a studiare dopo il triennio, e dove però – soprattutto al Nord e nelle realtà produttivamente più avanzate – il 40,1 trova uno sbocco occupazionale. Sono questi alcuni dei dati contenuti nell’indagine realizzata nel corso del 2006 sui giovani che si sono laureati fra maggio e dicembre 2004, in nove università italiane, dal progetto Stella (Statistiche in tema di laureati e lavoro). Indagine svolta su un campione di 6277 giovani (1.174 a Palermo) laureati tra maggio a dicembre 2004: periodo preso in cui le nove università italiane hanno sfornato 23.969 laureati, di cui 4.795 solo a Palermo.

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Il rapporto è stato presentato allo Steri, nel corso del convegno sul tema “Dopo l’università: saperi e metodi per preparare gli studenti al mondo del lavoro” cui hanno partecipato il rettore dell’Università di Palermo, Giuseppe Silvestri, il rettore della Statale di Milano, Marcello Fontanesi, e vari esponenti del mondo formativo e produttivo: il direttore di Confindustria Palermo Paolo Rizzuto; il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Guido Di Stefano; Vincenza Capursi e Alida Lo Coco dell’ateneo di Palermo; Mauro Cerreti dell’Università di Bergamo; Marisa Civardi della Bicocca di Milano, Anna Grimaldi dell’Isfol. «Abbiamo aderito al consorzio Stella per confrontarci con altre realtà universitarie – dice il rettore dell’ateneo di Palermo, Giuseppe Silvestri -. E’ necessario un maggiore affinamento del dialogo fra università e mondo del lavoro, per allargare le possibilità occupazionali dei nostri laureati». Per il rettore dell’Università di Milano, Marcello Fontanesi, «non esiste differenza nell’efficacia della formazione fornita dagli atenei del Nord e del Sud, ma il problema è di come il territorio e il mercato del lavoro accolgono i giovani laureati».

Più alte le percentuali degli occupati per chi si è laureato con il ciclo “lungo” del vecchio ordinamento, dato prevedibile visto che il titolo di studio ottenuto offre già una preparazione magistrale: dai dati sui nove atenei inseriti nel rapporto emerge che, dopo un anno e mezzo dal termine degli studi, circa i tre quarti dei laureati lavora (58,8 per cento) o cerca un’occupazione (11,7). A Palermo, unico ateneo del Sud preso in esame, il dato degli occupati è del 44,4 per cento, mentre il 18,6 cerca attivamente un lavoro e il 33 per cento continua a studiare, frequentando un master, un dottorato di ricerca o iscrivendosi a una laurea di secondo livello. Le lauree del vecchio ordinamento che – secondo il rapporto – hanno garantito un più veloce inserimento nel mondo del lavoro sono quelle in Ingegneria (68,3 per cento), nei settori politico-sociale (65,7 per cento) e nell’insegnamento (62).

L’indagine sugli sbocchi occupazionali, che ha coinvolto anche le università di Bergamo, Brescia, dell’Insubria, di Milano, di Milano Bicocca, di Pavia, di Pisa statale e di Pisa Sant’Anna, è accompagnata da un rapporto statistico che offre diversi elementi interessanti: nel triennio 2003-2005, per esempio, il numero dei laureati a Palermo è costantemente aumentato (da 6000 a 7.500), e la maggioranza degli “allori” in questo periodo è andato alle donne, il 60 per cento contro il quaranta per cento degli uomini. Alcuni gruppi di studio, come quello agrario o di Ingegneria fa registrare una prevalenza ancora maschile dei laureati (rispettivamente il 75,4 e l’81,4 per cento), ma al contrario le donne prevalgono nettamente nei gruppi Insegnamento (93,3 per cento), linguistico (86,2) e psicologico (87 per cento). Si evidenzia poi un miglioramento nella velocità di conseguimento del titolo di studio: se nel 2003 il 93 per cento dei laureati ha conseguito il titolo fuori corso, la percentuale si riduce di dieci punti nel 2005, cioè l’83 per cento. E per gli uomini, in media, la durata degli studi è più lunga che per le donne. Infine, risulta evidente il legame fra voto di diploma e voto di laurea. I laureati in Educazione fisica, in Lingue, Architettura, Medicina e Lettere hanno un voto di laurea mediamente alto (intorno al 107), mentre i gruppi di laurea con i voti più basi sono il giuridico e il chimico-farmaceutico: intorno a 100.

Dall’analisi dei dati raccolti viene fuori una popolazione di giovani che dopo la laurea breve trova maggiori sbocchi lavorativi al Nord, ma che spesso viene assorbita da piccole e medie imprese con assunzioni a tempo determinato o con altre forme di lavoro atipico e con retribuzioni medio-basse (il 60,1 per cento degli occupati guadagna da mille a 1.500 euro al mese). A Palermo alcune lauree triennali, soprattutto quelle nate per rispondere a esigenze specifiche del mercato del lavoro, riescono a garantire immediati sbocchi occupazionali. E’ il caso delle professioni sanitarie, in cui lavora l’84,4 per cento dei laureati (infermieri, logopedisti, ostetrici), ma anche del settore politico-sociale, in cui il 46,5 per cento lavora, e di quello linguistico, dove si arriva al 38. La maggior parte dei laureati nelle altre aree disciplinari sceglie di continuare a studiare dopo il triennio, probabilmente perché gli sbocchi occupazionali sono rivolti a figure professionali di alta formazione: il 74,3 per cento del gruppo letterario, il 77,1 del geo-biologico, l’80,3 di ingegneria. Chi prosegue negli studi nel 60,8 per cento dei casi segue un corso di laurea specialistica, nel 5,1 si iscrive a un altro corso di laurea triennale, nel 23,3 (il 12,2 in Italia) frequenta corsi di specializzazione (Siss, praticantato, corsi professionali), solo nel 7,2 per cento segue corsi di lingua straniera o informatica. Dei laureati post triennio, il 22,8 per cento di coloro che lavorano è impiegato, contro il 26,9 del dato nazionale, e il 60 ha un lavoro precario o a tempo determinato, contro una media italiana del 54. A Palermo, però, c’è un maggior numero di laureati con posti da dirigente e da imprenditore: il 4,1 per cento contro il 2,8 di media degli atenei dell’indagine Stella.

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