CINEMA E TV

HomeNewsCulturaCinema e Tv

Kim Ki-duk, la cura è il bene più prezioso

  • 17 gennaio 2005

Ferro3 – La casa vuota (Binjip)
Corea del sud 2004
Di Kim Ki-duk
Con Seoung-yeon Lee, Hee Jae

Basta poco per mostrarci quanto certi rapporti siano manchevoli di cura, quella cura l’uno dell’altro che dovrebbe essere alla base di ogni relazione affettiva sincera. Nell’ultimo lavoro del regista coreano Kim Ki-duk, “Ferro3 – La casa vuota”, sono alcune delle poche battute presenti nel film a denunciare questa mancanza, mentre gli intensi sguardi ed i lunghi silenzi raccontano ben altro. Un giovane dopo essersi accertato che le case siano senza nessuno dentro, le visita. Non solo non ruba nulla, ma anzi dedica a quelle abitazioni una cura singolare per un estraneo: lava biancheria sporca trovata per casa, ripara oggetti rotti e addirittura celebra con devozione un rito funebre per un anziano trovato morto nella sua angusta casa. Nell’originale girovagare incontrerà per caso una donna, moglie infelice di un uomo ricco ma senza alcuna sensibilità, che si unirà a lui. È un mondo di soli quello che ci viene presentato (e non tanto lontano poi dalla realtà che ci circonda), un’enorme solitudine dove superficialità ed egoismo, togliendo linfa vitale al sentimento che lega ogni tipo di relazione affettiva, lasciano un vuoto nel quale è il protagonista del singolare apologo a muoversi abbastanza a proprio agio, dopo tutto.

Adv
Il nostro instaura con quelle case un rapporto profondo, pur se effimero, dal quale traspare un amore di fondo per l’umanità, un amore del quale pare nessuno si accorga, eccezion fatta per la donna che lo segue. La storia, nella sua bizzarria, assume infine una connotazione magica che lascia allo spettatore ogni conclusione ed ogni pensiero in sospensione, leggero come alla fine leggero diventa il protagonista. Ed il vero pregio del film, ricco di immagini costruite perfettamente per la narrazione in ogni loro particolare (dagli arredi delle case ai colori degli abiti), è proprio in questo aprirsi di interrogativi e riflessioni di indubbia matrice orientale, e nel quale riconosciamo le peculiarità dell’autore (come non pensare al precedente “Primavera estate autunno inverno e ancora primavera …”), che induce le nostre menti a perdersi in un labirinto di incertezze. Il titolo del film, “Ferro3”, deriva dal tipo di mazza da golf che il giovane porta sempre con sé e con la quale ogni tanto si rilassa praticando un gioco che ha il dolce sapore della follia: per inciso è così che si pratica il golf in Giappone, come nei primi anni ottanta ebbe già modo di mostrarci Wenders in un suo celebre film documentario dal titolo “Tokyo-ga”, letteralmente “Viaggio in Giappone”.

Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI