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Intervista a Sandra Milo, icona del cinema italiano

La storia è ambientata negli anni Trenta e il testo è un rifacimento di una commedia di Paola Riccora che è stato riadattato da Giacomo Rizzo

  • 23 gennaio 2004

“Se avessi scoperto prima il teatro, non me ne sarei mai stancata”. Con queste parole, Sandra Milo descrive il suo amore per la recitazione e presenta lo spettacolo “Una vacanza forzata”, di e con Giacomo Rizzo, che andrà in scena sabato 24 alle 21.15 e domenica 25 gennaio (ore 17.15) al teatro Lelio di Palermo (via Antonio Furitano 5/a). Fanno parte del cast anche Carla Schiavone, Corrado Taranto, Enzo Perna e Maria Rosaria Virgili. Prenotazioni e informazioni al botteghino del teatro (telefono 091.6819122).

Signora Milo, a quale genere appartiene lo spettacolo che porta in scena?
«Si tratta di una commedia, infatti, per la prima volta nella mia carriera rivesto un ruolo comico. Faccio la mia apparizione nel secondo atto e interpreto la suocera ancora avvenente del protagonista, che intreccia una relazione con quello che si scoprirà solo dopo essere il giudice che deve decidere della sorte di mio genero. La trama è tutta una serie di equivoci, battute e trovate grottesche perché mio genero è un donnaiolo e per non far scoprire alla moglie che ha un’amante, ne inventa di tutti i colori ed arriverà anche a costringere la sua famiglia ad una vacanza forzata. La storia è ambientata negli anni Trenta e racconta le vicende di una famiglia borghese. Il testo è un rifacimento di una commedia di Paola Riccora che è stato riadattato da Giacomo Rizzo che interpreta Enrico Cocozza, il protagonista».

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La emoziona recitare in teatro?
«Sì, devo dire che con il palcoscenico ho iniziato da poco. Sono salita sul palco solo cinque anni fa per diventare Gertrude, la madre di Amleto con Tato Russo a Napoli. Ogni sera piagevo calde lacrime per rendere più vero il mio personaggio. La mia seconda esperienza è stata una commedia di Giuseppe Patroni Griffi con Leopoldo Mastelloni, intitolata “Una tragedia reale” sulla morte di Lady Diana. Questo però è il mio primo ruolo comico. Devo dire che con questa compagnia non esistono gerarchie, ma un buon affiatamento ed è piacevole avere dei compagni di avventura».

Quando la rivedremo in televisione o al cinema, dopo l’ultima esperienza del cammeo regalato a Pupi Avati per “Il cuore altrove”?
«La televisione di oggi non mi interessa. È così insincera. Non c’è una trasmissione che mi piace. Potrei tornare solo come ospite, per avere più libertà di espressione, ma nient’altro. Di fronte al cinema moderno, posso solo dire che non mi sento adatta. È un cinema in jeans ed io non li ho mai indossati. È un tessuto troppo rozzo e duro. Non mi si addice».

C’è qualche regista italiano con cui le piacerebbe lavorare?
«No, non ci ho mai pensato. Per me la stessa parola cinema è sinonimo dei grandi nomi della vecchia scuola, che oggi non lavorano più. Con Federico Fellini avevo, infatti, un rapporto d’eccezione, irripetibile. Riuscivamo ad avere una comunicazione telepatica».

Quali sono i suoi progetti?
«Sicuramente continuare a lavorare in teatro. Ho pronta da diversi anni nel cassetto una commedia dedicata a Federico Fellini. Si tratta di un libro, “Caro Federico” che ho scritto qualche anno fa e che ripercorre la vita del regista romagnolo, soprattutto dal punto di vista umano. Si sono interessati a portarla in scena il sindaco di Catania e di Taormina. Vedremo. C’è ancora tempo».

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