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In volo col “Mare dentro”

Il film narra degli ultimi due anni di vita di Ramòn (Javier Bardem) durante i quali l’uomo si affida ad un’avvocatessa (la brava Belèn Rueda)

  • 18 ottobre 2004

Mare dentro (Mar adentro)
Spagna 2004
Di Alejandro Amenábar
Con Javier Bardem, Belén Rueda, Lola Dueñas, Mabel Rivera

Libertà di pensiero, di parola, di essere, di vivere, di morire. Sì, questo è il tema trattato dal film “Mare dentro” del giovane regista spagnolo Alejandro Amenàbar. Libertà, e se nello specifico è della libertà di morire che si parla, allora risulta evidente come l’impresa possa risultare doppiamente ardita, soprattutto poi se maturata in un paese di grande (e direi temibile) tradizione cattolica come la Spagna, eppure è brillantemente riuscita. Sarà per la strepitosa bravura di Javier Bardem (insignito della coppa Volpi a Venezia quale migliore attore), che ha coraggiosamente accettato un ruolo nel quale è quasi sempre il suo viso ad essere inquadrato, seguito a ruota da Belèn Rueda e da tutti gli altri bravi interpreti della pellicola, sarà per la notevole regia (sempre a Venezia il film ha ricevuto il Leone d’argento e il Gran premio della giuria) e la fotografia, il racconto per immagini che ne viene fuori, tratto dalla storia vera di un uomo che ha perso l’uso degli arti dopo un incidente e conduce una battaglia trentennale a favore dell’eutanasia, è intenso, scorrevole e riesce con semplicità a comunicare come sia proprio un grande rispetto per la vita a far desiderare al protagonista la morte.

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Il film narra degli ultimi due anni di vita di Ramòn (Javier Bardem) durante i quali l’uomo, divenuto tetraplegico 26 anni prima a seguito di un imprudente tuffo in una deliziosa baia della Galizia, si affida ad un’avvocatessa (la brava Belèn Rueda), anch’essa disabile a causa di una malattia degenerativa, per difendere in tribunale la legalità della sua scelta, la volontà di darsi la morte. E questo preciso desiderio prende forma in Ramòn, uomo intelligente e sensibile, insieme a profonde riflessioni sull’esistenza, riflessioni che sono anche componimenti poetici, da uno dei quali il titolo. Parlavamo di semplicità e credo che questa sia la qualità più pregevole del film, dove se è sulla libertà di morire che si disquisisce eppure è della bellezza della vita che si racconta, vita che ineluttabilmente continua il suo corso ed è dall’amore per la vita che tale desiderio di morte nasce. Il senso profondo del film è dato anche dai bei personaggi che intorno a Ramòn si muovono (tutti molto bravi gli interpreti) e che in qualche modo crescono grazie alla sua disgrazia, dalla sempliciotta Rosa al nipote adolescente, alla sfortunata e bella avvocatessa. Interessante come al volo, immagine emblematica dell’anelito alla libertà insito in ciascuno di noi, si contrapponga un mare onnivoro, il mare dentro.

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