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Il ricamo della vita ne “Le ricamatrici”

  • 21 giugno 2005

Le ricamatrici (Brodeuses)
Francia, 2004
Di Eléonore Faucher
Con Lola Neymark, Ariane Ascaride, Marie Felix, Thomas Laroppe, Arthur Quehen, Jacky Berroyer

L’intensità degli sguardi, i colori, le immagini eloquenti più di qualsiasi dialogo, la musica calzante, tutto ci racconta di quello straordinario ricamo che è la vita, nel bel film di Eléonore Faucher “Le ricamatrici”. Infatti il ricamo non è soltanto la paziente e meravigliosa arte nella quale la fanciulla protagonista della storia è abile maestra, ma è anche il percorso di ricostruzione della propria vita, di ricongiungimento con il lato positivo della nostra anima, quella luce dei sentimenti che c’è sempre, anche nei momenti più neri, una piccola fiamma che attende solo che la si scorga, ma esiste, necessariamente, perchè è sempre dal buio che nasce la luce. Ed è appunto attraverso un cammino di pazienza e consapevolezza che questa trama si arricchisce, che il tessuto scarno e nudo della vicenda (una giovanissima donna scopre di essere incinta di cinque mesi e decide di partorire in gran segreto), si ravviva con splendidi ghirigori, acquista il fascino della bellezza e riporta i personaggi al gusto della vita. Proprio come i disegni che, magicamente apparsi dal nulla, inondano il telaio col fiume in piena della loro misteriosa grazia, così le due donne, la giovinetta gravida Claire e la signora Melikian, una ricamatrice che lavora per l'alta moda, entrambe provate dalla vita, ricreano quel raro ordito che ricostituirà la pregiata stola del sorriso dell’anima.

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E il ricamo non è solo quello di questa arte tanto antica quanto preziosa (e ringraziamo la regista per avere recuperato il magnifico elemento muliebre, tanto caratterizzante la vita femminile dei tempi andati), ma è anche ciò verso cui tutto il racconto per immagini converge, come dicevamo all’inizio: la fotografia, le inquadrature, spesso in risonanza (e mescoliamo i sensi proprio perchè molteplici sono le emozioni che il film ci regala) con i colori del bel volto della protagonista, dagli occhi verdi e i ricci capelli rossi, i pregnanti silenzi. Insomma un piccolo gioiello francese, premiato dalla critica al 57° festival di Cannes, giudicato in patria quale miglior film francese del 2004 e dal sindacato dei critici francesi qual migliore opera prima. Vogliamo poi ricordare l’autore delle musiche che accompagnano opportunamente il racconto, donando alle immagini ancor un più ampio respiro, come sempre avviene quando il connubio musica ed immagini è felicemente riuscito, e cioè Michael Galasso. Insomma un film squisitamente femminile, delicato, intenso e bello. Ancora una volta, nel panorama cinematografico europeo, è il cinema francese a distinguersi, imponendosi con uno stile ed una incisività del racconto per immagini, superiori agli altri, e il tutto con semplicità e grazia.

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