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Il Palazzo delle Aquile tra arte e storia

  • 22 dicembre 2004

La storia secolare del Palazzo delle Aquile è adesso sontuosamente ricostruita nel bel volume di Pietro Gulotta, Maria Antonietta Spataro e Camillo Filangeri che è stato appena presentato a Palermo a Sala delle Lapidi (Palazzo delle Aquile). Un’opera della quale si avvertiva la mancanza e che dà conto come nessun’altra precedente iniziativa editoriale della trasformazione – tra arte e storia - del modesto nucleo originario nell’attuale grandiosa residenza municipale. Un monumento la cui magnificenza deriva appunto dalla tuttavia dimessa sede voluta all’inizio del XIV secolo dal sovrano siculo aragonese Federico III il quale, giusto nel 1311, ne pose la prima pietra. Edificio che perciò, nel bene e nel male, ha rappresentato la storia della città stessa fin dall’inizio dell’età dei Comuni. Restando sempre quel “punto di riferimento della vita cittadina” che, come evidenzia il presidente del Consiglio comunale Salvatore Cordaro nell’introduzione al volume, è soprattutto il luogo nel quale è stato delineato il futuro della città. E in cui ora si riflettono con particolare evidenza le aspettative di quasi un milione di palermitani. Al Palazzo Pretorio, come ai nostri anziani era noto e come alcuni preferiscono ancora chiamarlo, Pietro Gulotta aveva dedicato lunghi studi che nel 1980 si erano concretati in un volume ormai raro e praticamente introvabile.

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Adesso, per la parte che gli compete, in questo “Palermo. Palazzo delle Aquile”, edito da Quattrosoli, il noto esperto d’archivistica ha ripreso il suo “racconto” delle vicende del Palazzo tra documenti e cronache aggiungendo una serie di decisivi contributi. Che con scorrevole tratto narrativo danno articolata notizia delle trasformazioni attraverso le quali il palazzo torre trecentesco, chiuso ed esclusivo, ostile e diffidente del contesto urbano, divenne quindi monumento quattrocentesco teso a dialogare con la vita esterna. Per poi diventare il “Palazzo dei Gattopardi” e la grandiosa realtà che ci è pervenuta dopo l’intervento tardo ottocentesco del Damiani Almeyda. Ed è proprio alla vicenda artistica del Palazzo e dell’ altrimenti poco noto contenuto di opere preziose che la storica dell’arte Maria Antonietta Spataro ha dedicato il proprio contributo. Un apporto che, in una forma colta e dettagliata come l’attuale, mai era stato del pari dedicato ai capolavori che sono esemplari attestati – interni ed esterni - dell’importanza rivestita dal Palazzo nella sua storia sette volte secolare. Mentre il volume, che si avvale di un insolitamente splendido apparato fotografico, dovuto a Giorgio Di Fede, ha il merito di una terza parte anch’essa originale. Dedicata al “Palazzo Nascosto” e nella quale il noto studioso e cattedratico di restauro e ricerca storica Camillo Filangeri interviene opportunamente, con gustosa ed assai utile dovizia di sorprendenti particolari.

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