CINEMA E TV

HomeNewsCulturaCinema e Tv

Il cielo visto dalla Terra

  • 27 luglio 2006

L’IGNOTO SPAZIO PROFONDO (The Wild Blue Yonder)
Germania, Gran Bretagna, Francia, 2005
Di: Werner Herzog
Con: Brad Dourif, Ellen Baker, Franklin Chang-Diaz

Tra gli esponenti più rappresentativi dell’indimenticabile stagione del Nuovo Cinema Tedesco, Werner Herzog è uno di quei cineasti duri e puri di cui abbiamo ancora bisogno. Lasciarsi alle spalle i capolavori degli anni settanta, le sue magnifiche incursioni nei territori inesplorati del Mito (i suoi Aguirre, Nosferatu, Woyzeck rimangono scolpiti nella storia dell’immaginario moderno), Herzog ha cercato di proseguire la propria originale ricerca di un cinema necessario tentando di rinnovare il linguaggio del documentario lirico, con una intenzionalità che rimanda a quella di Aleksandr Sokurov, autore con il quale egli condivide la stessa esigenza poetica, la stessa passione per la realtà da restituire al pubblico in modo trasfigurato attraverso il recupero di paesaggi naturali remoti ed impervi o attraverso piccole storie di eroismi extra-quotidiani.

Adv
Natura e cultura: così questo inquieto e talentoso regista ha saputo rinnovare i grandi temi della tradizione mitteleuropea legandoli al divenire di una contemporaneità in crisi, esaltando una idea di cinema che sa guardare al futuro. L’ultimo gioiello di Herzog è “L’ignoto spazio profondo”, visto nella sezione “Orizzonti” di Venezia 2005. Il titolo richiama alla memoria i classici della science fiction, ma anche in questa occasione, Herzog compone una propria originalissima variazione sul tema, tra finzione e documentario, alludendo alle minacce troppo umane che rischiano di rompere definitivamente il già precario equilibrio naturale del mondo.

La storia è raccontata da un alieno che ha il volto di Brad Dourif (uno degli attori prediletti da Forman), che si trova nel nostro pianeta da alcuni secoli. Ha studiato la nostra civiltà, ha cercato di creare nuove forme di vita ma senza successo. Una guerra ha rovinato l’ambiente naturale, a causa di radiazioni intervenute ad aumentare l’effetto del buco dell’ozono. L’alieno proviene da un pianeta sommerso dall’acqua, l’ignoto spazio profondo del titolo, mentre gli astronauti della NASA, a bordo del loro Shuttle STS-34, navigano nello spazio cercando altre forme di vita su altri sistemi solari, costretti ad un esilio forzato su una sonda di nome Galileo, poiché la Terra è ormai diventata inospitale.

Per Herzog la minaccia di estinzione della razza umana ha origini remote, l’elio liquido è una troppo fragile patina che prepara un destino apocalittico. In questo lucido teorema sulla fine della nostra specie, le immagini reali degli astronauti NASA e della loro impresa si mescolano alle visioni dell’incombente catastrofe annunciata, nelle forme di un concerto per immagini e musica. La colonna sonora de “L’ignoto spazio profondo” si nutre dell’apporto di un importante jazzista olandese, Ernst Reijseger, violoncellista d’eccezione, che con la collaborazione di un vocalista senegalese, Mola Sylla (il cui canto recupera la lingua Wolof) e di un coro di cinque pastori sardi, il Tenore e Cuncordu di Orosei, sono elementi che generano una partitura suggestiva ed irripetibile

Da autentico viaggiatore, il regista tedesco oltrepassa immediatamente i confini del genere e ci guida alla ricerca di relazioni sorprendenti, alludendo (come fece Kubrick nella sua “Odissea”) ai misteri dell’umana evoluzione e della sua assurda incompiutezza. Il confronto tra l’uomo e il suo doppio, l’alieno-narratore che tenta di violare un tabù comunicativo capace di condizionare la nostra comune conoscenza di umani, diviene il pretesto per rinnovare l’esaltante ammonizione (quella di Aguirre, perennemente presente in Herzog) della necessità dell’Utopia che, sebbene tragicamente votata alla sconfitta, è uno dei principali desideri che testimonia, attraverso l’Arte del vivere e del fare Arte, la nostra presenza di umani.

Non ci resta che continuare a viaggiare negli abissi di quell’infinito che forse mai riusciremo davvero a misurare, sfuggendo alle insidie della Morte annunciata: questa traiettoria inevitabile, Herzog ce la restituisce nei modi di un cinema leggiadro, che sa volare e far volare, per liberare le nostre povere teste di spettatori inquinati dalla presente Apocalisse di immagini superflue.

Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI