LIBRI
Il "caso" letterario del romanzo popolare scritto da un contadino siciliano
Rischia di essere il caso letterario del prossimo anno "Terra matta di Sicilia", una vera e propria epopea scritta in un particolarissimo Siciliano da un bracciante semianalfabeta di Chiaramonte Gulfi, Vincenzo Rabito. Una massa ponderosa di fogli, di più di mille pagine (1027, per la precisione, senza interlinee e senza margini), arrivata dopo varie peripezie dall'Australia sulle scrivanie della Einaudi, che sta lanciando in pompa magna l'opera come una delle principali uscite del 2007.
Opportunamente ridotto in fase di editing (a cura di Luca Ricci ed Evelina Santangelo), "Terra matta" è un racconto scritto in sette anni con una vecchia Olivetti, che attraversa tutti i principali eventi della storia siciliana, e italiana, dalla Grande guerra, al fascismo, alle campagne d'Africa, fino agli eventi del dopoguerra, con l'avvento della tv e il potere mafioso, filtrati dall'occhio incredibilmente lucido e acuto dell'autore. Una narrazione autobiografica di una "maletratata e molto travagliata e molto desprezata" vita, inventando una lingua mista di italiano e siciliano che in fase editoriale è stata mantenuta nella forma originale, anche nelle sgrammaticature. Non è mancata, durante l'annuncio dell'uscita del libro, una certa aura di mistero attorno all'opera, che sarà accompagnata, dopo il reading di Vincenzo Pirrotta in anteprima a Palma di Montechiaro, da un rigoroso silenzio della casa editrice fino al momento del lancio.
«Un'epopea tragicomica», l'ha definita entusiasticamente Evelina Santangelo, a sua volta una delle più importanti scrittrici siciliane, che ha curato con Luca Ricci la revisione del libro. Per la pubblicazione sono previste, anche se la decisione attende conferme, un'introduzione e una quarta di copertina a firma di autori importanti, così come una postfazione scritta dai curatori.
da.s.
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