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Il cartaio: quando l’azzardo si tinge di sangue

Il film si potrebbe definire una vera e propria commedia drammatica, mentre reminescenze fulciane emergono grazie ad una serie di personaggi “macchietta”

  • 7 gennaio 2004

Il cartaio
Italia 2003
Horror
Di Dario Argento
Con Stefania Rocca, Liam Cunningham, Silvio Muccino, Claudio Santamaria

Convince molto Il cartaio, l’ultimo film di Dario Argento. Il regista riesce a proporre un giallo che oltre a ricalcare con sapienza il classico plot sfodera interessanti mosaici d’immagini e suoni che ci riportano, a tratti, alle sospese atmosfere lynchiane di Twin Peaks. Un film che non risparmia, nemmeno agli stomaci più forti, la crudezza della carne dilaniata delle vittime, le autopsie a suon di musical, la freddezza della rete internet che da un lato unisce tutto il mondo, dall’altro svela solitudini che urlano tutto il loro dolore attraverso sfide di poker che mettono in palio la vita d’inermi ragazze innocenti.

Il film si potrebbe definire una vera e propria commedia drammatica, mentre reminescenze fulciane emergono grazie ad una serie di piccoli personaggi “macchietta” (l’infermiere grasso dell’obitorio, il gestore della sala giochi, il barista) che oltre a stemperare nei tempi giusti la tensione accumulata, danno la possibilità al film di rendersi ancora più perturbante e misterioso. Il filo rosso del poker lega un po’ le storie di tutti i personaggi in una spirale senza via d’uscita rintracciabile fin da una delle prime inquadrature, un primo piano senza confini di Stefania Rocca in dialogo con Claudio Santamaria.

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Il suo volto inespressivo racchiude il destino ineluttabile di una tragedia che ancora deve consumarsi. L’indugiare della camera sul suo viso ha qualcosa di spietato. Traspare soltanto l’impossibilità della Rocca di alzare lo sguardo, di dare risposte sensate a quell’enigmatico Santamaria. L’impossibilità di riuscire a fuggire da se stessa, dal suo lavoro e soprattutto dal suo passato che inesorabilmente ritorna sotto forma del jolly delle carte francesi. Il joker, il matto, colui il quale nell’iconologia dei tarocchi viene raffigurato con un pazzo-pagliaccio che sta per andare incontro al burrone con la testa girata dall’altro lato e un sorriso beffardo che mette i brividi, ricorda la faccia del cartaio assassino (non è facilissimo capire chi sia). Persino quella  musichetta ossessiva un po’ circense (tipica da videogioco) che fa da sottofondo alle sfide di video poker on line tra il Cartaio e la polizia, trasmette un sentimento contrastante allo spettatore, tingendo di un amaro sapore grottesco le sequenze degli efferati omicidi di questo serial killer burlone.

Si poteva dare maggiore attenzione ai dialoghi, ma in complesso il film è buono, mantiene le premesse fino alla fine, non annoia e non si stacca dalla tradizione del giallo all’italiana fondata, in parte, anche dal mastro dell’horror Dario Argento.  

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