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I tesori dello zar Nicola I illuminano Palazzo Sant’Elia

  • 30 aprile 2007

La mostra intitolata “L’Hermitage dello zar Nicola I” è ospitata a Palermo all’interno del settecentesco Palazzo Sant’Elia, recentemente restaurato dalla Provincia, e ora adattato a sede museale; la mostra curata da Sergej Androsov, direttore del Dipartimento per l’arte occidentale dell’Hermitage con Lorenzo Zichichi de Il Cigno GC edizioni, è allestita nel piano nobile, a cui si accede da una rampa di scale, oltrepassata la quale l’occhio è attratto dalla brillantezza degli affreschi che decorano il soffitto. La mostra rivela l’instancabile attività di mecenate dello zar Nicola I, che visitò l’Italia in compagnia della zarina nel 1846, il gusto del collezionismo illuminato tipicamente ottocentesco, ma soprattutto la sua passione nei confronti dell’arte italiana. Fra le tele esposte, inseribili nella parabola di massimo splendore dal tardo Rinascimento fino alle accentuazioni patetiche di matrice barocca, lo sguardo si sofferma sul “Ritratto di vecchio” del Ghirlandaio, sull’esempio mirabile del “Ritratto di Paolo III” di Tiziano Vecellio - nel quale si esprime la maturità del pittore nella capacità di cogliere il lato umano apparentemente celato nell’ abito rosso porpora - per proseguire con l’ispirata, estatica e in totale contemplazione “Maria Maddalena in penitenza” di Andrea Vaccaro. Oltrepassata la sala della pittura, si accede a quella dedicata alla scultura ottocentesca, di ispirazione neoclassica, con opere di Antonio Canova, come i due marmi “Elena” e “Paride”, manifestazioni della pura visibilità, della sublimazione che si risolve nella meditazione, e poi ancora “Flora” di Tenerani e la “Ninfa” di Lorenzo Bertolini: marmi carezzati da piccole lampadine alogene, che con la loro discrezione illuminano parti del corpo, una guancia, una ciocca di capelli, una spalla, un piede che si protende alla ricerca del contatto con la terra.

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Infine una serie di acquarelli di Luigi Premazzi e Edward Hau offre una visione del Nuovo Hermitage, un vero e proprio itinerario sull’evoluzione di museo come istituzione aperta al pubblico, ed anche dell’originario ordinamento delle sale; i due artisti dimostrano una notevole perizia nella trattazione dello spazio e una raffinata conoscenza delle regole della prospettiva. Aggirarsi per le sale sopra presentate potrebbe indurre lo spettatore a vagare con la mente in una rievocazione dei luoghi visitati e vissuti dallo zar, intrattenendosi con gli artisti, commissionando loro opere di pregio ed entrando silenziosamente dentro le chiese, alla ricerca dell’imponderabile e del misterioso di una cultura così diversa dalla sua. In suggestivo contrasto con la mostra dedicata alle acquisizioni dello zar di Russia che ricordano i fasti della cultura italiana, è possibile visitare una seconda esposizione allestita nell’ ala est del palazzo: intitolata “Un mare di arte. Mediterraneo specchio del cielo”, la mostra é curata dallo scrittore francese di origini marocchine Tahar Ben Jelloun, da Marco Di Capua e Lorenzo Zichichi e raccoglie non solo tele, ma anche sculture, installazioni e fotografie di artisti contemporanei come Gregorio Botta e Alessandra Giovannoni, accanto ad opere dei grandi maestri fra i quali si riconoscono De Chirico, Guttuso, e altri. Il mare è il filo che lega queste esperienze, “è il mare interiore, quello che ogni artista porta con sé, che immagina, vuole immaginare, vuole liberare, offrire alla vista” (Ben Jelloun). L’esposizione resterà aperta fino al 4 maggio tutti i giorni fino alle ore 22, venerdì e sabato dalle 10 alle 24.

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