MUSICA
Famelika, maschere di denuncia sociale
I Famelika sono uno dei gruppi emergenti di Palermo (o meglio di Misilmeri, nella provincia palermitana) che comincia a sgomitare per uscir fuori dall’anonimato e che in parte ci è già riuscito con il primo lavoro discografico, "Storie poco normali". In vista della presentazione del nuovo cd il prossimo 22 settembre al Bier Garten di Palermo (viale della Regione Siciliana 6469, ingresso gratuito), Antonio Di Martino (voce, basso e mente creativa del gruppo) è venuto nella redazione di Balarm.it per discutere un po’ con noi della sua musica e dell’imminente uscita discografica. Maglietta verde militare aderente, un paio di jeans vissuti e un borsello a tracolla, negli occhi di Antonio si legge lo sguardo di chi è determinato a portare avanti le proprie idee con la musica, come racconta attraverso l'intervista rilasciata a Balarm.
Cosa avete preparato per il concerto di presentazione al Bier Garten del vostro ultimo lavoro "Maschere felici"?
Sarà uno spettacolo più o meno "totale", abbiamo coinvolto il noto pittore palermitano Igor Scalisi Palminteri che abbinerà ad ogni canzone del nuovo cd un suo quadro. Ad esempio la copertina del cd (che ritrae una donna dal viso sanguinante, ndr) è un suo lavoro che si chiama "Chi è senza peccato scagli la prima pietra". Quindi dalle 21 sarà possibile visitare la mostra di Scalisi, con i quadri che verranno disposti sotto il palco e poi alle 22.30 inizierà il concerto. Ci siamo avvalsi anche della collaborazione di Davide Greco, un video-maker che sta implementando delle video installazioni sui nostri pezzi sincronizzando audio e video in modo tale da creare un concerto "visivo". Dulcis in fundo, all’ingresso regaleremo una maschera di plastica ad ogni spettatore (ai primi duecento), cosicché il pubblico possa mascherarsi ed essere più coinvolto nello spettacolo. Da questa serata verrà prodotto un dvd che abbiamo deciso di non pubblicare, sarà disponibile per il download gratuito su internet.
Il termine è ironico e lo si capisce dalla copertina. Ho concepito questo disco come un concept album, ogni pezzo è collegato ad un altro Il disco si apre con "Figli del ciel", ed è la nascita della maschera. Ho immaginato la nascita della maschera-uomo come un girotondo, una festa. E i successivi otto pezzi dell’album sviluppano ognuno una storia di una maschera, che può essere quella del cantastorie in "Giova’" o quella del servo e del naufrago nelle omonime canzoni. Poi c’è l’idillio amoroso della maschera che è costituito da due ballate: "La ballata dell’evasione" e "La ballata dell’abbandono" e infine tutto si chiude con "Ceneri spose" che sta a simboleggiare la morte della maschera. "Maschere felici" è quindi il percorso di vita di una maschera, la sua nascita, il suo sviluppo e la sua morte.
"Storie poco normali", il vostro esordio discografico, era un disco rock, con venature folk che a volte sfociava nell’hard rock: cosa cambierà con "Maschere felici"? Avete scelto di esplorare nuovi percorsi o di approfondire ed arricchire quelli già battuti?
Quel disco uscì nel 2002, da lì al 2005 abbiamo approfondito esperienze musicali diverse da quelle che ascoltavamo prima, come la musica folk, i cantautori francesi tipo Brassens. Questo ci ha aiutato a costruire la musica in modo differente. Adesso per me costruire le canzoni è quasi diventata una tecnica artigianale. E’ cambiato proprio l’approccio alla forma canzone, divenuto più "maturo". Per questo rinneghiamo alcuni brani del primo cd che infatti non facciamo più ai concerti. I pezzi vecchi che facciamo ancora sono soltanto "Prima del poi", "La villa del boss", "Carne spoglia" e "Profonda".
"Carne spoglia" ricorda molto i Verdena e il più "classico" rock alternativo. In "Maschere felici" ci sarà spazio per musica del genere?
No, nel cd si potranno udire violini, flauti, sassofoni e fisarmoniche alternati a momenti hard rock. Infatti alla presentazione del disco ci saranno anche altri musicisti oltre alla classica formazione che cercheremo di portarci dietro anche nelle altre date live, di sicuro almeno un sassofonista.
Dopo il primo cd i Famelika sono stati definiti il gruppo "Antimafia Rock" per via dei testi di alcune vostre canzoni, è una definizione che vi va stretta? Come potresti definire in una parola il vostro genere?
Sì, effettivamente ci va un po’ stretta visto e considerato che erano soltanto tre i pezzi in cui parlavamo di mafia. E’ vero, lo facevamo in maniera diretta, adesso invece è celata dietro una storia, la storia di "Giova'", la storia vera di un cantastorie siciliano ucciso dalla mafia nel 1962. Non c’è una sola parola per definire il nostro genere, ti potrei dire indie-rock/folk/cantautorale.
I protagonisti delle vostre storie, si ribellano al potere, ai soprusi, alle ingiustizie ma finiscono sempre per soccombere. Sono dei vinti, ma perdono da persone libere, morendo per i loro ideali. Giova’ poco prima di morire pensa "alla fortuna dei pesci che parlare non sanno e si credono liberi, lui pensò e allora si può vivere una vita in silenzio fingendo di essere liberi". Sei davvero convinto che non ci possa essere la possibilità di denunciare e sentirsi libero da vivo?
No, non lo penso assolutamente. La storia mi imponeva di far avere un piccolo ripensamento a Giova’ quando si trovava in fondo al mare con i piedi nel cemento. Un pentimento dell’ultimo momento tipico di tutti i siciliani.
Fortunatamente voi non lo fate, anzi, cantate a pieni polmoni le vostre denunce senza timori. Qualche mese fa abbiamo assistito all’arresto di Provenzano. Quanto gli argomenti di attualità influenzano i vostri pezzi?
Più che i grandi avvenimenti, quello che ci colpisce e influenza i nostri testi sono le piccole cose che succedono nei piccoli paesi o comunque tutto ciò che viene taciuto dai mass media. Non so, tipo l’appalto X per l’autostrada che viene affidato ad una ditta Y per un motivo Z. C’erano tantissimi cantastorie in Sicilia che parlavano di mafia, come Orazio Strano e Ignazio Buttitta che sono conosciuti da tutti. Giova’ chi lo conosceva? Alla fine stiamo facendo uscire dall’anonimato un piccolo personaggio, una piccola storia che non per questo è meno importante. Comunque tutte le piccole storie, Giova’ a parte, facevano più parte del primo cd.
Ascoltando i vostri pezzi si capisce quasi immediatamente che, soprattutto nei testi, subite un forte ascendente da De Andrè e la musica deve tanto a Capossela quanto alla Bandabardò. Chi sono gli artisti che vi hanno ispirato di più sia nella musica che nei testi?
Non c’è un’influenza ben precisa, diciamo che per i testi mi ispiro molto ai mondi immaginifici e alle storie surreali che crea De Andrè, un poeta più che un cantautore. Mi ispiro anche ad altri poeti come Neruda o García Lorca. Ma quello che cerco di fare è adattare la canzone alla forma della poesia, o almeno ci provo, che poi è quello che faceva De Andrè, quindi magari per questo può balzare subito all’orecchio l’assonanza.
I Famelika hanno una doppia anima, spesso le canzoni iniziano con chitarre classiche e fisarmonica a mo’ di tarantella, poi nel corso del pezzo il ritmo cresce con l’entrata delle chitarre elettriche fino all’esplosione, nel ritornello o nel finale. Questo "schema" è stato mantenuto anche in "Maschere felici"?
Sì, in molti pezzi sì. Anche se ci sono delle ballate che iniziano e finiscono nello stesso modo, come "Consumarsi e pentirsi" che è tutto lineare, non ci sono accelerazioni di tempo o entrate in distorsione che "girano" la canzone.
"Maschere felici" è un album autoprodotto. Con l’augurio che qualcuno vi proponga di stipulare un bel contratto, avete già qualche contatto in particolare?
Siamo stati contattati da produttori discografici che erano disposte a produrre il disco a patto di scendere a dei compromessi, del tipo: modifica il modo di scrivere questa parte, togli queste chitarre distorte e metti quest’altra cosa. Cioè alla fine ti confezionavano loro l’album e tu cosa ci hai messo di tuo? Poco o nulla. Se il prezzo da pagare è questo allora tanto vale che me lo produco io, faccio la musica come voglio io e ci guadagno pure di più sui cd venduti.
Cosa avete preparato per il concerto di presentazione al Bier Garten del vostro ultimo lavoro "Maschere felici"?
Sarà uno spettacolo più o meno "totale", abbiamo coinvolto il noto pittore palermitano Igor Scalisi Palminteri che abbinerà ad ogni canzone del nuovo cd un suo quadro. Ad esempio la copertina del cd (che ritrae una donna dal viso sanguinante, ndr) è un suo lavoro che si chiama "Chi è senza peccato scagli la prima pietra". Quindi dalle 21 sarà possibile visitare la mostra di Scalisi, con i quadri che verranno disposti sotto il palco e poi alle 22.30 inizierà il concerto. Ci siamo avvalsi anche della collaborazione di Davide Greco, un video-maker che sta implementando delle video installazioni sui nostri pezzi sincronizzando audio e video in modo tale da creare un concerto "visivo". Dulcis in fundo, all’ingresso regaleremo una maschera di plastica ad ogni spettatore (ai primi duecento), cosicché il pubblico possa mascherarsi ed essere più coinvolto nello spettacolo. Da questa serata verrà prodotto un dvd che abbiamo deciso di non pubblicare, sarà disponibile per il download gratuito su internet.
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"Maschere felici", perché avete scelto questo titolo?Il termine è ironico e lo si capisce dalla copertina. Ho concepito questo disco come un concept album, ogni pezzo è collegato ad un altro Il disco si apre con "Figli del ciel", ed è la nascita della maschera. Ho immaginato la nascita della maschera-uomo come un girotondo, una festa. E i successivi otto pezzi dell’album sviluppano ognuno una storia di una maschera, che può essere quella del cantastorie in "Giova’" o quella del servo e del naufrago nelle omonime canzoni. Poi c’è l’idillio amoroso della maschera che è costituito da due ballate: "La ballata dell’evasione" e "La ballata dell’abbandono" e infine tutto si chiude con "Ceneri spose" che sta a simboleggiare la morte della maschera. "Maschere felici" è quindi il percorso di vita di una maschera, la sua nascita, il suo sviluppo e la sua morte.
"Storie poco normali", il vostro esordio discografico, era un disco rock, con venature folk che a volte sfociava nell’hard rock: cosa cambierà con "Maschere felici"? Avete scelto di esplorare nuovi percorsi o di approfondire ed arricchire quelli già battuti?
Quel disco uscì nel 2002, da lì al 2005 abbiamo approfondito esperienze musicali diverse da quelle che ascoltavamo prima, come la musica folk, i cantautori francesi tipo Brassens. Questo ci ha aiutato a costruire la musica in modo differente. Adesso per me costruire le canzoni è quasi diventata una tecnica artigianale. E’ cambiato proprio l’approccio alla forma canzone, divenuto più "maturo". Per questo rinneghiamo alcuni brani del primo cd che infatti non facciamo più ai concerti. I pezzi vecchi che facciamo ancora sono soltanto "Prima del poi", "La villa del boss", "Carne spoglia" e "Profonda".
"Carne spoglia" ricorda molto i Verdena e il più "classico" rock alternativo. In "Maschere felici" ci sarà spazio per musica del genere?
No, nel cd si potranno udire violini, flauti, sassofoni e fisarmoniche alternati a momenti hard rock. Infatti alla presentazione del disco ci saranno anche altri musicisti oltre alla classica formazione che cercheremo di portarci dietro anche nelle altre date live, di sicuro almeno un sassofonista.
Dopo il primo cd i Famelika sono stati definiti il gruppo "Antimafia Rock" per via dei testi di alcune vostre canzoni, è una definizione che vi va stretta? Come potresti definire in una parola il vostro genere?
Sì, effettivamente ci va un po’ stretta visto e considerato che erano soltanto tre i pezzi in cui parlavamo di mafia. E’ vero, lo facevamo in maniera diretta, adesso invece è celata dietro una storia, la storia di "Giova'", la storia vera di un cantastorie siciliano ucciso dalla mafia nel 1962. Non c’è una sola parola per definire il nostro genere, ti potrei dire indie-rock/folk/cantautorale.
I protagonisti delle vostre storie, si ribellano al potere, ai soprusi, alle ingiustizie ma finiscono sempre per soccombere. Sono dei vinti, ma perdono da persone libere, morendo per i loro ideali. Giova’ poco prima di morire pensa "alla fortuna dei pesci che parlare non sanno e si credono liberi, lui pensò e allora si può vivere una vita in silenzio fingendo di essere liberi". Sei davvero convinto che non ci possa essere la possibilità di denunciare e sentirsi libero da vivo?
No, non lo penso assolutamente. La storia mi imponeva di far avere un piccolo ripensamento a Giova’ quando si trovava in fondo al mare con i piedi nel cemento. Un pentimento dell’ultimo momento tipico di tutti i siciliani.
Fortunatamente voi non lo fate, anzi, cantate a pieni polmoni le vostre denunce senza timori. Qualche mese fa abbiamo assistito all’arresto di Provenzano. Quanto gli argomenti di attualità influenzano i vostri pezzi?
Più che i grandi avvenimenti, quello che ci colpisce e influenza i nostri testi sono le piccole cose che succedono nei piccoli paesi o comunque tutto ciò che viene taciuto dai mass media. Non so, tipo l’appalto X per l’autostrada che viene affidato ad una ditta Y per un motivo Z. C’erano tantissimi cantastorie in Sicilia che parlavano di mafia, come Orazio Strano e Ignazio Buttitta che sono conosciuti da tutti. Giova’ chi lo conosceva? Alla fine stiamo facendo uscire dall’anonimato un piccolo personaggio, una piccola storia che non per questo è meno importante. Comunque tutte le piccole storie, Giova’ a parte, facevano più parte del primo cd.
Ascoltando i vostri pezzi si capisce quasi immediatamente che, soprattutto nei testi, subite un forte ascendente da De Andrè e la musica deve tanto a Capossela quanto alla Bandabardò. Chi sono gli artisti che vi hanno ispirato di più sia nella musica che nei testi?
Non c’è un’influenza ben precisa, diciamo che per i testi mi ispiro molto ai mondi immaginifici e alle storie surreali che crea De Andrè, un poeta più che un cantautore. Mi ispiro anche ad altri poeti come Neruda o García Lorca. Ma quello che cerco di fare è adattare la canzone alla forma della poesia, o almeno ci provo, che poi è quello che faceva De Andrè, quindi magari per questo può balzare subito all’orecchio l’assonanza.
I Famelika hanno una doppia anima, spesso le canzoni iniziano con chitarre classiche e fisarmonica a mo’ di tarantella, poi nel corso del pezzo il ritmo cresce con l’entrata delle chitarre elettriche fino all’esplosione, nel ritornello o nel finale. Questo "schema" è stato mantenuto anche in "Maschere felici"?
Sì, in molti pezzi sì. Anche se ci sono delle ballate che iniziano e finiscono nello stesso modo, come "Consumarsi e pentirsi" che è tutto lineare, non ci sono accelerazioni di tempo o entrate in distorsione che "girano" la canzone.
"Maschere felici" è un album autoprodotto. Con l’augurio che qualcuno vi proponga di stipulare un bel contratto, avete già qualche contatto in particolare?
Siamo stati contattati da produttori discografici che erano disposte a produrre il disco a patto di scendere a dei compromessi, del tipo: modifica il modo di scrivere questa parte, togli queste chitarre distorte e metti quest’altra cosa. Cioè alla fine ti confezionavano loro l’album e tu cosa ci hai messo di tuo? Poco o nulla. Se il prezzo da pagare è questo allora tanto vale che me lo produco io, faccio la musica come voglio io e ci guadagno pure di più sui cd venduti.
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