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Elezioni 2013: tutti sul carro dei vincitori. Ma l'Italia?
Cambiare tutto per non cambiare nulla. Cede il bipolarismo dei dinosauri all'exploit di Grillo. Nell'Italia delle occasioni perse, l'inizio di una nuova stagione
Che mestiere strano quello del politico. È l'unico mestiere in cui uno dice: "Io sono il più bravo". E se lo dice da sé. E te lo scrive, e te lo grida, nelle piazze, nei comizi. "Io sono l'uomo giusto al posto giusto". Complimenti. Quello che mi piace dei politici è la faccia come il culo […] Tanto si sa benissimo che invertendo l'ordine dei fattori il prodotto purtroppo non cambia. E allora come si fa a tacciare di sterile menefreghismo uno che non vota? Potrebbe essere un rifiuto forte e cosciente di "questa" politica. No, perché non è mica facile non andare a votare […] È come una specie di resa. All'indomani delle elezioni, potrebbe suonare affrettato commentare i risultati. Meglio evitare. Banalmente lo lasciamo fare a Giorgio Gaber.
Dopo il caos elettorale degli ultimi giorni, i proclami pre voto di una classe politica antiquata e che dimostra di non cambiare mai né passo né volti, dopo le prime analisi sui dati numerici, è tempo di tirare le somme. Non mi riferisco alle questioni meramente aritmetiche. Per quello, prima scoprire nuove improvvide alleanze, basta consultare il sito del Ministero degli Interni (http://elezioni.interno.it/index.html). I numeri parlano chiaro, ma è tutto il resto che confonde. Gli italiani hanno decretato: il centrosinistra ottiene la maggioranza alla camera con il 29,54% (340 seggi) battendo il centrodestra capeggiato da quella macchina da guerra mediatica di Berlusconi, che ottiene con la sua coalizione il 29,18% (124 seggi).
Degno di nota il risultato del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che si conferma primo partito con il 25,55% (108 seggi). Un quarto degli aventi diritto ha scelto "l'uomo che urla", che caccia i giornalisti italiani dal palco dove tiene il proprio comizio, accusato di essere il populista paladino dell'anti-politica, mentre spara senza mezzi termini su tutto e tutti, annunciando di non essere disponibile a nessun tipo di alleanza. Riecheggiano, beffarde, le parole pronunciate nel 2009 da Fassino (Pd): "Se Grillo vuol far politica, fondi un partito. Metta in piedi un'organizzazione, si presenti alle elezioni, vediamo quanti voti prende…e perché non lo fa?". E ora chi glielo spiega al sindaco di Torino?
Al Senato la situazione risulta imprevedibilmente (?) più delicata. La coalizione di centrosinistra si assicura anche in questo ramo del parlamento la percentuale più alta di voti, ma l'influenza delle regioni "big" detta un equilibrio precario tutto italiano. La Lombardia riesce a garantire quasi un +8%, regalando al centrodestra 27 senatori (appena 11 a Bersani & co). Lo stesso accade in Veneto, dove il +7,86% si traduce in 14 senatori per Berlusconi e la Lega e solo 4 al centrosinistra. Il fatto più curioso resta che, a detta dei candidati, hanno vinto tutti. Basta chiedere ad Antonio Ingroia che, dal basso del suo 2,2%, commenta positivamente il risultato della lista Rivoluzione Civile.
Abbiamo nominato la Lega, dunque parliamo della Sicilia. Dove sta il nesso? Partiamo dal dato. La regione più a sud d'Italia, quella bistrattata a più riprese dai "polentoni" che ci accusano, non esattamente senza ragioni, di vivere di assistenzialismo, di sperperare denaro pubblico e produrre poco, è stata determinante nella sua indeterminatezza. Del 65% dei siciliani (è questa l'affluenza) il 33.39% avrebbe voluto affidare le sorti del paese a Berlusconi, consci del fatto che potesse essere la persona giusta nel momento storico giusto. Non so voi, ma questa situazione richiama alla mente, a tratti impropriamente, il referendum del 2 giugno 1946.
L'Italia optò per lo stato repubblicano, ma i siciliani tentarono di confermare la monarchia con quasi 1,3 milioni di voti. Poi ci sono gli elettori leghisti siciliani, ma quelli fanno storia a sé. Tremila persone che hanno voluto ringraziare sentitamente Bobo Maroni e il senator Bossi. Circostanza che si commenta senza la necessità di aggiungere altro.
Lungi da me l'intenzione di fare propaganda anti-berlusconiana o di sostenere l'incapace centrosinistra. Anzi, il capace centrosinistra. Capace di perdere quando questa ipotesi sembrava più che remota. Ed ora fanno capolino i "renziani", sostenendo a gran voce che la candidatura a premier del "rottamatore" toscano avrebbe condizionato l'esito delle elezioni. Senza addentrarsi nei corridoi di partiti, l'unica tesi plausibile è quella per cui gli italiani "mangiano e scordano". Se quest'ultima tornata elettorale poteva essere considerata come l'ultima occasione utile per tentare di cambiare le sorti del paese, nella speranza di regalare un briciolo di speranza alle nuove generazioni, cacciando i dinosauri dagli scranni parlamentari, gli italiani non lo hanno compreso. In fin dei conti, ognuno ha ciò che si merita.
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