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Davide Rampello: ecco come salvare Palermo

L´ex responsabile dell´ufficio Grandi eventi: "Impongono divieti, ma nessuno offre ai giovani l'opportunità di avvicinarsi all'arte"

Balarm
La redazione
  • 16 settembre 2008

Tratto da "la Repubblica" cronaca di Palermo
Sabato 13 settembre 2008
di CLAUDIA BRUNETTO

La redazione ritiene interessanti i contenuti di questo articolo e per tale ragione lo ripropone ai lettori di Balarm.it sperando che possa essere da spunto per una riflessione costruttiva sull'argomento in questione.

Non si sorprende del buio culturale che campeggia in città. Lo giudica una morte lenta e annunciata quando già nel 2005 calò il sipario su "Kals´Art". Davide Rampello, presidente della Triennale di Milano, chiamato dal sindaco Diego Cammarata nel 2003 come direttore dell´ufficio Grandi eventi, ha lavorato per alcuni anni ai momenti più significativi della vita artistica e culturale della città: dal Festino di Santa Rosalia alle manifestazioni estive fino a quelle di Natale, Capodanno e Carnevale. Oggi sull´onda del recente sgombero degli ambulanti di piazza Magione e dell´ordinanza comunale che vieta il bivacco in città, Rampello lancia un appello per salvare dall´oscurantismo quella che definisce senza riserve una delle "capitali" d´Italia.

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Davide Rampello cosa si può fare per uscire dall´impasse di una città che vieta e allo stesso tempo non offre alternative ai suoi cittadini?
«Il malessere da arginare al più presto affonda le sue radici nella totale assenza di una politica culturale. Fare cultura è prima di tutto un atteggiamento, un´attenzione e una sensibilità che all´amministrazione di Palermo mancano totalmente. È una città che non offre alle nuove generazioni l´opportunità di avvicinarsi all´arte, alla musica, al teatro, al cinema. Un´amministrazione responsabile dovrebbe mostrarsi palesemente addolorata per questo, dovrebbe scendere in piazza e affrontare i cittadini. Vietare il bivacco non risolve alcun problema, anzi esaspera il malessere. Stanno spegnendo un popolo vivo per storia e per natura».

Come si può lavorare in questa direzione?
«Palermo è una città piena di risorse, bisognerebbe partire da lì. I luoghi, la gente, i siti storici devono diventare i punti di forza. Quando si pone fine a un´esperienza come quella della galleria "Expa" o si lascia in uno stato di abbandono un sito culturale come quello di Palazzo Bonagia, si compie un consapevole delitto. "Kals´Art" aveva fatto rinascere uno dei quartieri storici della città, oggi di nuovo in ombra e in balia dell´emergenza rifiuti e della criminalità. Quando passeggio per le zone più popolari mi accorgo che sono gli ambulanti e gli artigiani a dare loro un´identità. Sono una straordinaria ricchezza che alimenta la tradizione dei "cibi da strada" ormai scomparsa altrove. Un patrimonio da tutelare, ma soprattutto da fare entrare in rete con altri siti culturali: teatri, cinema, gallerie d´arte».

Spesso si punta il dito contro la mancanza di risorse economiche. C´è un modo per ovviare a questo salvando la cultura?
«La mancanza di soldi non deve mai determinare la totale assenza di una politica culturale. Ci sono delle idee che possono essere messe in pratica con poco partendo da una rinnovata propensione alla vita e all´arte. Ma è necessario dedicare un tempo alle soluzioni, mettersi attorno a un tavolo, discutere e non mostrarsi distratti e indifferenti. Per fare cultura bisogna amarla, ritenerla necessaria al di là delle risorse economiche. Palermo è una città che va raccontata come ho cercato di fare quando ho lavorato alla direzione Grandi eventi, questa è la chiave per accendere nuovamente i riflettori. Non bisogna poi trascurare che la morte della cultura va a braccetto con il degrado urbano. Non sono due cose distinte. Spero che Palermo ritrovi al più presto la strada che aveva imboccato cinque anni fa».

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