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Con “Il padre” di Strindberg al via la stagione del Biondo

  • 14 novembre 2005

È lo spettacolo “Il padre” di August Strindberg, per la regia di Massimo Castri (scene e costumi di Maurizio Balò, con Umberto Orsini e Manuela Mandracchia, una produzione Emilia Romagna, Teatro Fondazione, Nuova Scena, Arena del sole, Teatro Stabile di Bologna) ad inaugurare la stagione 2005/06 del Teatro Biondo di Palermo (via Roma 258), mercoledì 16 novembre alle 21(con repliche fino al 27 novembre). Massimo Castri, torna al Biondo per proporre la sua lettura critica dell’opera di Strindberg, dopo aver già diretto per lo Stabile di Palermo “Spettri” di Ibsen e, in coproduzione col Teatro di Roma, “Questa sera si recita a soggetto” e “Quando si è qualcuno” di Pirandello. “Il padre” venne scritto nel gennaio-febbraio 1887. Nietzsche, in un carteggio con l’autore, scrisse di aver letto due volte il testo «con profonda commozione e con eccezionale sorpresa» e lo giudicò «un capolavoro di dura psicologia». Lo stesso Strindberg parlava di un dramma «scritto con l’ascia, non con la penna». La vicenda prende spunto da un banale dissenso coniugale: il capitano di cavalleria Adolf, uomo rigoroso e di coltivati interessi scientifici, laico, razionalista, orgogliosamente aggrappato al proprio orgoglio maschilista, si scontra con la moglie Laura sull’educazione da dare alla figlia Berta. In tal modo vengono messi a nudo i nodi irrisolti di un rapporto inaridito da regole che hanno reso i due coniugi estranei l’uno all’altro, rivali, nemici.

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Il matrimonio, qui privato di qualsiasi alone religioso o di romantici riferimenti , viene infatti mostrato nella sua mesta e sgradevole nudità. Laura, decisa a imporre ad ogni costo la propria volontà, non esita ad instillare nell’animo del marito il più atroce dei dubbi, quello sulla paternità della figlia, e a tramare col medico per interdirlo attraverso un referto sulla sua fragilità nervosa. A partire dal secondo atto, di fronte all’ipotesi di poter non essere il padre di sua figlia, il capitano affonda in una lenta crisi: si spaccano gli algoritmi che avevano regolato la sua esistenza borghese e la sua mente comincia a vacillare. Finché un improvviso atto di violenza sulla moglie renderà credibile agli occhi degli altri la sua follia. La nevrosi ha inizio, si lacera la maschera delle istituzioni borghesi, si apre la vertigine, il cervello ronza, emergono ricordi, nodi irrisolti del rapporto con la moglie. Adolf scopre in se stesso un bambino in cerca di aiuto, nella moglie la figura materna in cui cercare rifugio. La regressione verso la demenza infantile lo conduce progressivamente all’annientamento. La vicenda narrata nel testo di Strindberg, ha forti valori simbolici che preannunciano alcuni grandi temi della crisi del novecento: il senso di inadeguatezza nell'affrontare l'universo, le lotte fra i sessi, le difficoltà a diventare adulti. L’autore attraversa così, con una profonda sensibilità, tutto il percorso della drammaturgia contemporanea. Nato a Stoccolma nel 1849 e morto nel 1912, August Strindberg è il più importante scrittore svedese a cavallo del secolo e uno dei più grandi drammaturghi europei. Geniale e dispersivo, osservatore del reale e visionario, irriverente e mistico, umorista e misantropo, sensibile e brutale, titanico iconoclasta ed eterno bambino indifeso, fa della contraddizione il suo segno distintivo.

La sua opera è vastissima e comprende tutti i generi letterari: lirica, autobiografia, racconto, romanzo e teatro. L’irrequietezza, il continuo desiderio di andare oltre, nel tormentato bisogno di smascherare le miserie della società e della condizione umana, segnano a fondo l’opera di Strindberg, dandole un carattere fortemente innovativo e anticipatore. Molto peso, sulla sua psicologia, ebbe la disuguaglianza sociale dei genitori. La madre, infatti, era una cameriera sposatasi tardi con un piccolo borghese. Le varie fasi della produzione strindberghiana sono intimamente connesse alle vicende biografiche, tumultuose e complesse, tra cui si annoverano ben tre matrimoni falliti. Idee e sentimenti misogini appaiono anche nelle opere teatrali che gli diedero fama europea: Il padre (1887), Camerati (1888), La signorina Giulia (1888), Creditori (1889). A Castri, palesemente, non sta a cuore il tema della lotta fra i sessi che angustiava l'autore svedese: il rapporto fra i protagonisti si risolve negli insondabili sorrisini di Laura e nelle vacue proteste del capitano, con esiti sfuggenti e a tratti vagamente parodistici. Ciò che il regista evidenzia nella sua resa teatrale è uno scarto nell'inconscio dell'uomo, che gravato da un ruolo cui non riesce a far fronte, probabilmente aspira solo a liberarsene: roso dall'ansia, sotto un enorme albero di Natale, il capitano può abbandonarsi infine alla regressione infantile, e cercar quiete tra le braccia delle donne, la moglie, la balia e la figlia, tutte vestite uguali, tutte assurte ad ambigue figure materne. Per acquistare i biglietti o ricevere ulteriori informazioni, è possibile telefonare al botteghino del teatro 091.7434341. Il costo del biglietto, poltrona o posto palco, è di 30 euro, ridotto 25 euro; galleria 15 euro, ridotto 12 euro.

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