MUSICA
Chi ha paura del buio? Due chiacchiere con il compositore statunitense John Duncan
Proseguono dopo la pausa estiva gli appuntamenti con la musica elettronica internazionale della seconda edizione di "XS [n.o.s.a.] - not_only_sonic_acts", per la rassegna "Doves Day" organizzata dall’associazione Antitesi: toccherà questa volta allo statunitense John Duncan, che presenterà, giovedì 21 alle ore 21 (tassativamente, dato il genere di performance), lo spettacolo "Cinema for the Blind", presso il pensionato San Saverio di via Di Cristina 39 a Palermo.
Compositore, performer ed installatore sonoro, John Duncan è raro esemplare di quegli artisti totalmente immersi nella ricerca esistenziale, che da oltre un ventennio rappresenta una delle figure cardine del panorama della sperimentazione radicale.
La sua lunga e varigata carriera, caratterizzata dall’intensità elettroacustica e da eventi d’arte performativi e di confronto, percorre i risultati delle sue rigorose ricerche nell’ambito dei temi e delle ambientazioni le più disparate (arcani, metafisici, trasgressivi).
Uno degli obiettivi dei Doves Day è quello mettere in contatto gli artisti ospiti con i fruitori, curiosi ma ancora troppo timidi per fare qualche domanda... allora incominciamo noi: sei un artista eclettico e spaziando dal suono, al video alle performance artistiche rimani uno dei pochi immersi nella ricerca esistenziale. Quali sono i tuoi campi di indagine?
Quello che più interessa veramente è cos'è l'esistenza, in tutte le sue forme, cosa vuol dire essere vivo. Per questo mi spingo a volte oltre certi limiti, per cogliere il più possibile di ciò che in noi è incoscio o latente.
Sia il tuo lavoro elettroacustico che le tue performance traducono una personalità trasgressiva e misteriosa mai del tutto svelata. Qual è il limite tra ciò che comunichi e ciò che resta parte non espressa del e nel tuo intimo?
No, quello spazio che apparentemente resta "vuoto", quella parte non espressa del mio intimo non la interpreto come un limite. Anzi ho imparato ad utilizzare il mio intimo come fonte generatrice e come materiale.
Ma allora cos'è che resta solamente tuo, dentro di te?
I miei errori... sono cibo e ritorno pannolini sporchi!
Volendo immaginare la creazione artistica come una pulsione che viene da dentro, che grida la necessitö di manifestarsi, cosa succede una volta partorita?
Nelle mie esperienze, viene da fuori. Da dove esattamente è parte della ricerca, ancora non lo so. In ogni caso ha e sviluppa la sua esistenza a prescindere da me. Come tutti noi, ha i suoi aspetti sublimi e cattivi, a volte in extremis...
Il suono nelle tue mani diventa qualcosa di fisico, tangibile che investe e colpisce il corpo. Attraverso la percezione del suono i sensi scivolano fino ad appiattirsi e liquefarsi per poi annullarsi ed evaporare. Il corpo si svuota, scompare e diventa aria. Dal fisico al metafisico il passo è davvero così breve?
Non saprei. Ognuno vive la propria esperienza. dipende dall'ascoltatore, dalla sua ricettivitö, dal suo umore, dallo stato d'animo, dalla sua libertà e dai suoi limiti.
Le tue rappresentazioni hanno spesso una sottile, dissacrante e provocatoria componente teatrale, trascini sempre il pubblico in un vortice sensoriale e spesso lo coinvolgi anche fisicamente. Perché?
Per incontrarmi a metà strada nel processo dell'evento. Ogni volta che un (o una) partecipante è posto davanti alla scelta di accettare o meno quelle che rappresentano delle regole per entrare nel processo creativo, come ad esempio potrebbe essere quella di entrare nudi in una stanza completamente buia, la sua decisione diventa automaticamente parte del processo e dell'arte. Se decide di accettare, l'arte e l'esperienza continuano e si sviluppano. Se decide di rifiutare, quella decisione riflette un suo limite personale, ma anche quello diventa arte.
Quindi l'altro ha comunque un ruolo importante nel tuo processo creativo?
Innanzitutto per l'altro diventa il suo processo creativo, se lo riconosce. Il mio lavoro e il mio ruolo funzionano solo come un unico catalizzatore di energie.
Il tuo lavoro rappresenta quindi un canale, un mezzo per raggiungere una condizione superiore, distaccata, libera...
Magari... Almeno questa è l'intenzione, provvedere e a volte essere uno strumento da utilizzare.
Capita spesso che tu spinga il fruitore ad un sovraccarico sensoriale attraverso il suono o la luce. Questi sono i mezzi o il fine ultimo?
I mezzi.
Cosa ti fa venire in mente la parola "sinergia"?
Universi paralleli!
Cosa rappresenta per te il buio? E' una dimensione, una condizione o cos'altro?
Rappresenta l'assenza di distrazione costante, un lusso raro, come il silenzio dopo una sovrapposizione di rumori.
Cosa ti aspetti o ti piacerebbe ricevere da chi verrà ai tuoi spettacoli?
Attenzione, con una mente aperta. Se il lavoro le merita...
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