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Cantieri Culturali della Zisa: un grido a difesa

Il movimento "I cantieri che vogliamo" scrive una lettera aperta al futuro Sindaco di Palermo per restituire i Cantieri Culturali della Zisa alla città

  • 1 agosto 2011

Più di mille cittadini uniti per restituire ai palermitani i Cantieri Culturali alla Zisa: il movimento “I cantieri che vogliamo” lancia un grido a tutti i cittadini. Lo spazio che un tempo ospitava le officine Ducrot, sarebbe dovuto diventare un polo per iniziative culturali e invece il comune ha predisposto un bando per l'assegnazione dell'area ai privati. Il comitato aveva scritto al Sindaco di Palermo molti mesi fa una lettera mossa dallo sconvolgimento dello stato di abbandono e dall'assenza di un progetto culturale dell'Amministrazione pubblica per i Cantieri della Zisa, spazi abbandonati. Il Sindaco non ha mai risposto a quella lettera.

Oggi, a pochi mesi dalle elezioni, il comitato ripropone quella lettera, sottoscritta da mille cittadini, indirizzandola al futuro sindaco di Palermo, perché questo luogo diventi una volta e per tutte il polo culturale della città. La lettera aperta si unisce al “Libro Bianco”, l’inizio di un lavoro di censimento e descrizione di tutti quegli spazi negati ai cittadini. Dieci spazi pubblici, dalle dimensioni, ubicazioni e consistenze diverse, ma tutti accomunati da un’unica condizione: quella di essere chiusi, inutilizzati e negati alla fruizione pubblica. Luoghi che, se attivati, potrebbero accogliere le tante realtà che operano in città, ospitando musica, teatro, arte contemporanea, danza, fotografia, design e tanto altro.

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I Cantieri Culturali alla Zisa sono il luogo simbolo di questa condizione, cui si aggiungono altri spazi come il Teatro Garibaldi, i cui lavori di recupero, ultimati da tempo, anziché favorire la sua riapertura ne hanno sancito lo sbarramento delle sue porte; come l’Ex Deposito Locomotive di S.Erasmo, e gli spazi di Expa, luoghi flessibili per i quali chiediamo la messa a punto di un modello di gestione trasparente e partecipato, che ne istruirebbe così il loro piano d’uso.

O come lo spazio della Fonderia, abbandonato prima ancora di essere utilizzato, o l’ex convento di San Francesco d’Assisi, restaurato e mai restituito, Palazzo Gulì e Palazzo Sammartino, edifici che si presterebbero a diventare contenitori multiculturali, case per la cultura e per l’arte, sedi di consorzi di associazioni e di soggetti che operano nella nostra città. E infine, due grandi aree dismesse: la ex Chimica Arenella, e i Padiglioni della Stazione Sampolo. 200.000 metri quadri di cultura che aspettano di essere riabitati.

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