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Beethoven e Liszt per la Sinfonica, al piano Ilia Kim

  • 6 maggio 2004

Due celeberrime e amate pagine del repertorio romantico, quali il “Concerto n. 2 in la maggiore per pianoforte e orchestra” di Franz Liszt e la “Sinfonia n. 6 in fa maggiore” op. 88 “Pastorale” di Ludwig van Beethoven, costituiscono il corpo centrale del consueto concerto del fine settimana (venerdì 7 alle 21.30, sabato 8 alle 17.30 e domenica 9 maggio alle 11) al teatro Politeama Garibaldi di Palermo, proposto nella Stagione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, per l’occasione guidata dal direttore d’orchestra Will Humburg. In apertura, si ascolterà poi “Drängender Walzer n. 2”, una pagina di Wolfgang Rihm, uno dei più celebri e prolifici compositori di oggi. Interprete solistica è la coreana Ilia Kim, spesso presente sui palcoscenici palermitani, considerata uno delle più interessanti pianiste di oggi. Nata a Seul, Ilia Kim ha iniziato in patria lo studio del pianoforte, debuttando ad appena a undici anni. Diplomatasi nel 1994 con il massimo dei voti presso la Hochschule der Künste di Berlino ha proseguito gli studi presso il Mozarteum di Salisburgo, la Hochschule für Musik und Theater di Hannover e l’Accademia pianistica Internazionale “Incontri con il Maestro” di Imola e ha intrapreso un’intensa attività concertistica in Europa e negli Stati Uniti.

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Il “Concerto n. 2 in la maggiore per pianoforte e orchestra” viene abbozzato da Franz Liszt a Roma nel 1839 (in contemporanea al primo), ma terminato soltanto dieci anni dopo a Weimar, città dove viene eseguito per la prima volta il 7 gennaio 1857. Dominata dal fluire rapsodico di una idea melodica principale e di quattro secondarie attraverso sei movimenti, questa pagina è stata spesso intitolata dalla critica “Vita e avventure di una melodia” e in essa momenti più intimi e lirici si alternano a frasi virtuosistiche e basate sulla ricerca dell’effetto sonoro, tipicamente lisztiana. La “Sinfonia n. 6 in fa maggiore” op. 88 “Pastorale” di Ludwig van Beethoven, iniziata nel 1807 e terminata nel 1808, è stata definita dallo stesso compositore «più espressione del sentimento che pittura», in modo da stemperare il valore descrittivo dei sottotitoli dei cinque movimenti per lo più desunti dallo stesso vocabolario agreste usato da Franz Joseph Haydn, e ancora che non bisogna «abusare della pittura in musica».

Per Beethoven la campagna è un bisogno spirituale: ascoltando molte sue pagine lo si può infatti facilmente immaginare mentre passeggia in campagna, nei boschi, nei dintorni di Vienna, con la sua andatura incostante, le mani dietro la schiena, lo sguardo inquieto, mentre ascolta il canto degli uccelli, il mormorio dei ruscelli, il sibilo del vento, il fragore della pioggia, il canto dei contadini. Questa Sinfonia “Pastorale o ricordi di vita campestre”, così come recita l’iscrizione per l’edizione del 1826, è coeva alla Sinfonia n. 5 in do minore, ma rispetto a essa si trova evidentemente su un piano eticamente e semanticamente opposto: mentre qui Beethoven allontanandosi dalla frustrazione cittadina, racconta una sorta di rifugio “naturale” dei buoni sentimenti, lì il genio riflette sul titanico scontro fra l’individuo e il destino. Queste Sinfonie costituiscono quindi un dittico inscindibile, specchio della complessa personalità beethoveniana e insieme il compositore stesso le presentò al pubblico in occasione di un concerto “leggendario” (tutto beethoveniano) del dicembre 1808, durato secondo le cronache circa cinque ore. Biglietti in vendita al botteghino del teatro (ore 10-13); informazioni al numero 091.588001.

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