ARTE E ARCHITETTURA
Antonio Micciché, scorci del porto di Palermo
La galleria Nuvole Incontri d’arte (via Matteo Bonello, 21) ospita fino al 31 maggio la personale del pittore Antonio Miccichè (Palermo, 1966), dal titolo “Waterfront” (dal martedì al sabato dalle 17 alle 20; sab anche 11-13), facente parte del ciclo ”lungo_mare”, a cura di Giulia Ingarao, che vede l’incrociarsi di tre esposizioni sul tema del mare: quelle dei fotografi Maria Spera (attualmente in corso nello spazio al pianterreno con ingresso da via Gioeni) e Riccardo Scibetta (inaugurazione il 18 maggio), e quella di Miccichè.
La mostra di quest’ultimo, curata da Sergio Troisi, offre, attraverso una ricca selezione di disegni e dipinti, uno sguardo sulla zona portuale di Palermo e su alcuni scorci del suo paesaggio marino. Le scene sono imperniate sulla linea dell’orizzonte, su -usando le parole dello stesso Troisi - una “spazialità straniata, distante e talvolta sgomenta”, che parte dalla precisione analitica di una fotografia, passa per la cura quasi virtuosistica dell’opera grafica realizzata a penna bic, per giungere a visioni sfocate, poetiche combinazioni di luci e ombre, dove a prevalere è il gusto della materia, del colore grumoso e sgocciolante, impastato al catrame e all’olio di lino.
La mostra di quest’ultimo, curata da Sergio Troisi, offre, attraverso una ricca selezione di disegni e dipinti, uno sguardo sulla zona portuale di Palermo e su alcuni scorci del suo paesaggio marino. Le scene sono imperniate sulla linea dell’orizzonte, su -usando le parole dello stesso Troisi - una “spazialità straniata, distante e talvolta sgomenta”, che parte dalla precisione analitica di una fotografia, passa per la cura quasi virtuosistica dell’opera grafica realizzata a penna bic, per giungere a visioni sfocate, poetiche combinazioni di luci e ombre, dove a prevalere è il gusto della materia, del colore grumoso e sgocciolante, impastato al catrame e all’olio di lino.
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Miccichè considera questa fase della sua opera come tassello di un progetto più ampio, che dovrebbe coinvolgere i porti del Mediterraneo, ma intanto si riallaccia con sapiente bravuta a tutta una tradizione della pittura di paesaggio siciliana che parte da Lojacono, e che sa sposare l’analiticità del particolare al lirismo degli effetti luministici, la meticolosità del segno alla grondante umoralità della pittura, la realtà all’apparizione segnata dalla memoria. L’artista ha lavorato in questi ultimi anni anche nell’ambito dell’installazione e della scenografia teatrale (ad esempio, le scene per “La terra desolata” di Eliot con la regia di Collovà, Teatro Bellini, 2003) e attualmente è docente di pittura e teoria della percezione presso l’Accademia Abadir di San Martino delle Scale.
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