FOOD & WINE
A fista ru papà: per San Giuseppe le "sfinci" in tavola
Il 19 marzo, per rendere omaggio alla tradizione, ho sentito la necessità di andare in pellegrinaggio ad acquistare le nuvole d'amore filiale: le sfinci. Il termine deriverebbe dal greco sfoggia, con riferimento evidente alla forma, simile a quella delle spugne, ma ha affinità foniche anche col termine arabo sfeng, nome delle tipiche frittelle, da cui deriverebbero le nostre.
Con determinazione mi sono munita di trampoli. Nei momenti di calca gli esseri di statura normale mi sovrastano, allora io monto l'armatura da chiwawa d'attacco e vado! Il bar era traboccante. Vedevo i banconisti roteare su se stessi in preda a un vortice da olimpiadi. Le sfinci erano lontane e si riducevano vistosamente. Delirio di possessione: nessuno retrocedeva. Né io potevo permettermi tentennamenti, dovevo agire! L'avanzata verso le postazioni dei cassieri era implacabile. Quei poveretti erano a tratti spauriti, a tratti decisi a domare le impavide milizie. Una vecchietta col bastone, sopravvissuta perfino all'ultimo cambiamento della legge elettorale, guardava tutti in cagnesco, approfittando della sua età per evadere l'ordine.
Intanto i vassoi erano arrivati nelle vetrine ed era ripartito l'attacco. Le persone dietro di me si erano triplicate. Sogghignavo, poveri, erano ancora all'inizio della via crucis! “93”, “Si, io... un attimo, non trovo lo scontrino...”, “Vabbè, passiamo avanti! Quando lo trova...altrimenti vada alla cassa!” Volevo suicidarmi, dovevo ricominciare tutto, spiegare al cassiere che non trovavo quel maledetto pizzino, rifare le file, riaspettare, rilottare per la sopravvivenza, ecco un buon reality show: “Come sopravvivere in un bar a Palermo”! Basta, avevo preso la decisione. Con il telefono in mano, implorante, le ho telefonato: “Zia Pina arruspigghiati e invece di calare a paista, frii li sfincie, altrimenti a vampa finisce!!!”
L'abbinamento
L’armonia complessiva tra un cibo ed un vino non sempre è il frutto della contrapposizione delle rispettive sensazioni. Quando il cibo da abbinare è un dolce, la regola subisce la naturale eccezione, e la contrapposizione dovrà cedere il passo alla concordanza. Con una preparazione dolce, infatti, deve essere assolutamente abbinato un vino dolce e non uno secco. Nel nostro caso, tenendo conto anche della untuosità, grassezza e persistenza delle sfingi, suggerisco di scegliere un moscato, preferibilmente di Siracusa o di Pantelleria, il cui residuo zuccherino risulta adeguato al grado di dolcezza della preparazione.
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