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Madame de Montaigne: chi era la locandiera più chiacchierona e fastidiosa della Sicilia

Una delle storie interessanti raccontate dal Pitrè riguarda i tour che i nobili facevano in giro per il mondo alla fine del '700. Una delle mete più gettonate era proprio Palermo

  • 12 dicembre 2020

Marie de Gournay

Una delle storie interessanti raccontate dal Pitrè nel suo ''La vita in Palermo Cento e più anni fa'' riguarda i Grand Tour che dalla fine del ‘700 i borghesi, nobili ed intellettuali Italiani e Stranieri intraprendevano in giro per il mondo per perfezionare la loro “conoscenza culturale”; una delle mete più gettonate all’epoca di questo importante Tour era la Sicilia e la sua Capitale, Palermo.

Palermo era la Città Siciliana più ricercata e rinomata, conosciuta nel mondo soprattutto per il periodo del “Festino di Santa Rosalia”, che all’epoca durava diverse settimane e non due giorni accucchiati come oggi, e che vedeva una quantità immane di uomini e donne provenienti dai diversi paesini dell’entroterra siciliano e la presenza di molti stranieri incuriositi dall’aspetto religioso e antropologico del festino.

Non possiamo non ricordare nomi illustri che misero piede in Sicilia: Goethe, Riedesel, Delaporte, Rezzonico, Brydone, etc.
In particolar modo, in questo articolo, parleremo delle esperienze di due personaggi i quali hanno avuto la brillante idea di visitare la nostra Isola con una piccola pretesa: cercare un albergo (o qualcosa di simile) ed esattamente il Lombardo Cav. Carlo Castone Della Torre Di Rezzonico e lo scrittore Scozzese Patrick Brydone, entrambi uniti dallo spirito della conoscenza ma anche dell’avventura, come vedremo.
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Ma veniamo ai fatti: nel 1793 il Conte di Rezzonico, inoltrandosi negli impervi territori interni della nostra terra fu obbligato a fermarsi a Fiumedinisi (nel Val Dèmone) per un'improvvisa e violenta tempesta che gli impedì di proseguire il viaggio; in quella occasione il Conte poté vedere la miseria e lo squallore di quei luoghi che non mancò di recensire, sai com’è.

Fiumedinisi all’epoca era una delle fermate ordinarie verso la Capitale ed il Rezzonico si ritrovò a pernottare in un ''albergo'' che tutto lasciava intendere tranne proprio quella di essere un albergo pieno di comfort.

Lapidaria fu la descrizione del Rezzonico: «Un casolare che tutto tentenna passeggiandone i palchi, e le cui camere non si distinguono dalla stalla per la negrezza delle pareti e per li frequenti screpoli, senza vetrate, senza mobili fuorché alcune sedie sgominate ed un lercio tavolino di piedi ineguali e zoppi, sì fu l'albergo che m'accolse» aggiungendo alla fine la perla delle perle: «...e che io trovai delizioso sottrarmi all'inclemenza di Giove pluvio» e in effetti, a mio parere, questo punto di forza potrebbe aumentare le stelle del casolare!

Nella Sicilia di fine '700 non vi era una vera e propria organizzazione alberghiera, tutto si concentrava su casolari, stamberghe, bettole e fondaci i quali, ahimè, non garantivano nemmeno generi alimentari di prima necessità con
buona pace del viaggiatore.

Quindi, immaginate di fare un viaggio del genere e di dover portare cibo e acqua potabile con voi, e che malauguratamente, in caso contrario, avreste dovuto arrangiarvi alla meglio con quello che passava la locanda, di sicuro avreste preferito il vino piuttosto dell'acqua che vi offrivano (e il Pitrè assicura che il vino era tutt'altro che potabile).

Il tutto riporta a un vecchio detto popolare che diceva: Primu: amari a Ddiu supra ogni cosa; secunnu: 'un caminari senza spisa! Comunque, male che vada bastava avere una raccomandazione di qualche superiore di un ordine religioso (cosa molto complicata da ottenere) per poter accedere ai conventi dei Fraticelli in modo da poter pernottare e mangiare dignitosamente.

Altra esperienza ha vissuto il nostro caro amico Scozzese Brydone, il quale arrivò a Palermo ed avendo denaro a sufficienza, ebbe la possibilità di frequentare un albergo con una certa comodità. L'albergo in questione era di proprietà di una donna provenzale (cosa non comune per l'epoca!) situato presso Porta Felice di fronte la Chiesa della Catena; la padrona di questo albergo è la famosa Madame de Montaigne che manteneva questa struttura ad alti livelli per ospitare gli stranieri più illustri, i benestanti e la nobiltà locale.

Tra i vari ospiti di questa struttura ci fu il grande Goethe, come testimonia una lapide sul fronte di Palazzo Butera che ne ricorda il soggiorno a Palermo nel 1787. Ma l'arguto Brydone, nei suoi diari, consacrava Madame de Montaigne come ''la locandiera più chiacchierona e fastidiosa della Sicilia'' dell'unico albergo degno di questo nome in Città (anzi della Sicilia).

Diciamo che la Montaigne si faceva pagare pure bene: Brydone ed un suo compagno di viaggio furono costretti ad accettare le condizioni del pernottamento e pur pagando 5 ducati al giorno furono alloggiati poco comodamente; ma oltre la beffa del prezzo e della comodità, i due giovani temevano di più la veemenza Francese, dovendo tener fuori la propria camera la locandiera, la quale, insistentemente, cercava approcci per raccontare aneddoti sui personaggi importanti che hanno pernottato nella sua locanda e che, a suo dire, si erano invaghiti di lei.

La parte più interessante della storia è che Madame de Montaigne pare ci sia rimasta male perché ai due giovani non era capitata la stessa cosa, poveri picciotti!

Ora, pur non riportando la descrizione poco carina fatta da Brydone sul suo conto (immaginatela con le “due grosse gote che si direbbe essersi intonacata di Marocco rosso...”) i due giovani, vista la situazione, e per non farsi aumentare la pigione cercarono di essere più accondiscendenti nei suoi riguardi anche se Madame de Montaigne, in fondo in fondo, se le meritava tutte visto il disprezzo che aveva verso le donne palermitane di qualsiasi rango ed estrazione sociale perché non hanno mai conosciuto Parigi.

Ma è anche risaputo che la Sicilia è terra di sparrittieri (pettegoli) internazionali poiché un carissimo connazionale della stessa Madame de Montaigne, l’Ingegnere Sonnini, molto tempo dopo le raccontò le opinioni del Brydone su di lei ed ella montò in collera raccontando certi aneddoti al suo amico per i quali aveva dovuto pregare Brydone di trovarsi un altro alloggio, insomma “mutu cu sapi u jocu”!

Ma tralasciando questi futili pettegolezzi e le sventure del povero Rezzonico non posso non riportare le meravigliose parole del Pitré che con la mente ci fa ricordare il giovane Goethe sulla terrazza dell'albergo di Madame de Montaigne «Estasiato nel godimento del mare, del cielo, del Pellegrino ch'egli non cessa di proclamare il più bel promontorio del mondo» e con questa visone salviamo l'inadeguatezza della Sicilia nel ricevere le menti eccelse.
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