ARTE E ARCHITETTURA
Lo scandaloso "Peccato" di Palermo: la curiosa storia dell'unico straniero alla Gam
Dalla Biennale di Venezia del 1909 arriva a Palermo "Il Peccato" di von Stuck: tante le versioni di questo dipinto che vede una Eva decadente, senza mela, insieme al Diavolo
"Il Peccato" di Franz von Stuck, 1893 (particolare)
In quel momento era stata ritenuta quella la sede più idonea e prestigiosa, soprattutto per il suo valore rappresentativo, che testimoniava l’esaltante stagione della Belle Époque e dalla sua stessa collocazione nel cuore della città moderna, dove lo aveva realizzato nel 1874 Giuseppe Damiani Almeyda.
Ma se fin da subito fu considerata sede provvisoria, sono poi dovuti passare quasi cento anni per spostarla, nel 2006, in quella sede definitiva e strutturalmente più adeguata all’interno del Complesso monumentale di Sant’Anna.
Il nascente Museo si poneva come punto di incontro tra le esperienze artistiche e le nuove pratiche della città, con un’amministrazione pubblica in prima linea nell’organizzazione del sistema culturale: a volere la nascita della Civica Galleria fu infatti l’allora assessore del Comune di Palermo Empedocle Restivo, insigne giurista ed appassionato cultore delle arti, al quale venne, poi, appunto, intitolata la Galleria.
Si formò un vero e proprio comitato promotore composto da artisti, uomini politici, rappresentanti dell’alta borghesia imprenditoriale e di quella aristocrazia attenta ai nuovi fermenti culturali.
In questo stimolante clima di entusiasmo nella Palermo di inizio secolo, si fece viva la volontà di dare alla città un volto sempre più europeo, e contestualmente si cominciò a costituire il primo nucleo della collezione del futuro Museo di via Turati, partendo proprio dalle opere che restarono a Palermo dopo la chiusura della storica Esposizione.
In un’estensione di 2 mila metri quadri e con 220 metri di pareti a disposizione, vennero raccolte le opere dei migliori pittori e scultori siciliani e italiani dell’Ottocento e Novecento come Sciuti, Lojacono, Leto, Catti, De Maria Bergler, Rutelli e poi Guttuso, Carrà, Casorati, Trombadori, Sironi, Boldini.
Già di proprietà della città, acquistate in seguito o lasciate in dono dagli artisti, costituiranno la base della collezione, che continuerà a crescere grazie alle grandi campagne acquisti che attingevano alle più significative rassegne ed esposizioni, a partire dalla Biennale di Venezia del 1907 e l’Internazionale di Roma del 1911.
E fu proprio dalla Biennale veneziana del 1909 che arrivò a Palermo un dipinto straordinario, dal gusto decadente e da un simbolismo magnificamente rappresentato: Il Peccato di Franz von Stuck, acquistato per la Galleria che sarebbe stata inaugurata l’anno successivo.
Oggi si trova al secondo piano, nella sala XIX, della GAM di Piazza Sant’Anna, e tra le 214 opere esposte, suddivise in 176 dipinti e 38 sculture, si mantiene l’unica opera di un’artista straniero presente in collezione permanente.
Franz Stuck era nato in Bavaria nel 1863 da una modesta famiglia cattolica di mugnai e contadini e successivamente, proprio per le sue doti artistiche, venne onorato col titolo di cavaliere dell’Ordine al merito della corona bavarese che gli consentì di aggiungere il “von” al cognome.
Pittore, scultore, incisore e architetto, tra i promotori della Secessione di Monaco del 1892 e tra i più affascinanti protagonisti del movimento simbolista, scelse la mitologia classica greco-romana e la religiosità pagana come costante iconografica della sua produzione pittorica, cercando una realtà più profonda, che andasse oltre la mera immaginazione, attingendo ai sogni e all’inconscio, in contrapposizione al naturalismo, al realismo e ad ogni convenzionalismo accademico.
Fin dal suo esordio nel 1889, sono riscontrabili nelle sue tele gli elementi che caratterizzeranno tutta la sua opera: un simbolismo mistico di grandezza primordiale, la trattazione dissacrante di tematiche religiose, il languore della sensualità femminile, l'interesse per i personaggi mitologici del mondo classico o quelli dei testi sacri, come la rappresentazione della progenitrice Eva che impersonifica il Peccato, opera ampiamente considerata un’icona del movimento simbolista.
La prima versione de “Die Sünde - Il Peccato” risale alla prima esposizione della Secessione di Monaco del 1893, dove attirò grandi folle e riscosse un successo furente - al limite dello scandalo - ma che contribuì a rafforzare la sua notorietà.
Il soggetto rappresentato fu assai caro a von Stuck, che tra il 1891 e il 1913 lo dipinse in più di dieci versioni: concepito per la prima volta nel 1889 come Die Sinnlichkeit (La Sensualità), seguirono le altre che mostrano lievi variazioni ed evoluzioni nella composizione, e che oggi si trovano in collezioni pubbliche come la Neue Pinakothek di Monaco, la Nationalgalerie di Berlino e il Frye Museum di Seattle.
Si dice addirittura che una versione fu acquistata da Hitler, che la tenne appesa nel suo appartamento a Monaco fino a quando non venne sequestrata dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Un’altra versione ancora rimane invece incastonata come un’icona nel Künstleraltar - la casa-atelier dell’artista, la Villa Stuck di Monaco, oggi imponente casa-museo, progettata e fatta costruire dallo stesso von Stuck che ne ideò sia la veste architettonica, sia le decorazioni interne, compresi i mobili, i quadri e le sculture, pensandola come Gesamtkunstwerk: Opera d'arte totale.
E infine - appunto - la versione conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo, che rispetto alle altre stesure, rivela una maggiore luminosità, e consente di cogliere meglio i tratti del volto della peccatrice e del serpente.
Una donna dal bianchissimo corpo seminudo, dai lunghi capelli fluenti, avvolta nelle spire flessuose di un serpente, la cui testa le poggia sulla spalla destra. La figura - allegoria del peccato e della seduzione - emerge dall’oscurità con uno sguardo freddo ma fiero, che si collega allo sguardo maligno del serpente e alla sua simbologia, espressione del vizio, della diabolica sensualità, della lascivia e del peccato stesso.
L’occhio dello spettatore converge nella forza magnetica dei due sguardi, e ne viene sedotto da un lato da quello ammaliante e tentatore di Eva, e dall’altro da quello terribile del serpente. Ma non troviamo nulla di apertamente osceno, né di blasfemo, quanto piuttosto un'atmosfera sensuale ed erotica.
Eva non tiene in mano la mela, oggetto della tentazione, ma si mostra senza veli, avvolta da un gigantesco serpente. La prima donna - provocante e provocatrice - sfida i diktat estetici, religiosi e morali dei benpensanti accademici, e ammicca dalla sua cornice come una sinuosa odalisca, superba seduttrice e conturbante visione.
Dalla forma di tempietto greco, la cornice dorata è stata disegnata dallo stesso artista, ed è essa stessa un’opera a sé: von Stuck infatti pose sempre una particolare attenzione nella selezione delle cornici delle sue tele, scelte per integrarsi armoniosamente all'opera da “inquadrare”: la maggior parte di queste cornici sono massicce e riccamente intagliate, per differenziarsi così dalla massa di prodotti industriali realizzati in serie, dal basso costo, ma privi di identità.
È dunque un quadro che porta con se moltissime storie, vicende e leggende. In particolare la versione “palermitana” ha un lungo curriculum di mostre a cui ha partecipato, a cominciare dalla mostra monografica dedicata a von Stuck alla VIII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 1909, dove suscitò grande scalpore e interesse, e da dove poi arrivò a Palermo.
Nel 1969 è in prestito a Torino per la mostra “Il sacro e il profano nell’arte dei Simbolisti”, nel 1995 è tornata a Venezia per “Venezia e la Biennale. I percorsi del gusto”, fino alla recente partecipazione alla mostra "Simbolismo. Arte in Europa" a Palazzo Reale di Milano nel 2016 e “Stati d’animo. Arte e psiche da Previati a Boccioni” all’attualmente in corso al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, dove rimarrà fino al prossimo 10 giugno, per poi tornare definitivamente - o forse momentaneamente - a casa.
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