STORIE
La vita di una duchessa a Palermo: "Era una città in guerra, oggi incanta chiunque la veda"
Nicoletta Polo Lanza Tomasi, duchessa di Palma e moglie di Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo del celebre Tomasi di Lampedusa, racconta la sua vita nel capoluogo siciliano
Nicoletta Polo Lanza Tomasi
L’occasione per conoscere il capoluogo fu l’incontro, qualche tempo prima, alla Biennale di Venezia, con Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che avrebbe sposato nel 1982.
«La prima volta che vidi Palermo - ci ha detto la duchessa Polo - mi sembrava di essere in una città devastata dalla guerra».
Abituata a girare per il mondo per impegni professionali suoi (laureata in lingue all’Università di Mosca è stata, tra le altre cose, interprete e traduttrice) e del marito - ha trascorso un lungo periodo a New York quando Gioacchino Lanza Tomasi era direttore dell’Istituto Italiano di Cultura - ha da sempre frequentato luoghi dove il bello faceva il paio con la crescita sociale.
Tranne che a Palermo, almeno in quegli anni.
«Ho sempre vissuto in giro per il mondo e quindi per me non è stato difficile ambientarmi ma era incredibile quanto vedevo a Palermo. I primi anni venivamo saltuariamente, per molto tempo abbiamo avuto abitazioni in due città contemporaneamente tra Roma, Napoli, New York e Bologna.
Il “palazzo di famiglia”, nel cuore del quartiere Kalsa, fu l’ultima residenza del Principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il celebre autore del romanzo Il Gattopardo, che vi rimase sino alla morte (luglio 1957), dopo la distruzione del suo palazzo, Palazzo Lampedusa, nei bombardamenti alleati del 5 aprile 1943.
Edificato alla fine del Seicento sulle Mura della Cattive, i bastioni spagnoli cinquecenteschi, si affaccia sul lungomare di Palermo e fu ristrutturato, negli anni ’70, da Gioacchino Lanza Tomasi.
Se ambientarsi non è stato un problema era un dolore, però, vedere ogni giorno come le bellezze della città non venissero valorizzate.
«Quando ci siamo stabiliti a Palermo, ricordo che fu difficile trovare ad esempio una scuola di lingua per la ragazza alla pari che ospitavamo, oggi per fortuna non è più così. Gli amici che ci venivano a trovare avevano tutti la stessa impressione: era incomprensibile che tanto potenziale artistico e storico non solo non venisse valorizzato ma, in alcuni casi, venisse deturpato.
Per fortuna, grazie all’intervento di privati, le cose sono cambiate; ricordo, ad esempio, che quando girarono alcune scene del film Il Gattopardo dovettero fare rimuovere delle macerie dal centro storico. Oggi Palermo è diventata a livello mondiale tra le “destination”, promossa da tutte le principali realtà di settore.
Tutte le città sono belle e particolari a loro modo ma Palermo è una città unica, affascinante, che incanta chiunque la veda. Quando porto in giro amici o turisti che vengono, attraverso i loro occhi rivivo le emozioni che provai io le prime volte a Palermo.
Molto è stato fatto ma ancora molto c’è da fare».
E proprio la Kalsa, nel cuore del centro storico, si configura, grazie alla presenza di importanti progetti culturali - dall’avvio, pandemia permettendo, della casa-museo di Palazzo Butera alla realizzazione di Area Madera, un nuovo luogo di produzione e creazione teatrale - punto di riferimento per la città e non solo.
Il miglior biglietto da visita - è d’accordo con noi anche la duchessa - è la città stessa con le sue peculiarità che sconfinano in ogni ambito, non ultima la gastronomia.
«Arte, letteratura e cucina sono tutte espressioni di cultura a 360 gradi. Anni fa una mia amica americana mi diede l’idea di insegnare ai turisti, che ospitiamo nei nostri appartamenti ricavati dal Palazzo, le ricette più rappresentative della Sicilia.
Io non sono di certo uno chef e non conosco anche fedelmente le ricette che propongo ma credo che ciò non sia alla fine discriminate. Porto i miei ospiti al mercato, scegliamo le materie prime e le cuciniamo aggiungendo anche un tocco di internazionalità. Credo che sia anche questo un modo per conoscere Palermo più profondamente».
Ma su tutti c’è una ricetta che Nicoletta Polo predilige.
«Credo che il biancomangiare rappresenti la quintessenza della storia della Sicilia. È un dolce molto semplice che necessita di una lunga preparazione e di una ritualità che per me racchiude l’anima di quest’Isola.
Per quanto riguarda lo street food, invece, i turisti rimangono catturati sempre dalle panelle e soprattutto gli uomini si vogliono cimentare nella loro preparazione».
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