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La verità, vi prego, sui Mercati di Palermo: storie e aneddoti su la Vucciria e gli altri
Ballarò, Vucciria, Capo e pure Borgo Vecchio: i mercati storici di Palermo sono luoghi carichi di fascino immortale nonostante alcuni di essi siano ormai quasi spariti
Porta Carini, ingresso del mercato del Capo
Le strade strette sono invase da bancarelle e cassette di legno per esporre la merce che viene reclamizzata dai venditori con la cosiddetta “abbanniata” che non è la solita “urlata”, piuttosto una cantilenata che spiega la buona qualità ed il buon prezzo dei prodotti.
Un’altra caratteristica che lo rende simile ai mercati Suk orientali è la merce esposta: la carne appesa al di fuori della bottega, (usanza ebraica per depurare l’animale del suo sangue), così come i pesci, la frutta e la verdura.
Un tempo in questi mercati si vendevano prevalentemente generi commestibili: carne, frutta, verdura, formaggi e pesci. A questi prodotti, negli ultimi decenni si sono aggiunti gli articoli di uso domestico per la cucina e pulizia della casa. Questi mercati sono aperti tutti i giorni, migliaia di persone lo frequentano.
Nei pressi dei mercati popolari un tempo stazionavano i facchini (vastasi) di piazza, degni di questo nome materialmente quanto in senso figurato. Antico è anche il detto: Vastasu di la Baddarò. Questo detto, naturalmente, assumeva parzialmente il nome di altri mercati, come ad esempio: Vastasu di la Vucciria o Vucciriotu.
Lo storico Tommaso Fazello (Sciacca 1498-Palermo 8 Aprile 1570), scrisse che alcuni secoli prima era denominato “Sageba’larat”. Era questo il mercato in cui i giardinieri di Balharà (Monreale) venivano a vendere i loro prodotti (Sauku), cioè il mercato di Balaharà.
Il 18 Ottobre 1577, essendo Pretore l'Illustrissimo Don Ottavio lo Bosco, fece costruire la Bocceria Nova per la carne, con le porte in forma di serraglio, al fine di facilitare l’accesso agli avventori. In questa piazza si trovava una fontana dalla quale sgorgava acqua purissima (Garraffello), nei pressi, ancor oggi si trovano la via dei Cassari, via dell'Argenteria.
Dalla via Pannieri si arriva alla Bocceria Vecchia (mercato della Vucciria) o piazza Caracciolo. Anche questo mercato aveva origini precedenti. Durante la dominazione araba sorgeva un mercato popolare.
Nel 1783, il Vicerè Domenico Caracciolo Marchese di Villamaina, ordinò dei lavori per migliorarne l'aspetto ed impose che si denominasse con il suo cognome (piazza Caracciolo) ma i palermitani continuarono a chiamarla Bocceria.
Questo termine potrebbe derivare dal termine francese “boucherie“, cioè macelleria. Qui, infatti, in origine, si trovava un grande mercato destinato al macello ed alla vendita di sola carne. In seguito questo mercato variò i settori di vendita, fu chiamato anche ”Bocceria della foglia“ perchè si vendevano diversi tipi di verdura (un tempo denominata foglia ). Il termine ha assunto anche un significato locale (vucciria), che sta ad indicare “confusione“.
Una parte di questo mercato era molto famosa: si trattava della via Maccherronai. In questa via si trovavano diverse botteghe che producevano vari tipi di pasta lavorata a mano, come “tagghiarini“, “lasagni“, “cavatuna“, “cavatuneddi“ e “maccaruni“.
Il luogo era molto caratteristico, la pasta, infatti, era esposta sulla pubblica via al pubblico e venduta “sciolta“ (al dettaglio), avvolta nei “coppi di carta paglierina“. I produttori di pasta, avevano anche formato una maestranza, denominata dei “maccheronai o vermicellai“.
Una caratteristica di questo mercato era il pavimento formato da lastre di marmo (balate) sempre bagnato (l’acqua era usata per inumidire la merce esposta). Un detto palermitano recitava che il mondo sarebbe finito quando “si asciugavano le “balate” della Vucciria”. Da diversi anni le “balate”si sono asciugate e fortunatamente il mondo non è finito. Questo antico mercato è quasi sparito. Pochi sono i negozianti che stazionano sul posto.
Anche il mercato del Capo è molto antico. Si trova nel rione omonimo, così denominato perché era la parte superiore dell’antico quartiere musulmano denominato Seralcadio dall’arabo “sari-al-qadi” (rione del Kadì) ed era abitato dagli Schiavoni, pirati e commercianti di schiavi.
Questo mercato, fino a venti anni fa era il più esteso. Iniziava da via Cappuccinelle (angolo Via Papireto) e arrivati a piazza Capo si diramava da un lato lungo la via Beati Paoli, dall’altro nella via Porta Carini e la via Sant'Agostino. Oggi la parte che si trovava in via Cappuccinelle non c’è quasi più a causa della mancanza di parcheggio.
Un’altro mercato antico è quello del Borgo Vecchio, che si trova nel quartiere omonimo, situato a ridosso del Politeama. Il mercato alimentare occupa una zona che si snoda nulle vie Scinà, Principe di Scordia, Ximenes e piazzetta Nascè.
La formazione di questo quartiere risale al 1556, dopo la costruzione del nuovo porto e all’acquisto della tonnara di San Giorgio da parte del Senato di Palermo. Divenne sede abitativa di pescatori e marinai, che si spostarono dai rioni Kalsa e Loggia (Castellammare). In seguito anche gli artigiani e commercianti si stabilirono sul luogo.
Questi mercati, negli ultimi anni hanno avuto un calo di vendita e di conseguenza di posti di lavoro. Ciò non soltanto da attribuire al proliferare dei nuovi Ipermercati quanto alla mancanza di posteggi, tuttavia, negli ultimi anni sono stati oggetto di una trasformazione. La sera, dopo la chiusura dei negozi alimentari, sul luogo si recano molti giovani che attratti da molti pub, taverne etc, rendono attive queste zone nelle ore notturne.
Un altro aspetto da considerare è l’esodo degli abitanti di questi quartieri: questo fenomeno è iniziato intorno agli anni Settanta e non si è più fermato.
L’Amministrazione comunale non ha saputo trovare una soluzione a nessuno dei problemi elencati: il centro storico che ricade nei pressi di questi mercati cade a pezzi, la mancanza di posteggi ha causato la chiusura di molte attività commerciale e per ultimo la movida notturna crea gravi problemi agli ultimi abitanti del luogo.
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