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La storia dei lampioni che illuminano di ocra Palermo: città romantica "Since 1700"
Il 4 aprile 1745 era una domenica: il Senato di Palermo fece piantare in certi luoghi del Cassaro certi fanali ben grandi, per dare lume nella notte a quella strada
Il Cassaro di Palermo (foto di Marco Amato)
Il 4 agosto 1746, fu ordinata dalla Corte una Giunta per l’accrescimento di altri duecento fanali per l’illuminazione dalla città, con aver nominato deputati Don Francesco Requisenz, principe della Pantelleria, e Don Baldassare Naselli, principe di Aragona, extrapretori ed il Deputato don Tommaso Cachon, al presente uno de’ Senatori, come quello, che il primo facilitò e maneggiò l’erezione de’ fanali (li costruì), acciocchè essi procurassero trovarne sopra il patrimonio libero della città in mantenimento. (Villabianca, Diario)
Sempre il marchese di Villabianca aggiunse che la sera del 29 luglio 1785: "La sera di questo giorno si godettero nel Cassaro dodici fanali di novella invenzione e fatti alla moda di ParigI [...]. Furono essi situati nel mezzo di strada pendenti da una corda attaccata alle case da una parte e dall’altra. Costò ognuno di questi fanali di once 5 e tutto fu opera del regnante vicerè Caracciolo, la cui premura è di nobilitare Palermo nella migliore maniera che gli è possibile e ridurla alla magnificenza di Parigi".
I fanali palermitani, invece, emanavano luce soltanto in maniera orizzontale. I fanali di tipo francese emanavano quindi più luce. Si sa che spesso gli uomini sono incontentabili o quantomeno invidiosi.
Proprio il marchese di Villabianca, nel suo Diario annotò "Or questa novità di illuminazione deve avvertirsi di non esser incontrata nel Paese, né per molto, né per poco. E però furono messi da parte detti novelli fanali dalla strada del Cassaro a 31 luglio 1785 e cioè dopo due giorni della loro mostra, destinati vennero all’illuminazione notturna della Flora", ossia la villa pubblica di Sant’Erasmo (Villa Giulia).
Il marchese di Villabianca, cercò di dare una spiegazione al fatto questi lampioni funzionarono soltanto due giorni e poi dirottati a Villa Giulia.
Secondo il mio parere, davano fastidio agli aristocratici che la sera si recavano fuori Porta Felice per i loro incontri amorosi. Ma questa è un’altra storia.
Per la foto di copertina si ringrazia Marco Amato.
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