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La Sicilia delle donne che viaggiavano (da sole): racconti dell'800 di un'isola inedita

Una Sicilia intima emerge dai resoconti delle donne, più libere nell’esprimere sentimenti ed emozioni forti, rispetto a quelli più "didascalici" degli uomini

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 21 marzo 2023

Donne in viaggio nella Sicilia dell'800

Il viaggio in Sicilia nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento è stato raccontato anche da molte donne che hanno viaggiato in diversi casi anche da sole, dimostrando di sapersi muovere bene e di non dipendere dagli uomini.

«In Sicilia, come in Norvegia, potevano viaggiare tranquillamente donne sole senza accompagnatori»: affermava nel 1857 la viaggiatrice inglese, Emily Lowe, che viaggiò per tutta l’Isola per ben due mesi.

Emerge una differenza di stile notevole tra il racconto scritto da un uomo, che è più didascalico, rispetto a quello di una donna che è invece più intimista e più libero nell’esprimere sentimenti forti ed emozioni profonde. Abbiamo così fresche descrizioni e vivaci considerazioni personali, che arricchiscono certi freddi resoconti maschili.

Le donne che viaggiano mostrano di avere maggiore attenzione verso la natura, ma anche verso gli usi e costumi del popolo visitato. In questo articolo estrapoliamo dai diari di alcune viaggiatrici le descrizioni ci hanno lasciato riguardo alla loro visita nella Valle dei Templi e nella città di Agrigento, che loro hanno conosciuto col nome di Girgenti.
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Elisabeth Bisland (1861-1929) era una giornalista e scrittrice americana, collaboratrice del mensile statunitense Cosmopolitan, arrivata ad Agrigento nel 1908 con l’amica Anne Hoyt in treno. Descrissero il loro viaggio nel libro “Due americane in Sicilia, nel 1909” .

Le due signore trovarono alloggio nell’Hotel des Temples nel cuore della Valle dei Templi e al risveglio rimasero incantate dal paesaggio che poterono ammirare dalla camera: «Tutto esplode in primavera e siamo davvero in campagna – esclamarono – la campagna dell’arcadia con alberi e grandi templi dorati che spuntano dietro gli alberi e poi il mare e le colline, e d’attorno solo dolci prati e orti”.

Come per tutti i viaggiatori stranieri, il momento clou coincide con la vista del tempio della Concordia, così descritta nel loro diario: “Nel sole della mattinata di primavera — il vecchio mondo si rinnovava in freschezza di fiori tutt’attorno – fra canti di uccelli nell’aria e petali di alberi da frutto contro lo scintillare del cielo e del mare, e il nuovo verde del seno della terra si ergeva la mole color zafferano della Concordia, santuario di pace vecchio di venti secoli”.

E di seguito ammirarono gli altri templi vicini: “La “casa di Zeus” (il tempio di Giove) con le sue immani colonne, era alto quasi tre volte più della Concordia; aveva un perimetro di trecento e settantadue piedi contro i centotrentotto della Concordia e una volta deve avere guardato altezzoso il suo piccolo vicino.

Ercole, con le sue meraviglie di sculture e di pittura, Giunone con la terrazza ricca di statue, l’altare esterno ed il famoso simulacro scolpito da Zeusi, per la cui composita bellezza fecero da modelle le cinque ragazze più belle della città.

Esso era probabilmente superiore alla semplice Concordia. E se non risulta che questa abbia contenuto venerati tesori di bellezza, essa sola è sopravvissuta intera alle tempeste delle guerre e della natura, come la sua distillata aria di senilità l’avesse protetta dal Tempo”.

La naturalista Giovanna Power (1842), nella sua Guida della Sicilia del 1842, osservò che “La strada da Caltanissetta a Girgenti [Agrigento] è rotabile. Questo viaggio è delizioso per le amene campagne e pittoresche vedute» e della provincia di Agrigento i campi dove si pratica l’agricoltura, indicando la produzione di «grano in gran quantità, olio, vino, riso, mandorle, somacco, carubbe, soda, zolfo, ecc.».

E la Power si avventurò persino nei sotterranei della città, i celebri ipogei, che tanti visitatori maschi nei secoli hanno evitato di esplorare: “A pian terreno, nella casa del Sig. Valvo, è un'apertura, che per via di una scala a piuolo introduce al sotterraneo.

Questo è una specie di laberinto composto di corridoi e di stanze di ogni forma e grandezza, tagliati nella rupe calcarea, contenenti avanzi di fossili organici. Alcune stanze hanno la volta sostenuta da piloni: quella del centro è grandiosa, ha uno stagno d'acqua nel mezzo ed è decorata di stalattiti.

Si corre pericolo di cadere nel percorrere questo sotterraneo, perchè l'umidità fa che camminando sui druccioli e per gli stagnetti d'acqua torbida e perché spesso cadono dei pezzi dalle volte. In questo calcareo compatto trovai la Pinna nobilis fossile”. Giunse anche lei in treno a Girgenti dalla Europa orientale la principessa russa, scrittrice ed artista Marija Michajlovna Volkonskaja (1863-1943).

Nelle sue “Impressions de Sicile” (Paris, 1914), illustrato da alcuni acquarelli dell’autrice, parlando della provincia agrigentina, ha osservato che in questa parte della Sicilia il contadino non è povero, dato che coltiva la terra a mezzadria oppure lavora alla giornata con un salario che andava da quattro a sei franchi. A Girgenti si è emozionata per grandiosità dei suoi templi e ha realizzato alcuni acquarelli.

Assai diversa le parve la città moderna: “terra di miniere, povera”; girovagando per le strade, la gente le parve “chiusa e composta nella serie infinta dei propri lutti” e il clima malsano. Si fermò un giorno solo. Elizabeth Bisland (1861-1929) nel suo celebre “Seekers in Sicily; being a quest for Persephone by Jane and Peripatetica", descrisse le vivaci impressioni che ha avuto affacciandosi dalla terrazza dell’ albergo scelto quando era appena arrivata nella Valle dei Templi: “Vieni fuori e guarda che posto delizioso è questo!"- dice alla compagna di viaggio, Jane - ed entra raggiante. “Tutto è tumultuoso ed è vera campagna.

Non semplice scenario teatrale come Taormina, né semplici ossa e pietre come Siracusa, ma vera e cara campagna arcadica, con alberi! e lì sono grandi templi d'oro che si ergono dagli alberi, con il mare e le colline alle spalle, e nient'altro che prati e frutteti dolci e pacifici tutt'intorno a noi. Voglio restare qui per sempre"

Quando Jane si recò anche lei sulla terrazza dell'albergo vide: “Ondosi frutteti di mandorli dalle foglie più tenere, canuti boschetti di ulivi, l'argento e il bianco dei campi in fiore mossi dal vento, il vivido smeraldo del grano giovane… e da tutta questa dolcezza arcadica di prati e boschetti si levano le fulve colonne dei Templi. "Oh, andiamo da loro subito!" gridò Jane, e senza guida e impazienti andarono”.

E il tempio della Concordia, “in piedi con tutte le sue colonne d'ambra consumate ma perfette, in un accordo ininterrotto, sostenendo ancora l'architrave e il timpano”; diede loro una forte emozione: “la permanenza della pace attraverso tutta la vita evanescente degli anni che scorrono. Inalterate attraverso tutti i cambiamenti del tempo, le sue colonne doriche si ergono, tranquille e belle, e ospitale offre il benvenuto a tutti coloro che vengono”.

Nei loro diari, queste donne che viaggiano senza la compagnia di un uomo svelano l'intima soddisfazione di cavarsela da sole.

Ognuna si sente "esploratrice" sia dei luoghi che dei propri sentimenti e molte trovano in Sicilia realtà talmente diverse da tutto ciò che conoscono da far loro esclamare di non aver mai visto o immaginato una cosa simile prima d' allora.
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