STORIA E TRADIZIONI
La scrittrice "amata" da Montale e ignorata da Sciascia: da Roma sognava la sua Sicilia
Una delle scrittici siciliane contemporanee più interessanti. Vincitrice di molti premi, antifascista, trovò a Pisa un ambiente stimolante, dove coltivare amicizie
Laura Di Falco
Potremmo definirla una scrittrice "ritrovata": nonostante abbia scritto 8 romanzi e abbia goduto di un certo successo dalla fine degli anni ‘50 fino agli inizi degli anni’80 del secolo scorso (ricevendo il premio Savarese, il premio Sybaris Magna Grecia, il premio Vittorini), per diversi anni è rimasta nell'oblio.
Oggi a riscoprirne il valore letterario c’è anche Nadia Terranova, ma bisogna riconoscere soprattutto il merito indiscusso della pronipote della scrittrice, Fausta Di Falco, proprietaria di una casa editrice siracusana, che ha deciso di ripubblicare alcuni dei romanzi della zia di suo padre, per farne conoscere le opere, dopo aver consultato l’archivio della Di Falco, che è stato donato al Comune di Canicattini Bagni.
Nasce a Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa, il 3 settembre del 1910. Il padre, Francesco era un ingegnere e la madre, Clelia Alfieri, proviene da una famiglia di proprietari terrieri.
A quattordici anni si trasferisce a Siracusa per frequentare il liceo classico e a diciotto anni viene ammessa alla Scuola normale superiore di Pisa, dove si laurea in filosofia nel 1932.
Nonostante Laura viva gli anni della sua giovinezza durante l’epoca fascista, in un periodo storico che vorrebbe relegare le donne ad angelo del focolare, escludendo qualsiasi altro ruolo sociale, trova a Pisa un ambiente letterario stimolante, dove stabilire relazioni e coltivare amicizie con personalità di spicco che contribuiscono alla sua formazione.
Dopo un breve periodo di insegnamento in un liceo scientifico di Siracusa, nel 1935 Laura si trasferisce a Roma e comincia a lavorare presso gli Istituti Magistrali, perché il regime fascista non consente alle donne di insegnare nei Licei.
Condivide con il marito Felice De Falco (alto funzionario dell'Istituto nazionale per il commercio estero che, per lavoro, viaggia per il mondo) le idee antifasciste, l’attività politica e l’appartenenza al Partito d’Azione.
Nel 1948 Laura pubblica i primi racconti su "Il Momento" e decide di utilizzare il cognome del marito. Poco dopo comincia a scrivere anche su "La Nazione" di Firenze.
Dal 1950 al 1966 collabora con il settimanale Il Mondo. Laura racconterà in un’intervista nel 1992: «Ma fu il mio secondo racconto intitolato "Fra giugno e luglio", che mi diede lustro e la definitiva accoglienza nel prestigioso settimanale fino al giorno della sua estinzione.
Apparso dunque tale racconto, fui accolta nella sede del Mondo da Vitaliano Brancati, Sandro De Feo ed Ennio Flaiano, seduti tutti e tre su un lungo tavolino, con lodi inaspettate e giudizi quantomai favorevoli che ascoltavo ancora incredula e commossa».
Nella capitale Laura Di Falco sarà un'assidua frequentatrice della cosiddetta Terza saletta del Caffè Aragno, accanto ad altri siracusani illustri: Corrado Sofia, Alfredo Mezio, Elio Vittorini. Frequenterà anche il salotto letterario di Maria Bellonci con la quale, nel tempo, stringerà un legame d’amicizia, entrando a far parte del circolo degli Amici della domenica: sarà la stessa Bellonci a suggerirle nel 1976 il titolo del romanzo "L’inferriata".
Della sua vita a Roma, Laura così racconterà, in un’intervista del 1981: «Vivere a Roma mi spaventa per un senso di grave smarrimento che mi prende per la ressa nelle strade. Viviamo in una specie di carcere, case blindate, inferriate alle finestre, scippi a tutte le ore. È triste. Sto infatti pensando di farmi fare la tomba a Canicattini Bagni: è lì che voglio tornare, alla mia terra d’origine quando sarò morta».
Il primo romanzo "Paura del giorno", viene pubblicato nel 1954 e ottiene uno straordinario successo di pubblico e critica; viene tradotto in francese nel 1962 e riscuote il parere favorevole di Eugenio Montale, per il quale «si rivela in quest' opera prima un talento narrativo più che notevole».
Nel 1959 esce "Una donna disponibile", finalista al Premio Strega nel 1960 e vincitore del premio Erice Venere d’argento nel 1961.
La protagonista del romanzo è Elena, una donna di 35 anni, in crisi d’età e di sensi, costretta a vivere in una famiglia opprimente e a condurre un’esistenza senza scopo, tra pomeriggi vuoti e giornate tutte uguali, la sua è una vita priva di emozioni.
Moglie di un avvocato di successo, la donna è annoiata e infelice per aver fatto un matrimonio sbagliato, ma al tempo stesso è incapace di liberarsi dalle convenzioni imposte dalla società, finchè un giorno incontra Ennio, un ventenne con cui intreccia una relazione fatta di passione, amore, tormento, e delusione.
Elena, si accorgerà presto che anche questo rapporto non aggiungerà nulla di nuovo alla sua vita, ma avrà comunque il merito di farle ritrovare sè stessa, il suo modo di essere, con i suoi sbagli, la sua sensibilità, le sue speranze, le sue paure.
"Tre carte da gioco" del 1962 è uno dei libri più riusciti, storia dei destini di due fratelli. Segue nel 1967 "Le tre mogli", un romanzo nel segno della letteratura siciliana di Brancati, De Roberto, Tomasi di Lampedusa: con addirittura tre edizioni, viene tradotto in spagnolo nel '68.
Il libro vale a Laura Di Falco il premio Nino Savarese e la cittadinanza onoraria della città di Enna. Il romanzo si svolge in una Sicilia postunitaria dove i vecchi privilegi di casta s'intrecciano con le nuove idee rivoluzionarie.
Ferdinando di Rivasecca, che è riuscito a creare una fortuna, con meccanismi ambigui, legherà a sé tre donne: Diomira, "la scamiciata", che aspira a un posto nell’aristocrazia; Giulietta, in attesa dell’anima gemella; e Ofelia, cinica e avida. La Seconda Guerra Mondiale segnerà l’avvento di una nuova generazione.
Nel 1971 viene pubblicato "Miracolo d’estate", con due edizioni, storia di una donna ossessionata dal fatto di non aver potuto mettere al mondo un figlio.
A leggerne il manoscritto, per la casa editrice milanese, sarà Giorgio Caproni, la cui scheda, contenuta nel volume "Giudizi del lettore" (il melangolo) si chiude con questo parere: «L'invenzione non è certo nuova nonostante la lustra del fin troppo facile aggiornamento freudiano e anche sociologico, ma in complesso, grazie al buon mestiere dell’autrice, e nell'ambito di quella che una volta veniva chiamata la letteratura amena, ne risulta un romanzo di scorrevolissima lettura».
Nel 1976 esce "L'inferriata", finalista al premio strega del 1976. Si tratta di un romanzo di formazione, ambientato nella Siracusa degli anni sessanta: la giovane Diletta, per metà aristocratica e per metà borghese (per parte di padre), sperimenta la decadenza della sua famiglia e si scontra con l’ipocrisia della mentalità degli ultimi baroni siciliani ormai in via d’estinzione, avversi ai cambiamenti.
L'inferriata richiama quel periodo della storia d’Italia in cui avanza il boom economico, l’industrializzazione, l’ottimismo e la fiducia nel progresso mentre a Ortigia si assiste alla decadenza dei palazzi nobiliari e delle chiese, le coste vengono coperte da colate di cemento, le raffinerie ammorbano l’aria.
Come scrive Nadia Terranova, che più volte ha parlato dell’opera di Laura Di Falco consigliandone la lettura: «L’inferriata andrebbe studiato anche solo per come racconta l’inizio della decadenza dei centri storici nelle città italiane» (Robinson 27 febbraio 2021).
"Piazza delle quattro" viene pubblicato nel 1984, e "La spiaggia di sabbia nera", nel 1991: si tratta di una storia di fuga dall’isola e dall’ambigua trappola della famiglia. Infine, sono state date alle stampe "Figli e fiori" (2000) e "I Racconti" (2001).
Vera categoria portante di tutti i romanzi di Laura Di Falco è il tema della solitudine femminile: la donna è costretta a una silenziosa accettazione del suo destino, specialmente in Sicilia dove madri, figlie, amanti, parenti, amiche, si ritrovano a vivere in ambienti asfittici e ipocriti, consumandosi nell’isolamento.
Laura Di Falco ha affiancato all’attività letteraria anche quella di pittrice: formata alla scuola del maestro pugliese Giovanni Consolazione, ha dipinto soprattutto nature morte. Nel settembre 2006 la Fondazione Dante Alighieri ha organizzato un'esposizione con 54 opere dell’artista.
La scrittrice siciliana si è spenta a Roma nel 2002, dopo aver collezionato molti successi e aver avuto molte soddisfazioni, forse con un unico velato rimpianto: «Ho cercato di avere rapporti epistolari con Sciascia ma lui non mi ha mai risposto”. (Intervista rilasciata ad A. Mongiardo, "Il Messaggero", 30 marzo 1981).
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