STORIE
La salvano dalla guerra in Ucraina: una famiglia palermitana riporta a casa la sua Marta
Una storia di solidarietà che parte da Villagrazia di Carini in provincia di Palermo. Caterina e Vincenzo, hanno fatto di tutto per fare fuggire dall'Ucraina Marta e la sua nonna
Caterina Di Vita e Mapta, il giorno dell'arrivo in Italia (Foto concessa da Caterina Di Vita)
Caterina Di Vita e il marito Vincenzo Marsala, con i loro figli di 12 e 16 anni, hanno accolto a braccia aperte la loro piccola Marta - come la ragazzina è chiamata da tutti in Italia - e la nonna di 67 anni. Farle arrivare non è stato facile. Insieme all'associazione di cui fanno parte, Uniti per la Vita di Ercolano - che da anni si occupa di affidare a famiglie italiane bambini che vivono nelle zone contaminate dalla catastrofe nucleare di Chernobyl - hanno fatto di tutto (e anche di più) per portare in salvo più di 40 bambini e una decina di donne adulte in fuga da Kiev. Tra questi, ci sono ragazzini che da anni vengono ospitati per circa 6 mesi l'anno dai loro genitori affidatari.
«Già nei giorni precedenti all'invasione russa, avevamo capito che la situazione sarebbe degenerata. Olga ci raccontava che avevano difficoltà a reperire persino cibo e farmaci. Insieme alle altre famiglie affidatarie dell'associazione, abbiamo deciso di organizzarci per tentare di aiutare i nostri ragazzi. Inizialmente, abbiamo pensato di inviare un carico di aiuti, alimenti e medicine. Poi però è scoppiata la guerra e allora le cose sono cambiate. Dovevamo assolutamente portarli in Italia, qui a casa nostra». A raccontarci tutta la storia è Caterina, con la sua voce pacata ma determinata. Una mamma con la "M" maiuscola.
Quando iniziano i bombardamenti russi su Kiev, Mapta e nonna Olga si rifugiano in uno dei bunker vicini alla loro abitazione. Dopo due giorni riescono ad aggregarsi a un gruppo di ucraini che sta organizzando la partenza verso la Polonia. Va fatto tutto in fretta, Olga riesce a recuperare appena una valigia per se e la nipote e mette dentro lo stretto indispensabile. Inizia così il loro viaggio della speranza. Anzi no, il viaggio dell'orrore, come dice la donna.
Sul pullman che li porta alla stazione di Kiev ci sono anche tanti ragazzini e bambini che fuggono da soli. I genitori li affidano ad altri concittadini, per lo più donne, in partenza. Anche ad Olga vengono affidate tre sorelline da una coppia che è rimasta in Ucraina a combattere.
Una volta arrivate alla stazione di Kiev, sono costrette ad aspettare il treno per più di 12 ore. Riuscire a trovare posto non è proprio semplice. I vagoni sono presi d'assalto da chi tenta la fuga verso la salvezza. Il viaggio è un carico di dolore e disperazione che nè la donna nè la nipote riescono ancora a raccontare. «Mapta si è chiusa in se stessa e parla a stento - spiega Caterina -. Era una bambina solare, rideva e non stava mai ferma. Adesso quasi non la riconosciamo. Ha troppo dolore dentro. I suoi occhi però dicono tutto. Chissà a quante scene strazianti ha assistito. Il rumore delle sirene, la paura delle bombe. Un giorno forse ci racconterà, ma ora no, è troppo presto. Dobbiamo darle tempo».
Arrivano in Polonia stremate. Trovano riparo in un orfanotrofio, dove restano per due giorni insieme agli altri profughi con cui sono partite. Nel frattempo, sono in costante contatto con Caterina e Vincenzo, che dall'Italia, insieme all'associazione, cercano di seguirle nel viaggio aiutandole nel percorso e nelle tappe da seguire.
Tra mille cavilli burocratici un gruppo di volontari dell'associazione, tra cui il presidente Nicola Florio, riesce a partire con un pullman per raggiungere la Polonia e portare in Italia 54 ucraini, tra bambini e donne. Alla partenza da Napoli, portano con loro anche un carico di aiuti umanitari, tra cibo, farmaci e altri beni di prima necessità, da donare all'orfanotrofio.
Dopo più di due giorni di viaggio e numerosi controlli - durati anche ore - alle frontiere dei Paesi attraversati, i volontari di "Uniti per la vita" riescono ad arrivare al confine tra Slovacchia e Polonia, dove attendono che arrivino i 54 profughi. Aspettano ore e ore, anche perchè nel frattempo per raggiungerli il gruppo di ucraini è costretto a percorrere ben 15 chilometri a piedi sotto la neve, per arrivare dall'orfanotrofio al confine.
Una volta arrivati, si parte subito, direzione Ercolano. Stremati, anche il viaggio di ritorno si rivela difficile. Volontari e profughi restano bloccati per più di 24 ore in Ungheria, dove la polizia li ferma perchè molti di loro, soprattutto ragazzini soli e donne adulte, sono senza documenti nè passaporti. Grazie all'intervento del console italiano, ottengono l'ok per lasciare il Paese e ripartire. Ad attendere Mapta e Olga, a Ercolano, ci sono Caterina e Vincenzo.
«L'arrivo di Marta è stata un'esplosione di emozioni. La gioia di riabbracciarla, dopo due anni che non la vedevamo a causa della pandemia. La felicità di saperla qui, con noi, al sicuro. Ma allo stesso tempo, la preoccupazione per tutto il dolore subìto per colpa della guerra», racconta Caterina.
Adesso Marta e Olga stanno provando a condurre una vita "normale", ma non è facile. «Da quando sono arrivate, in casa non guardiamo più la tv, così da provare a distrarle il più possibile. Certo, non è semplice. Loro si informano e poi hanno contatti continui con i loro familiari e amici in Ucraina. Ogni tanto vedo Olga che piange di nascosto in un angolo e così capisco che avrà ricevuto un'altra brutta notizia». Mapta ha lasciato a Kiev la sua migliore amica, Dasha, che putroppo non è riuscita a partire con lei, nonostante Caterina avesse dato piena disponibilità ad accogliere anche lei.
Nel frattempo, da mamma premurosa, Caterina sta tentando di inserire Marta a scuola, nella stessa classe del figlio di 12 anni. E intanto, la prepara facendole eseguire qualche esercizio di scrittura italiana. Ospitarle ha anche significato stravolgere le abitudini di tutta la famiglia, ma per loro non è un problema. Anzi. Lo fanno con il cuore, quello grande - il loro - che gli fa amare così tanto Marta.
«L'equazione è semplice: donare amore per ricevere amore», scrive su Facebook papà Vincenzo, commentando una foto di Marta bambina. E quell'equazione, Caterina e Vincenzo l'hanno dimostrata ancora una volta, con i fatti.
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