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La resurrezione dei migranti: le tracce dei naufraghi prendono vita diventando sculture

Lui è Massimo Sansavini ed è l’unico artista ad avere trasformato pezzi dei relitti degli scafi dei naufraghi recuperati nel Mediterraneo in sculture lignee coloratissime

  • 20 febbraio 2020

L'opera "Touroperator" di Massimo Sansavini

Il mare di Sicilia non brilla più di blu. Le variazioni di azzurro di questo mare, in realtà, non esistono più. Questo mare è opaco e plumbeo come la brutalità che ha annientato e disperso le vite dei migranti. Dall’oscurità di salsedine e dal mare grosso c’è chi è riuscito a raccogliere ciò che resta del blu del Canale di Sicilia.

Lui, nato a Forlì nel 1961 è un artista italiano, uno scultore contemporaneo. È stato anche scenografo per la Rai e ideatore per una collezione della Maison Enrico Coveri, ma soprattutto è colui che è riuscito ad avere l’autorizzazione a entrare nel cimitero delle barche dei migranti di Lampedusa dal Tribunale di Agrigento.

Lui è Massimo Sansavini ed è l’unico artista ad avere trasformato pezzi dei relitti, degli scafi dei naufraghi in sculture lignee coloratissime.

Avete capito bene! Legni colorati e briosi, impressi del vigore ciclico della vita, con costanti e forti tinte di blu e azzurro, quasi frammenti cromatici del DNA del mare di Sicilia che ritorna a brillare nel terreno dell’arte.
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Il lavoro che sta alla base di questo processo è una forma di resurrezione delle vite, dei sogni, dei desideri dei naufraghi senza nome, senza storia in forme lignee variegate, sempre coloratissime: fondali marini di piccole e grandi dimensioni, in cui ciò che conta non è la narrazione di una vita, di una singola storia, ma c’è di più.

C’è la coralità nel mettere insieme elementi scultorei: ingranaggi di un sistema di colori molteplici perché l’unità dei migranti consiste nella loro coralità, nel compiere questa tratta della morte uniti nella condivisioni di orizzonti di speranze.

Pensate che sarebbero diciannovemila le persone morte annegate – almeno fino allo scorso Novembre 2019 - secondo i dati annuali dell'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni.

Così se nel mondo reale mancano gli aiuti necessari per restituire dignità alle trame terrificanti dell’esistenza, interviene quell’urgenza invisibile dell’arte che ridisegna la vita dalla morte.

Sansavini ha intercettato il bisogno di trasformare ciò che resta della morte dei naufraghi - in particolare dopo il disastroso naufragio del 3 Ottobre 2013 che procurò la morte di trecentosessantasei persone (anche se non è stato mai accertato il numero esatto) - in opere d’arte, il cui titolo corrisponde alla data dei naufragi.

Se dal “letame nascono i fiori”, come diceva De André, dai relitti di ciò che resta della morte dei naufraghi vengono fuori forme di spirali, stelle, maschere, sagome di tetti, barche e di fiori per non far dimenticare che di luci e colori brillavano i sogni dei migranti.
Massimo Sansavini, entrando in questo cimitero delle barche di Lampedusa - ovvero una ex base americana abbandonata - ha ridato forma ai colori delle visioni dei migranti, toccando, scegliendo e tagliando parte dei relitti dei barconi.

Noi tutti, davanti a queste opere, diventiamo testimoni dei sogni dei naufraghi. Questo è ciò che accade nell’arte contemporanea con Massimo Sansavini: il miracolo di aver intercettato la luminosità di quei sogni che adesso brillano insieme ai nostri.

In fondo, Sansavini ci consegna un altro messaggio che accomuna tutti noi ai migranti: tutta l’umanità è fatta di desideri. E loro, i naufraghi, ne avevano tanti. A noi non resta che farli brillare più del blu del mare di Sicilia.
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