STORIE
La Mangiabambini di Sicilia, una (orribile) storia vera: ne uccise 23 con il "carramuni"
Nel 1895 in un centro sull’Etna una strana epidemia colpisce solo i bimbi, uccidendoli. Si vocifera di streghe, ma le indagini sveleranno una verità orribile
Dettaglio di un dipinto di Medea
Nel 1895 ad Adernò (oggi Adrano), un piccolo centro in provincia di Catania, nel mese di settembre, una strana epidemia inizia a colpire solo i bambini che muoiono all’improvviso, in maniera inspiegabile.
Altri bambini del paese cominciano a scomparire e allora inizia a girare la voce di una presenza misteriosa e terribile, la gente ha paura.
A metter fine a questa "strage degli innocenti" sarà nel successivo mese di ottobre l’intervento delle forze dell’ordine. Un giorno infatti, al maresciallo Giovani Colombo, comandante della stazione di Adernò, si presentano due genitori, molto turbati.
Il bambino ha probabilmente subito un tentativo di avvelenamento con il carramuni (in italiano Euforbia), una pianta velenosa molto diffusa nella zona, da essa si estrae un succo lattiginoso e altamente tossico.
Ad Adernò i bambini hanno avuto tutti gli stessi sintomi e sono stati dunque vittime non di un’epidemia o di altri eventi inspiegabili, ma di avvelenamento! Una volta riconosciuto e accertato questo, le indagini vengono svolte dalle autorità giudiziarie.
Si legge nel “Bollettino dei carabinieri reali” del 1895 che l’assassino «avrebbe certamente proseguito nell’efferata sua opera, se il sottufficiale sopra distinto, (il maresciallo Giovanni Colombo) comandante di quella stazione, avuto sentore degli svariati commenti, che correvano su tali morti, non fosse riuscito insieme al locale funzionario di pubblica sicurezza a scoprire i delitti e ad assicurare quella snaturata alla giustizia insieme ai suoi complici».
“Snaturata”: dunque colpevole degli omicidi è una donna! Il bambino sfuggito alla morte viene interrogato e racconta che una donna di Adernò, una certa Gaetana Stimoli, lo ha attirato nella sua casa, con parole gentili e con la promessa di offrirgli delle prelibatezze.
Il bambino ha mangiato delle paste e ha bevuto un vino dolce…ma, subito dopo aver lasciato la casa della Stimoli, è stato colto da dolori lancinanti e ha perso la facoltà di parlare.
Si è salvato per puro miracolo… I fatti sono chiari e il crimine evidente. Gaetana Stimoli e suo marito vengono subito arrestati: la stessa Stimoli e altri componenti della famiglia hanno una cattiva fama, perché dediti alla stregoneria.
La donna, all’arrivo delle forze dell’ordine in casa sua, comprendendo d’esser stata scoperta tenta di uccidersi, rivolgendo contro di sé i vetri aguzzi di una bottiglia rotta.
Viene fermata nel suo proposito e viene condotta in caserma. La folla di Adernò, inferocita, vuole farsi giustizia da sola e linciare la miserabile avvelenatrice, che viene trasportata segretamente nelle carceri di Catania.
La Stimoli, interrogata dal magistrato, cerca da principio di negare i suoi delitti, ma poi cede e finisce per fare una piena confessione, ammettendo di aver ucciso almeno 23 fanciullini.
"Sì!" afferma, senza mostrare un briciolo di pentimento: «Ho avvelenato io i bambini. Ventitré sono morti per mano mia e l’ultimo che è morto era mio nipote, l’unico figlio di mia sorella. Li odiavo tutti… e ho continuato il mio lavoro fino alla fine.
Tutti i figli di Adernò dovevano morire; li ho condannati io e le loro mamme dovevano soffrire come ho sofferto io!». La Stimoli aveva perso infatti due bambini, morti entrambi a poca distanza l’uno dall’altro, perché, a sentir lei, era stato lanciato su di loro un incantesimo.
«Erano stati strogati - dice la donna - Lo so perché me lo ha rivelato una strega». Era stato lanciato un incantesimo di sfortuna sui bambini, così dicevano i pettegolezzi.
«Solo una cosa mi poteva consolare - continua la Stimoli - la vendetta non solo sui colpevoli, ma su tutti quelli che erano felici e avevano accanto i propri figli!».
Per portare a compimento la sua folle vendetta la donna aveva scelto di fare ricorso al veleno: mescolando acido fosforico con il succo del carramuni, aveva creato un composto mortale, che spalmava sui dolci e mescolava al vino che poi offriva ai bambini di Adernò.
Quando incontrava un ragazzino, lo invitava a far merenda a casa sua, tentandolo con la promessa di dolci e altre squisitezze.
I poveri piccoli, per golosità, finivano sempre per accettare. Il rimorso non ha mai fermato la mano di Gaetana Stimoli, la mangiabambini, nel suo proposito di morte.
Si legge ancora nel Bollettino dei carabinieri reali del 1895: «Stimoli Gaetana impressionata per la morte di due suoi bambini, che per superstiziosa ignoranza attribuiva a qualche strega del vicinato, volle trarne vendetta e dal 5 Settembre all’8 Ottobre 1895, adescati con lusinghe dieci ragazzi del paese, colla complicità di altre sette persone, propinò loro sostanze velenose che determinarono la morte».
Negli interrogatori gli investigatori chiedono più volte a Gaetana dove sono sepolti i bambini scomparsi, lei indica le posizioni di solo 10 corpi, degli altri non viene trovata nessuna traccia. Insieme a lei e al marito vengono arrestate altre 7 persone, presunti complici in quell’orribile piano di morte dettato dalla superstizione e dall’ignoranza.
La tana della donna viene minuziosamente perquisita e si scopre un vero e proprio arsenale di stregoneria, fosforo compreso, mentre dall'autopsia delle innocenti vittime emergono chiaramente le prove di avvelenamento da acido fosforico.
Che ne fu di Gaetana Stimoli? Inizialmente l'accusa la ritenne mentalmente inferma ma la donna venne giudicata dai periti sana di mente e affrontò il processo.
Venne condannata a 30 anni di carcere. Oggi si racconta ad Adrano che dopo aver scontato la pena abbia vissuto altri 30 anni, mantenendosi con attività di cucito e di ricamo, apprese in galera.
Ci dispiace scrivere che non mostrò mai segni di rimorso per i suoi crimini, né mai si pentì.
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