STORIE
La locanda della fiction "Makari" esiste realmente: vi presentiamo la vera Marilù
È il ristorante in cui Saverio Lamanna ama andare. Nella fiction occupa gli incantevoli spazi della tonnara di Scopello, ecco in realtà dove si trova e chi è Marilù
Marilù Terrasi
E ha visto la locanda di Marilù, che nella fiction occupa gli incantevoli spazi della tonnara di Scopello, uno degli scorci più fotografati della Sicilia intera, con gli edifici antichi messi insieme ad arte, dirimpetto agli aspri faraglioni, come se già all'epoca della costruzione, nel XIII secolo, si pensasse di creare una cartolina per i posteri.
Non tutti sanno, però, che la “locanda di Marilù” esiste davvero, anche se non si trova a Scopello ma proprio a Macari. E in quella locanda, per molti anni, Gaetano Savatteri ha trascorso le sue vacanze, in compagnia della vera Marilù, una donna allegra ed energica proprio come quella eternata nelle pagine dei suoi libri e ora portata sugli schermi da Antonella Attili.
Marilù ha studiato tradizioni popolari e per molti anni ha girato l'Italia e il mondo con la sua compagnia di teatro, il Gruppo 5, creata insieme al compagno uruguayano Miguel Quenon per coniugare teatro d'avanguardia e arte popolare siciliana. Di quell'epoca porta addosso il piglio un po' teatrale con cui accoglie gli ospiti ma anche il gusto per le presentazioni curate dei piatti. Sì, perché Marilù, a Macari, ha scoperto l'amore per la cucina e lo ha fatto diventare la sua professione.
«Quando ci siamo trasferiti a vivere qui, col mio compagno abbiamo preso in affitto una villetta e, in estate, venivano a trovarci gli amici. Cucinavo per tutti e, alla fine del pasto, ci sedevamo a cantare e suonare. Ho capito che, dopo tanti anni di vita vagabonda, era questo che volevo, così ho messo la carriera teatrale da parte e ho iniziato a studiare per diventare cuoca. Di base avevo già una competenza familiare, per così dire, maturata attraverso generazioni di nonne, amiche e zie. I loro ricettari erano e sono un tesoro».
Per tante persone, Marilù è prima di tutto la “regina” del couscous, una pietanza che fa parte della tradizione trapanese più autentica e che per Marilù è un cavallo di battaglia, tanto da averlo portato anche in tournée all'estero, partendo dalla Sicilia carica di pentole e della irrinunciabile cuscussera. «Amo il couscous per la sua valenza e ricchezza gastronomica, ma anche perché è un piatto teatrale, sempre diverso eppure sempre identico a se stesso».
Nel ristorante del Pocho è un must, accompagnato con brodo di pesce, come da ricetta più classica, ma anche nella sua versione dolce. «I condimenti per il couscous, però, sono praticamente illimitati – puntualizza Marilù – e difatti, se non avevano il pesce, le cuoche trapanesi si facevano bastare qualche ciuffetto d'alghe, o magari cucinavano un bel brodo di lumache».
Chi lo desidera può imparare a prepararlo, iscrivendosi a uno dei corsi che Marilù tiene nella cucina del Pocho, spiegando come incocciare correttamente la semola e come cucinarla a vapore sigillando la pentola con la cuddura (e insegnando a preparare i cuddureddi che si davano ai bambini per ingannare il tempo dell'attesa prima di pranzo).
Nella sala d'ingresso del Pocho, una collezione di pupi siciliani rievoca il passato da cultrice delle tradizioni popolari e un po' ovunque ci sono foto e manifesti di vecchi spettacoli. Marilù si attarda volentieri a raccontare quegli anni, a soddisfare le curiosità degli ospiti in merito a questo o quel pupo. Ed è anche piena di consigli per chi vuole dedicarsi alla scoperta del territorio, a cominciare da questo pezzettino di provincia trapanese fra San Vito Lo Capo e il Monte Cofano. «La costa del golfo è splendida, con la sua successione di calette pietrose che, tranne che nei mesi più caldi, sono perlopiù poco frequentate. Si possono fare passeggiate gradevolissime lungo le pendici e su per il monte Cofano».
Finendo la giornata, naturalmente, davanti al tramonto sul golfo, dalla posizione privilegiata della terrazza del Pocho.
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