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L'orrore della guerra negli occhi di chi c'era: l'emozione di visitare il rifugio antiaereo

Sotto piazza Pretoria si trova uno dei rifugi antiaerei di Palermo: un piccolo labirinto sotterraneo che conserva l'atmosfera di terrore degli anni Quaranta

  • 26 gennaio 2019

Un corridoio del rifugio antiaereo sotto piazza Pretoria a Palermo

Per me l'unica ragione di consolazione nel visitare il rifugio antiaereo, situato al di sotto della fontana Pretoria di Palermo, è vedere la moltitudine di utenti in fila per visitarlo.

Ciò che infatti mi ha sempre destato preoccupazione è la perdita della memoria storica negli individui. Si dice che "un popolo senza memoria storica è come un albero senza radici" (il rifugio è visitabile sia in occadione della Giornata della Memoria che durante le manifestazioni Settimana della Cultura e Le vie dei Tesori).

Solo da queste radici può scaturire la speranza per il futuro. Soltanto dalle trascorse vicissitudini si può imparare, cercando di evitare gli errori commessi. Come quello che stava per farsi destinando questo luogo a deposito.

Visitando il rifugio antiaereo si può solo minimamente immaginare lo stato d'animo e fisico delle persone che durante l'ultima guerra mondiale furono costrette a ripararvisi.
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Non appena suonava alto il segnale di allerta aerei, ogni povero cristo abbandonava tutto e correva verso il rifugio.

Uno dei tanti in città, come si può notare dalle esposizioni fotografiche al suo interno. I rifugi erano ritenuti sicuri, ma in verità non lo erano affatto.

Quello di piazza Sett'angeli fu colpito ed avvenne una vera e propria strage (leggi la testimonianza della triste storia).

Probabilmente esistono ancora i resti delle persone decedute al di sotto della piazza, dove poi fu edificata una colonna a ricordo. Nel rifugio antiaereo di piazza Pretoria si accedeva da tre varchi dalla stessa piazza, ognuno accanto alle statue di marmo dei leoni.

Gli ingressi erano sagomati a zig zag, per evitare che eventuali colpi entrassero direttamente nel rifugio.

Dei sedili laterali consentivano alle persone di sedersi, ma a turno, perché il numero dei rifugiati era sempre di gran lunga superiore a quello della capienza prevista.

Il terrore la faceva da padrone, mancava l'aria e si racconta che tanti bambini nacquero in quei tempi nei rifugi antiaereo, per lo stress delle gestanti.

Questo ricovero era dotato di tre bagni, ma non tutti i rifugi avevano tale privilegio e tanti testimoni di questi drammatici eventi narrano della puzza di piscio che rendeva l'aria irrespirabile.

Un rubinetto in questi locali forniva l'acqua potabile ai presenti, che non sapevano quanto pregare e cosa aspettarsi. E intanto il rombo degli aerei e lo scoppio assordante e terribile delle bombe si sentiva fin laggiù.

Le schegge colpirono anche la chiesa di San Giuseppe dei Teatini, la fontana Pretoria, palazzo Bonocore e l'adiacente palazzo Guggino, i cui dolorosi segnali sono ancora visibili.

Solo la vita ebbero salva quei rifugiati: una volta terminati i bombardamenti (mi riferisco in particolare a quello lunghissimo ed esteso degli americani il 9 maggio del 1943), non riuscirono inizialmente neanche ad uscire dal rifugio perché gli ingressi erano occlusi dalle macerie.

Ai loro occhi, appena dopo, la visione terrificante di Palermo distrutta, di una città che non c'era più.

Il rifugio antiaereo apre alle visite in alcuni momenti dell'anno solo per determinate occasioni. Per maggiori informazioni, per organizzare delle visite scolastiche o per delle visite turistiche è possibile inviare una mail a historiapalermo@gmail.com o visitare il sito web Historia Palermo.
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