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L'assalto al castello di Poira: qui avvenne uno dei sequestri più misteriosi della Sicilia

Con questo video vi portiamo alla scoperta di un maniero dimenticato, dove al suo interno avvenne il famoso "sequestro Spitaleri", dall'epilogo molto strano

Balarm
La redazione
  • 25 dicembre 2022

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Tra i suoi ruderi avvenne uno dei sequestri più noti della storia siciliana: il cosiddetto "sequestro Spitaleri", dal nome del barone che ne fu vittima insieme alla sua famiglia. Con questo video realizzato da Enrico Cartia, vi portiamo nell'antico castello di Poira, nell'omonima contrada nella strada che conduce da Paternò a Centuripe.

Fu probabilmente edificato in età medievale sui resti di antico centro abitato dai Siculi. L'imponente complesso edilizio fu sede di una masseria sino alla fine del XX secolo.

In età moderna il castello fu residenza dei baroni Spitaleri di Adernò, proprietari del feudo di Poira. Qui alla fine dell'Ottocento si verificò il "sequestro Spitaleri" ad opera della Banda Maurina, un gruppo di briganti attivo nelle campagne del Catanese e del Messinese.

I membri della banda assaltarono il castello del barone Spitaleri, per la cui incolumità la banda chiese ed ottenne 50.000 lire. I briganti fecero comunque irruzione nel castello depredandolo, per poi fuggire.
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Come riporta lo studioso Giuseppe Pelleriti, qualche settimana dopo il sequestro, la banda maurina" cadde in una trappola mortale. Si salvò solo Melchiorre Candino, uno dei capi, in quanto quel giorno non era presente.
Le versioni dei fatti, raccontati qualche settimana dopo dai protagonisti rimasti in vita, furono due, completamente divergenti.
La prima sostenne che la banda fu annientata, per un regolamento di conti, in un duello tipo Western, sei contro sei.

«Ma, a seguito di una mia indagine attraverso libri e interviste a studiosi di storia locale a Cesarò, i fatti, molto probabilmente, si svolsero così - scrive Pelleriti - Il barone Spitaleri, che era stato Capitano di Giustizia e quindi uomo potente in questa zona di Sicilia, chiese aiuto alle autorità per sterminare quei malviventi spietati, che avevano osato violare a quel modo la sua casa. Della faccenda fu investito il Prefetto il quale propose a Francesco Leanza, allora amministratore del duca di Cesarò Giuseppe Colonna, un patto segreto».

L'accordo prevedeva uno scambio: la sua banda avrebbe dovuto sterminare i "maurini" in cambio di un salvacondotto per i loro reati. Leanza accettò e il patto fu sancito.

«I “maurini” - prosegue - furono invitati dai Leanza ad una “mangiata” tra uomini d’onore nel feudo di Sollazza. I Leanza aspettarono fino a quando non furono certi che gli ospiti avessero bevuto abbastanza vino (al quale era stato aggiunto oppio) per dare inizio alla "mattanza". Appena Francesco Leanza gridò la parola d’ordine “Sant'Antonio” si scatenò l’inferno: i sei briganti maurini presenti, furono sterminati. Dopo la strage, i Leanza caricarono i corpi senza vita dei "maurini" e andarono a scaricarli in un bosco, per sviare le indagini».
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