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L'aristocrazia di Palermo come in Inghilterra: chiacchiere e intrighi nelle "coffe house"

In questi luoghi realizzati nelle ville nobiliari siciliane si facevano pettegolezzi e si intessevano relazioni importanti e così nacquero le prime logge massoniche

  • 9 maggio 2020

Il dipinto "Concevrasione al caffè" di Giovanni Boldini del 1877

Tra la fine del XVIII secolo e tutto il secolo successivo, l’aristocrazia palermitana o “gattopardi”, conobbe il suo massimo splendore, oltre al lusso che sfoggiava nell’abbigliamento, nelle dimore e nelle carrozze, pensò di abbellire i parchi che contornavano le loro ville private dotandoli di padiglioni di delizia, corredandoli di mobile tipici delle sale da gioco, dei giardini di inverno o dei Circoli: nacquero i Coffee House. Il giardino all’inglese fu sostituito con quello paesaggistico, cinto da mura con alberi, stagni, isolette, collinette e radure.

La nobiltà si riuniva in questi luoghi freschi e riparati dal sole per degustare bevande, discutere, oppure giocare durante le loro giornate estive. Furono chiamati i più valenti architetti del tempo, anche europei, per realizzare costruzioni secondo il gusto dell’epoca o aggiungendo anche nuovi stili architettonici e nuove tecniche come “la falsa rovina”, i padiglioni romantici, neoclassici, cinesi, orientali (cinesi), neogotici, coniugando i loro gusti architettonici con quelli del committente.
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La moda dell’architettura “rovinistica”, fu sponsorizzata da Ippolito Pindemonte: si posizionavano le rovine architettoniche originali o ricostruite, inserendo insieme la pietra, l’erba ed il muschio. Esempi tipici si possono ancora riscontrare a Villa Igiea oppure a Villa Giulia, quest’ultimo fu uno dei primi esempi di giardini pubblici d’Europa, realizzato dal Senato di Palermo nel 1777, su progetto di Nicolò Palma.

La giornata giornaliera della villeggiatura degli aristocratici era composta dalle ore dedicate ai pasti, alla Santa Messa, alle passeggiate, alla letture nelle piccole biblioteche, giochi di società, il rito del the, l’ascolto di piccoli concerti, i discorsi politici e gli incontri amorosi clandestini che avvenivano nei luoghi appartati, sparsi lungo i viali del parco.

Tra i più belli ed articolati Coffee House di Palermo ricordiamo quello della Palazzina Cinese, affidato a Giuseppe Venanzio Marvuglia, che fu impiantato in prossimità delle falde di monte Pellegrino. Egli tracciò ampi ed articolati viali destinati alla caccia, realizzò le scuderie reali e le due torri neogotiche di pianta dodecagonale poste ai lati delle scuderie utilizzate anche come luoghi di ristoro durante le battute di caccia e come alcove d’amore dove il Re incontrava le amanti; il Caffè House Villa Belmonte all’Acquasanta (oggi scomparso), realizzato da Emanuele Marvuglia, figlio di Venanzio.

Nella Piana dei Colli, sorse la villa ed il Coffee House dei principi di Resuttano e quella dei Valguarnera: erano ricchi di acqua, di ornamenti, di giardini, flora e boschetti. Incantevole era il Coffee House di villa De Gregorio nella contrada Petrazzi (Uditore): a Mezzomorreale, c’era il Coffee House di Villa Tasca, della principessa Beatrice Lanza Branciforti principessa di Scordia e del marito Lucio Mastrogiovanni Tasca conte di Almerita.

Altre ville importanti sorsero a Bagheria dopo il trasferimento della corte del Principe Giuseppe Branciforte di Pietraperzia, avvenuto nel 1658. Anche qui furono impiantati bellissimi Coffee House.

Alcune di queste ville furono costruite nuove o furono modificati gli antichi bagli rurali che avevano la particolarità di svilupparsi intorno ad una corte chiusa quadrangolare, con un solo accesso attraverso un grande portale, contornate da grandi e lussureggianti giardini ove si impiantarono colonnati, logge, portici, sculture, fontane, laghetti, terrazze cinte da balaustre e luoghi di sosta “a tema”.

Agli inizi del XIX secolo, nella contrada Olivuzza, il duca Diego Pignatelli Monteleone ed del figlio Ettore, impiantarono un Coffee House adiacentemente al Palazzo della Zisa, aggiungendo costruzioni con allegorie della simbologia massonica, la piramide, il tempio di ordine ionico a pianta rettangolare, la montagnola artificiale, l’osservatorio ottagonale con la cupola riconducibile al vicino Palazzo della Zisa ed il tempietto rettangolare neoclassico dedicato.

Nella stessa zona sorse la villa ed il parco personale che Caterina Branciforte, principessa di Butera, edificati tra il 1818 e il 1831, con un tempietto circolare sopra una collinetta artificiale visibile dalla piazza principe di Camporeale. Ad esso si accedeva da un portico loggiato neoclassico. Questo parco fu distrutto dapprima parzialmente con la costruzione del complesso del villino Florio e poi definitivamente a causa della costruzione dell’odierna via G:Oberdan, del viale Regina Margherita e dei palazzi che sorsero sul luogo.

All’interno di questi padiglioni dei Coffee House, sorsero le prime logge massoniche ufficiali. In quelli ancora visibili, si nota la simbologia massonica del tempo: la montagna o le torri di stile gotico rappresentavano l’ascesa dei gradi massonici, i laghetti con i ponti che collegavano due rive, narravano i due stati dell’essere umano, il tempio rotondo neo- palladiano, raffigurava il tempio di Salomone, simbolo di saggezza ed equilibrio.

Oggi, poco rimane di questi giardini meravigliosi. A partire dalla prima metà del XX secolo, la speculazione edilizia le ha cancellate.
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