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L'amore è nell'aria e la "mummiata" dietro l'angolo: prove (tecniche) di flirt in Sicilia

In questi periodi la maggior parte delle attenzioni su chi già ha un rapporto più o meno stabile, trascurando chi invece gli "approcci" dell'ultimo minuto. Ecco quali

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 14 febbraio 2025

Love is in the air! Cuoricini ovunque, copiose quantità di frasi talmente dolci che se un ci viene u zuccaro auto nu sangu è fortuna, tenerezza unnegghiè che i cristiani si fridduliano con un grissino (questa possono capirla solo gli alta ricordando una certa pubblicità) e file di innamorati davanti ai negozi.

Pare che anche la persona con il cuore più di pietra diventi dolce come un orsetto del cuore (rincoglionito) all’avvicinarsi del 14 febbraio, il famoso, o meglio famigerato, San Valentino, ovvero la festa, come si diceva ai tempi a scuola, di ogni cretino. Cretino non tanto perché si innamora e vuole esternare i propri sentimenti, ma perché si cade inevitabilmente nella trappola del merchandising del cuore.

Ad ogni angolo spuntano bancarelle con palloncini e pupazzetti, e i bar si riempiono di oggetti a tema.

Tanto per dirne una, alcuni giorni fa, mentre con un collega consumavo, in pausa, un sacrosanto caffè e un’iris fritta smezzata, la pausa dei campioni, vedo entrare stu picciuttieddu tutto molleggiato ca pareva na lapa con gli ammortizzatori scarichi, occhiali fumè alla Briatore che gli prendevano ¾ di viso, cappello stile baseball appuiato in testa con pataccone dorato sulla visiera e sigaretta elettronica modello magnum, tutto bello a tipo “sugnu u megghiu i tutti, un veru masculazzu”.
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Rivolgedosi con aria di sufficienza a Mariano, il nostro barista di fiducia, fa «Maè… quanto viene quello?», indicando un mostruoso orsetto di peluche dell’altezza approssimativa di 70 cm, con pelliccia color rosa, cuscinetti fantasia Tartan bianco e azzurrino, completato da un colletto di pizzo In vera plastica 100% autocombustibile.

Abbracciava una complessa decorazione in cui vi era un cuore rosso carminio in cui presumibilmente andava alloggiata la foto della donna/uomo oggetto del desiderio, contornato da una corona di rose, le quali ospitavano sulla corolla uno di quei tipici cioccolatini di questo periodo, che non ho idea di quanti operai cinesi ci sono voluti per fabbricarlo, ma sicuramente serviva affittare almeno un Fiorino per portarlo via in sicurezza, mentre il masculazzo era arrivato con uno di quegli odiosi scooter elettrici.

Mariano a sto punto alza un sopracciglio, «ncà… ma lo vuoi che dice "i love you" premendogli il pulsante rarriere o normale?»,«ma chi stai cuntannu? Ava a dire tutte cuose, che io a fari fiura, che appena c’ho porto a Sharon minimo minimo ava abbanniare a tutta a zona che addiventò a me zita!».

Tralasciando il costo esorbitante di questo ammasso di stoffa e plastica di cui l’unica cosa i pigghiari erano i cioccolatini, ho presunto che “Sharon” non fosse ancora zitata cu masculazzu, e quel trofeo destinato a raccogliere polvere ed acari era con tutta probabilità la mossa finale per farla capitolare al termine di un laborioso corteggiamento.

Ognuno corteggia e conquista come gli aggrada di più, sempre nel massimo rispetto reciproco, però ho riflettuto sul fatto che in questi periodi la maggior parte delle attenzioni cade, inevitabilmente, su chi già ha un rapporto più o meno stabile, trascurando chi invece si approccia alla conoscenza ed eventuale frequentazione, e di conseguenza alcune delle più "ruspanti" tecniche di abbordaggio.

Il "risucchio": al pari del cervo rosso che, nella stagione degli amori, emette barriti udibili a lunga distanza, "l’arrapatus siculus masculus", pronunciando le labbra nella tipica conformazione a "culo di gallina" emette un suono dovuto al risucchio nella cavità orale di una discreta quantità di aria a velocità sostenuta, ed il tipico suono che ne deriva dovrebbe rendere mortalmente irresistibile il corteggiatore agli occhi della corteggiata.

Il risucchio spesso si accompagna anche ad un successivo, sommesso, fischio o ad uno schiocco della lingua contro il palato a tipo pipistrelli. Per rafforzare l’effetto seducente del richiamo si usano anche frasi del tipo "talia chi c’è duoco…", “sangu mio ca ti facissi…”, o ancora “mariaaaa ni facissi minnitta!!”, al fine di rendere esplicita l’irresistibile attrazione.

Non sempre il richiamo ottiene l’effetto desiderato, anzi, quindi il masculazzo, preso atto dell’ inefficacia della sua azione, e non riuscendosi minimamente a spiegare come sia potuto accadere, comincia a murmuriarisi con gli amici.

Dannato femminismo! Gioia, t’ha puzzu offriri na cosa ruci pa vucca?: il mondo celato dietro questa esclamazione indica un livello cognitivo decisamente complesso.

Si possono cogliere stralci di galanteria, altruismo, sottili doppi sensi, malizia e profondo erotismo, tutti capaci di trovare un perfetto equilibrio all’ interno dello stesso spazio sintattico.

Ad un primo, ingenuo, ascolto, potrebbe sembrare solo un modo per “offririci un cottel”, ma il masculazzo con un minimo di scagghiuna sa già che presumibilmente, se lei assentirà, potrebbe esserci una remota possibilità che la serata finisca in modo alquanto piacevole.

Molto più prosaicamente la risposta sarà «va ofriccilo a to suoro!”, o, nella migliore delle ipotesi, un atteggiamento di considerazione pari a quello che si potrebbe rivolgere ad una deiezione canina.

Chiaramente il masculazzu comincerà a murmiriarisi con gli amici, poiché, dato che lei non è capitolata ai suoi piedi dopo tale arguta frase, vuol dire che è sicuramente frigida oppure cerca solo quello chi piccioli.

Minchia sangù, vuol dire tutta l’illuminazione ca manca in Paliemmu è tutta na to occhi: diciamocelo chiaro, se io fossi donna, al sentirmi rivolgere questa frase mi sentirei travolgere dal sentimento con una timpulata in piena faccia.

Questa, in apparenza semplice, frase indica un animo nobile, romantico, capace di paragoni accessibili a pochi, ma, al contempo, anche una celata preoccupazione per le condizioni in cui versa la città che accoglie l’amore del masculazzo, un insperato senso civico che comprende che nella propria città, la stessa che ospita colei che potrebbe divenire la sua compagna di vita, è palese la mancanza di un servizio essenziale come l’illuminazione pubblica, ma il destino aureo ha voluto che ci vivesse lei, capace, con il suo sguardo di illuminare i più bui anfratti, trasformando questa nostrana SinCity in Asgard.

Se non è poesia questa non so davvero cosa vi aspettiate… Giò ma fai l’assicurazione? Si nu schianto!: Machiavelli scansati! Si nuddu mischiato cu niente! Cogliere il complesso e strutturato ragionamento annesso al gioco di parole di questa frase non è cosa da poco, soprattutto in una città dove le collisioni automobilistiche sono frequenti.

Una dose di umorismo all’ interno di una schema valenziale che dovrebbe lasciare senza parole! Amore… ma che su biedde… ma s accarne o a burro? (spesso detto ad una ragazza particolarmente prosperosa): simpatia, arguzia e cucina fanno della Sicilia e dei suoi abitanti quello che sono.

Il masculazzu riesce a unire queste tre caratteristiche in un’unica e completa frase con il solo scopo di rendere il giusto onore e considerazione alle curve prorompenti di un eccelso dècolletè.

Qui l’apprezzamento è due in uno. Due sono i meravigliosi “gusti” di una delle pietanze più buone e famose della Sicilia, e due sono le abbondanti caratteristiche femminili che ammaliano il masculazzo.

Talia chi c’è duoco… pare un quadro i picazzo! (spesso detto ad una ragazza con un mirabile fondoschiena): attenzione. Non è escluso che buona parte di coloro che utilizzano tale approccio sia realmente convinto che il grande artista abbia la doppia Z al posto della doppia S, pur tuttavia l’ intento non viene meno.

Il paragone tra un eccelso ed ammaliante deretano femminile (o maschile) ed un dipinto del maestro è evidente, entrambe sono pregiate opere d’arte capaci di creare nel masculazzu lo stesso effetto di una sindrome di Stendhal dinanzi ad un’opera di Caravaggio.

A volte la storpiatura del cognome del maestro è voluta, evidenziando una certa dose di "raffinata" e "volatile" malizia sicula. Si potrebbe continuare ad oltranza, ma non basterebbero i tre tomi del Signore degli anelli, per cui buon San valentino masculazzi!
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