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In Sicilia c'è uno dei vulcani più studiati: il primo (al mondo) con un "gemello digitale"

Sarà il primo vulcano completamente digitalizzato del mondo, "battendo" sul tempo molti altri vulcani rinomati come il Vesuvio, il monte Fuji o il temibile Marsili

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 27 giugno 2024

L'Etna

L’Etna è uno dei vulcani meglio studiati del mondo. Viene monitorato costantemente da diversi sensori e strumenti collegati direttamente al centro operativo dell’INGV di Catania e sono centinaia gli scienziati che annualmente visitano le sue pendici per esplorarne i segreti e la storia.

Recentemente però alcuni ricercatori dell’INGV hanno deciso di realizzare un nuovo importante strumento che possa migliorare gli studi relativi al vulcano.

Un modello completamente digitale dell’Etna, che permetterà di svelare molte delle sue dinamiche interne, le stesse che poi provocano le eruzioni e i terremoti.

Questa è la prima volta che gli scienziati stanno cercando di produrre un intero vulcano "digitale", fornendo alla ricerca un nuovo strumento in grado di superare i limiti tecnici imposti dalla natura.

Fino a questo momento, infatti, i geologi non avevano alcun modo di osservare in diretta i fenomeni che si verificano all’interno di una camera magmatica, ma tramite questo modello ciò sarà reso possibile, grazie alla potenza di calcolo degli strumenti informatici.
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La realizzazione di questo "gemello digitale dell’Etna" – come ha cominciato a definirlo parte della stampa – è uno degli obiettivi principali del progetto europeo Horizon Dt-Geo (sigla di Digital Twin for Geophysical Extremes), che a sua volta è una costola molto importante del progetto internazionale Destination Earth, il cui scopo finale è quello di realizzare un modello completo della superficie e della crosta della Terra.

Uno strumento che promette di essere molto importante per il futuro, poiché non solo ci permetterà di conoscere meglio i fenomeni geologici che causano buona parte dei disastri naturali, ma anche di prevenire in parte l’insorgenza dei pericoli più grossi e di simulare gli effetti del cambiamento climatico.

Il budget finanziato per realizzare questo modello virtuale dell’Etna è di 12 milioni di euro, mentre il progetto sta interessando anche i ricercatori di altre sedi dell’INGV, oltre quella di Catania, tra cui quello di Pisa, Napoli e Bologna.

Collaborano al progetto anche diverse università italiane e il Cineca, che sta ampliando il sistema di calcolo utilizzato dai ricercatori per modellare i fenomeni che è possibile osservare durante un’eruzione.

«L’obiettivo è scoprire la distribuzione delle forze all’interno del vulcano e dove saranno le bocche eruttive, misurando la deformazione e la variazione di pendenza del suolo attraverso Gps, dati satellitari e sensori» ha spiegato Flavio Cannavò, ricercatore dell’INGV di Catania e tra i principali ricercatori impegnati nella realizzazione del modello.

Per ottenerlo in breve tempo, gli scienziati stanno anche utilizzando nuovi software, basati sull’intelligenza artificiale, a dimostrazione che questa tecnologia – sempre più spesso disprezzata e demonizzata dalla stampa e dai social – può risultare comunque molto utile, in diversi progetti scientifici.

Ovviamente, prima di avere a disposizione un simulatore completo dell’Etna dovranno passare ancora alcuni anni, spesi nell’inserire tutte le informazioni che abbiamo a disposizione relative alla sua struttura, composizione chimica, al suo comportamento e agli effetti che producono la sua lava e le sue ceneri sulla terraferma come in atmosfera.

Tuttavia, fa una certa impressione sapere che l’Etna sarà il primo vulcano completamente digitalizzato del mondo, battendo molti altri vulcani rinomati come il Vesuvio, il monte Fuji o il temibile Marsili.

Da sottolineare poi come le scoperte compiute realizzando questo modello saranno molto utili anche per prevedere gli effetti delle ceneri e delle polveri sul traffico aereo, di modo da allertare gli aeroporti quando nubi di materiale vulcanico rischiano d’impattare con gli aerei in volo.

«Anche lo studio relativo al gas emesso naturalmente dai vulcani può dimostrarsi molto utile» chiariscono dall’INGV. «Secondo alcune teorie ancora da dimostrare, misurando costantemente l’emissione di anidride solforosa potremmo seguire lo spostamento o l’emersione del magma all’interno del vulcano».
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