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In questo bastione curavano gli "Infetti": storie straordinarie di un giardino segreto di Catania

Miracolosamente risparmiato dall’euforia edilizia degli ultimi decenni, mimetizzato da un fitto ricamo di casupole fatiscenti, il Bastione non abbandona la sua missione dedicandosi fiero alla difesa del suo quartiere

  • 16 giugno 2022

Il Bastione degli Infetti a Catania

Miracolosamente risparmiato dall’euforia edilizia, disordinata, degli ultimi decenni, mimetizzato da un fitto ricamo di caparbie casupole fatiscenti, il Bastione non abbandona la sua missione. Si dedica fiero alla difesa del suo quartiere, anzi si difendono a vicenda. Un giardino segreto, a tanti sconosciuto, si rivela, una volta penetrate le spesse mura, costruite in blocchi lavici appena sbozzati, e ci sorprende. Circondati da fiori di campo e dal cammino di ronda, possiamo provare a socchiudere gli occhi al sole e a far svanire, con la nostra immaginazione, gli alti palazzi che ci stanno di fronte.

Poi, il ronzio acuto di un motorino, che curva veloce sulla strada, fuori le mura, l’odore pungente della carne di carne di cavallo che sfrigola e il fumo, che si alza dalle griglie e ci raggiunge, ci riportano alla realtà. Da valorosi soldati, decisi a non indietreggiare davanti a possibili invasori in agguato, pronti a resistere all’artiglieria, scopo originario e fondamentale di queste antiche fortificazioni, torniamo ad essere occasionali visitatori.
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Oggi siamo passeggiatori per le vie dell’Antico Corso, U Cussu per i catanesi, e, quasi per caso, seguendo un gatto randagio, siamo entrati nel Bastione degli Infetti. Il nome “Antico” della strada, per distinguerlo dall’attuale via Vittorio Emanuele II, in passato chiamata il “Corso”, racconta la storia di quella Via Appia catanese, che dal colle di Montevergine, dal quale l’Acropoli greca dominava la città, portava alle zone di sepoltura, fuori dalle mura. Proprio qui, dove una volta, secondo Cicerone, sorgeva il tempio di Cerere, le possenti mura di Carlo V proteggevano la città e ne segnavano il limitare.

Come molti centri abitati del passato, Catania fu, almeno fino a un certo momento storico, quasi sempre cinta da mura: la fortificazione che la proteggeva veniva spesso modificata e riedificata, ma l’area occupata dalla città restava più o meno immutata. L’ultima opera di ricostruzione e ammodernamento delle mura di città, risale appunto al sedicesimo secolo, quando la Sicilia faceva parte del vasto impero di Carlo V. Del progetto fu incaricato l’esperto architetto Antonio Ferramolino (noto anche come Sferrandino da Bergamo) e, presto, la città si trovò circondata da nuove mura, spesse, con la base a scarpa, proprio per resistere alle nuove armi (l’artiglieria). Lungo il perimetro, sette porte garantivano l’accesso e undici bastioni promettevano il contrattacco, se necessario.

I bastioni, infatti, erano imponenti sporgenze agli angoli delle mura che, all’’occorrenza, avrebbero permesso di proteggere meglio le cortine. Questa grandiosa fabbrica difensiva, che circondava Catania, è ormai scomparsa quasi completamente, sventrata, coperta e riciclata. Non furono le catastrofi naturali del diciassettesimo secolo (l’eruzione del 1669 e il terremoto del 1693) a distruggere le mura, le imponenti pareti di basalto tennero infatti testa ai vigorosi capricci della natura, quanto la successiva ricostruzione della città. Sopravvivono soltanto pochi scorci, irriconoscibili, di porte e bastioni, ad eccezione del Bastione degli Infetti, unica testimonianza, ancora in parte integra, di quel passato.

Il nome attuale si riferisce all’utilizzo di quella zona di città, in particolare del Bastione e della vicina Torre del Vescovo, come lazzaretto: durante l’epidemia di peste del 1576, gli uomini catanesi infetti vennero infatti accuditi proprio qui. Il Bastione è stato riscoperto solo da qualche decennio, reso accessibile e fruibile soprattutto grazie all’impegno del Comitato Popolare Antico Corso (nato nel 2000) e di altre associazioni. Sono state tante le iniziative del Comitato che hanno tentato, in questi anni, di raccontare la storia del monumento, soprattutto agli abitanti del quartiere.

Conoscere il valore storico del posto in cui si abita può aiutare a rafforzare il senso di comunità, a volte troppo debole per aspirare alla dovuta rivalutazione, o per pretenderla. In questo caso la speranza è che l’educazione, l’avvicinamento del quartiere alla sua storia, attraverso il Bastione, che ne è prezioso testimone, possa agevolare la coesione sociale. Può nascere così anche quel sentimento di orgoglio, che ci spinge a tutelare il nostro presente, oltre che il nostro passato. Quest’angolo incredibilmente tranquillo, in una zona spesso troppo caotica, si è trasformato inoltre in uno spazio verde essenziale.

Elvira, del Comitato Popolare Antico Corso, racconta per esempio di come, durante i primi mesi di lockdown, in tanti, tra i residenti, abbiano riscoperto l’importanza di questo luogo, e non è difficile immaginarlo. Il Bastione degli Infetti è stato candidato più di una volta come “Luogo del Cuore”, per il censimento del Fai (nel 2014 e nel 2016), l’obiettivo è stato quello di tenere vivo l’interesse, assicurarsi che il Bastione non potesse più rischiare di venire, ancora una volta, dimenticato. Oggi sono tanti i progetti, questo tratto delle nostre antiche mura fa spesso da scenario a iniziative culturali, di vario genere, che coinvolgono le scuole vicine (di recente il Liceo Classico Statale Nicola Spedalieri), i visitatori occasionali, ma soprattutto gli abitanti, vecchi e nuovi, dell’Antico Corso.

Così il quartiere si trasforma in fortezza per la fortezza, in bastione a guardia del suo Bastione, in una città ancora, purtroppo, da difendere.
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