STORIE
Il suo primo violino a 10 anni: Daniele lascia la Sicilia per diventare direttore d'orchestra
Fa il musicista di professione da quando aveva 18 anni. Oggi, a soli 26 anni, studia direzione di orchestra a Detmold, in Germania. Vi raccontiamo la storia di Daniele
Daniele Costa
I concerti dell’orchestra sinfonica sono stati un appuntamento regolare per la famiglia. Daniele a 6-7 anni cominciava a studiare pianoforte, a dodici entrava in conservatorio e a venti iniziava a suonare il violino.
Dall’età di 17-18 anni Daniele fa il musicista di professione: ha suonato da solista a Roma e Varsavia, poi in quartetto e orchestra presso i teatri antichi di Taormina e Siracusa. Oggi, all’età di 26 anni, studia direzione di orchestra.
«Mi piace l’idea di organizzare la bellezza» spiega. L’incontro con Daniele avviene al Gammazita, in piazza Federico di Svevia, a Catania. Di fronte al Castello Ursino è tempo di carnevale sociale: pirati e bambini danzano in tondo mentre Zeina serve i suoi piatti senegalesi.
Porta con sé la leggerezza di chi torna a casa. Fisico asciutto, barbetta, occhiali e sguardo mite. È dubbioso rispetto all’intervista, e sorpreso: «Mi sembra di correre un po’ troppo, ho ancora da imparare».
Rassicurato da una promessa di sobrietà nello scrivere, continua a raccontare del proprio vissuto musicale e consegna un altro ricordo: «A dieci anni vidi in televisione i Wiener Philharmoniker (l’orchestra filarmonica di Vienna) e chiesi ai miei genitori il mio primo violino. Ma già con il pianoforte mi era chiaro che volevo fare il musicista di professione. Però volevo suonare in orchestra, con gli altri. La musica è un momento sociale, di condivisione.
La vita solitaria del pianista classico non faceva per me». In conservatorio, studiando violino, matura un nuovo proposito: «In classe, suonando in quartetto, ho compreso il senso del concertare. Così è iniziato il mio interesse per la direzione».
Nel frattempo, dopo la laurea in lettere moderne, cercava nuovi stimoli. Ha ricevuto tanto dai suoi maestri catanesi, ma per studiare direzione doveva lasciare la Sicilia. A Saluzzo (Cuneo) ha frequentato per tre anni la Scuola Apm, Alto perfezionamento musicale, e le lezioni di Donato Renzetti, «il maestro di tutti i maestri», fino al diploma.
Infine la Germania. Da qualche mese Daniele studia direzione di orchestra all’università di Detmold (nella Repubblica federale, spiega, i conservatori sono facoltà universitarie). Non credeva che avrebbe lasciato la Sicilia, in un primo momento, né l’Italia.
«In Germania ho scoperto una nuova prospettiva per la musica lirica» racconta nel mezzo della festa. «È opinione diffusa che il nostro paese sia la patria della lirica e la Germania quella della musica sinfonica. Per me è stato il contrario. Adesso che ho approfondito il genere lirico, comprendo la complessità di drammaturgia e lirica, l’interazione tra testo e note, due elementi che non sempre coincidono. A volte – e su questo sto lavorando tantissimo – la musica può smentire quello che accade in scena».
Cosa vuol dire dirigere un’orchestra, cosa si prova o, perlomeno, come lo intende un giovane direttore?
«Per me, e non soltanto per me ma in molte parti del mondo, il ruolo del direttore è quello di coordinare e permettere ai musicisti di esprimersi. Tutto parte dall’ascolto. Non si tratta di dire alle persone cosa devono fare, ma di permettere all’orchestra di raggiungere il massimo potenziale».
Daniele s’ispira a un’idea moderna e antiautoritaria della direzione: «Il direttore deve avere carisma, autorevolezza ma non autoritarismo, non deve imporre la sua visione. Il direttore di orchestra è il garante del rispetto della partitura». E aggiunge: «S’impara di più a stare sul podio che in qualunque altro contesto musicale». Prima ancora di partire per Detmold, Daniele si era misurato con l’esperienza della direzione nei teatri siciliani e piemontesi.
«Quando sei alle prime armi sei sopraffatto dalla mole del suono. Poi hai l’impressione di poter gestire quel che sta avvenendo: è lì che avviene la magia. E non parlo solo del suono, ma della gestualità. La direzione è una conversazione tra la mia gestualità e quella dei musicisti. Non c’è un linguaggio codificato nel modo di dirigere un’orchestra. Devi capire quando gestire e quando no. Una delle cose che mi piace di più è questo dialogo effimero ma estremamente significativo tra te e i musicisti, una comunicazione senza il bisogno di parole che è il fare musica insieme».
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