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Il mistero di Machanath, "regina di Sicilia": il nome di Palermo (che non conosci)

Vi parliamo di uno dei nomi più antichi e poco noti della città. Trovato su alcune monete di epoca romano-punica, gli sono stati attribuiti più origini e significati

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 24 settembre 2024

Palermo

Mi sono sempre chiesto come mai una città storicamente fondata dai Fenici abbia tramandato un nome di battesimo greco: Panormos. Sappiamo che i greci con il termine Panormos "tutto porto" non indicavano semplicemente la città di Palermo, bensì tutti quei luoghi di grande estensione costiera ove era possibile un attracco facilitato delle navi.

L'estensione della Panormos siciliana andava da Solus (Solunto) a portus Galli (capo Gallo). Insomma, di Panormos ne esistevano diverse, quindi il nome descriveva più una caratteristica pratica della città che una peculiarità fisica. I Greci evidentemente furono più pragmatici dei Fenici nel battezzare la nostra città. Stranamente questi ultimi furono più poetici chiamandola Sys, "fiore".

Non essendoci pervenute testimonianze bibliografiche certe del nome originario di Palermo, aldilà del greco Panormos, per quanto concerne il nome di battesimo fenicio è stata presa in considerazione la numismatica locale. Cioè, attraverso le monete, che secondo tradizione sarebbero state coniate o battute a Palermo, è stato tramandato il nome fenicio Sys o Zyz. Tale nome, infatti, è riscontrabile in diverse monete insieme a quello greco Panormos, dacché è stata tramandata l'idea che i due nomi fossero l'uno la traduzione dell'altro, cioè che corrispondessero nell'identificare la medesima città, Palermo.
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Tra le monete di epoca romano-punica attribuite alla città di Palermo ne compaiono alcune che riportano altri nomi poco chiari e poco noti. Ad esempio Machanath, ovvero "l'accampamento" o "campo fortificato" e Machoshbin "campo dei tessitori di stoffe variopinte". Le monete che riportano il nome Machanat sono state attribuite a Cartagine, ma probabilmente vennero battute a Palermo.

Presentavano nel dritto una testa femminina (Aretusa?) e nel verso un leone davanti ad una palma. A primo acchito il nome Machanat sembrerebbe non dirci nulla, e per di più molti studiosi ritengono che non abbia molto a che fare con la città di Palermo. Potrebbe darsi. Ma Proviamo a vedere in quale direzione ci porta questa particolare parola.

In una vecchia guida della città del 1911 si legge: «A Palermo per antica tradizione fu attribuita una grande serie di monete punico-sicule, segnate con la leggenda Mahannat, rivaleggianti per bellezza di arte con le bellissime siracusane; e questa attribuzione era fondata che una serie così ricca doveva per necessità appartenere alla principale fra le città cartaginesi della Sicilia.

Quella credenza è stata di poi abbandonata dal suo principale sostenitore il dotto Gregorio Ugdulena; sicché a Palermo fenicia possono solo attribuirsi con qualche certezza, [...] le monete con la scritta tzitz che sarebbe il nome fenicio della nostra città tanto vanamente cercato».

Fin qui nulla di nuovo sotto il sole. Però, la parola Machanat, forse, ancora qualcosa può dirci. Intanto potrebbe avere origini ebraiche e derivare dalla parola Mahanahim "due accampamenti", inoltre ci è stata tramandata con alcune varianti, così che abbiamo anche Mahanath e am machanat "la gente del campo".

Nell'Ottocento circolava la teoria secondo la quale la leggenda "Machanath" fosse riportata esclusivamente sulle monete usate dai militari, ovvero, "la gente del campo". Successivamente, a causa delle scarse testimonianze e di pochissimi esemplari di monete ritrovate non proprio all'interno della città di Palermo ma nei suoi dintorni, l'accostamento tra la leggenda Machanath e Palermo venne abbandonato dagli studiosi.

Tuttavia, sempre nel XIX secolo, è stato ritrovato un testo di epoca medievale scritto in arabo. Si tratta di un'opera letteraria dal titolo "L'ultimo de' trovatori arabi in Sicilia". Nel manoscritto la città di Palermo, luogo in cui è ambientata l'opera, è chiamata solo col nome Machanat e intesa come «regina della bella Sicilia».

Dunque, non è per nulla esaurita la ricerca dell'originario nome fenicio di Palermo e con essa l'origine della nostra storia. Ma volendo fantasticare ancora un po', aggiungo altre due semplici curiosità.

La prima volta che lessi la parola Machanath in riferimento a Palermo mi venne in mente la parola più nota di Manhattan. Sì, proprio l'isola americana. Ovviamente stiamo parlando di due emisferi linguistici e geografici completamente agli antipodi. Che cosa possono avere in comune i Fenici con le Americhe? Nulla.

Eppure nel 1878 lo strano ritrovamento in Brasile di una pietra dai caratteri fenici mise momentaneamente a soqquadro le convinzioni degli studiosi. Successivamente questo "sconvolgente" ritrovamento fu minimizzato e smentito dagli storici e da altri scettici studiosi, i quali appurarono che tale falso ritrovamento aveva il solo obbiettivo di dimostrare che l'America era stata scoperta prima di Cristoforo Colombo e opposero che della pietra ritrovata fu pubblicato solo un disegno che la raffigurasse e mai la fotografia. Nonostante le smentite, ancora oggi qualche studioso crede nell'autenticità dei ritrovamenti fenici in Brasile.

Ritornando, infine, alla parola "Manhattan", se ne si legge l'etimologia, si può scoprire che «deriva da Mannahatta, parola appartenente alla lingua degli indiani Lenape, antichi abitanti del luogo, che significa "isola dalla molte colline". Gli indiani avrebbero anche potuto chiamarla, asserisce Marguerite Hollaway in The Measure of Manhattan, "isola dai molti ruscelli"».

Anche Palermo-Machanat potrebbe essere stata descritta come "l'isola dalle molte colline" o "l'isola dai molti ruscelli", in fondo se mettiamo a confronto le mappe di Palermo antica, ricostruite nel XVII secolo grazie alle cronache dei viaggiatori arabi del medioevo, con l'isola di Manhattan potrebbe esserci geograficamente una certa somiglianza.

Peccato che fantasticare non voglia dire scoprire.

Infine la parola Machanath, sempre foneticamente, mi ricorda qanat, un'altra parola di origine araba o meglio di possibile origine persiana, come mi suggerisce il mio amico Daniele Sicari, professore di Storia e istituzioni del Mondo arabo e islamico dell'Università di Palermo. Qanat è traducibile con la parola italiana "canale" o "corso d'acqua".

Che Palermo per i Fenici fosse da identificare come un luogo dove accamparsi con un grande corso d'acqua? Chissà, forse un giorno lo scopriremo, intanto sognare non costa nulla.

(Per approfondimenti confronta "History of Phoenicia" di George Rawlinson, 1889, pag. 114; "Archivio storico siciliano", Nuova Serie, Anno IV, Fasc. I-II, 1879, pag. 424; "Monumenti antichi inediti posseduti da Raffaele Barone negoziante di antichità" di Giulio Minervi, 1850, pag. 95 e seg.; "Scripturae linguaeque phoeniciae" di Friedrich Wilhelm Gesenius, 1837, pag. 288 e seg.; "I Siculi: ricerca di una civiltà italiana anteriore alla greca" di Rosario Salvo di Pietraganzili, 1887, pag. 208; "Enigmi dal passato, Fenici nelle Americhe?" di Angelo Pinci, 2005; "Viaggi e commerci Fenici, il sorgere di Palermo" di Ida Tamburello, 2004, pag 19 e seg.).
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