STORIE
Il gelso e la tragica storia d'amore che il frutto nasconde: il mito di Piramo e Tisbe
Come Romeo e Giulietta, parliamo di un amore finito in tragedia. Dopo aver letto questa storia, mangiare il dolce gelso o anche la mitica granita siciliana, sarà diverso
I gelsi di Sicilia
Di amore e di sangue vi racconterò, di una storia terribile che è arrivata fino ad oggi e che riguarda i nostri amati gelsi. La granita gusto gelsi è una delle preferite dai siciliani, ma forse non tutti conoscono la tragica storia che il frutto nasconde. Ad ogni modo, spero che continuerete ad apprezzare la granita, perché questo è solo un mito - o forse no! -.
Andiamo per ordine.
I piccoli frutti che chiamiamo ''gelsi'' si definiscono con più precisione ''more di gelso''. Il gelso vero e proprio è un albero di media grandezza appartenente al genere ''Morus'' (famiglia delle Moracee). Il genere ''Morus'' conta una decina di specie, le più importanti sono ''Morus alba'' (gelso bianco) e ''Morus nigra'' (gelso nero).
Nella città della regina assira Semiramide, in Mesopotamia, due famiglie che vivono in due case vicine vietano il matrimonio ai rispettivi figli, Piramo e Tisbe. Vi ricorda qualcosa? Montecchi e Capuleti? Infatti probabilmente questo mito ispirò la storia dei due amanti di Verona. I giovani, nonostante i genitori gli vietassero di vedersi, parlavano attraverso una fessura della parete che collegava le due case.
Finalmente decisero di progettare la fuga e stabilirono di incontrarsi di notte sotto un gelso. Fu allora che si consumò la tragedia. Giunse per prima Tisbe che, spaventata dall'arrivo inaspettato di una leonessa, dovette allontanarsi. Presa dalla paura per la presenza del feroce animale, Tisbe dimenticò il suo mantello e la leonessa lo dilaniò, macchiandolo di sangue.
Dopo un po' arrivò Piramo e, vedendo il mantello sporco di sangue della sua amata, pensò che l'animale l'avesse sbranata e quindi di averla persa per sempre. Colto dalla disperazione, Piramo si uccise. Il suo sangue schizzò sull'albero, che da bianco divenne rosso scuro, come si legge tra i versi di Ovidio: «I frutti dell'albero, spruzzati di sangue/ divengono cupi e, di sangue intrisa, la radice/ tinge di vermiglio i grappoli delle bacche».
Tisbe, tornando indietro, stenta a riconoscere l'albero dell'appuntamento, perché aveva cambiato colore, ma poi vede Piramo, ricostruisce i fatti e, anche lei colta dalla disperazione, si uccide. La morte dei due amanti è causa di un fraintendimento, proprio come accade nella più conosciuta tragedia di Shakespeare.
Prima di uccidersi Tisbe rivolge una preghiera ai genitori, chiedendo che le loro salme vengano riposte nello stesso sepolcro, e prega anche l'albero, affinché rimanga ''sempre a lutto'': «E tu, albero che ora copri coi tuoi rami il corpo sventurato/ d'uno solo di noi e presto coprirai quelli di entrambi/ serba un segno di questo sacrificio e mantieni i tuoi frutti/ sempre parati a lutto in memoria del nostro sangue!», queste le parole che rivolge al gelso.
Le sue ultime preghiere furono esaudite, la vicenda si conclude con questi versi: «E almeno la preghiera commosse gli dei, commosse i genitori/ per questo il colore delle bacche, quando sono mature, è nero/ e ciò che resta del rogo in un'urna unica riposa». Il gelso, insomma, rimase nero per commemorare il lutto dei due innamorati morti tragicamente.
La storia, così intensa, romantica e drammatica, non poteva che influenzare la letteratura dei secoli successivi e ancora oggi ci emoziona. E ricordate, la granita ai gelsi non è un semplice dessert!
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