Il Gattopardo (dell'Etna) c'è ma non lo sai: chi è Sergio, controfigura di Kim Rossi Stuart
Nella recente serie Neflix Il Gattopardo lui ha prestato corpo, movenze e stile a Kim Rossi Stuart, diventando la sua controfigura ufficiale. Lo abbiamo intervistato

L'attore Sergio d'Arrigo
Altro che Hollywood! A Catania c’è un uomo che si muove tra ciak, cavalli e fuochi dell’Etna con la disinvoltura di un principe del set. Sergio d'Arrigo, volto (anzi contro-volto!) della Sicilia cinematografica, è il custode della memoria dell’Etna Film per ragioni familiari e collabora con il museo del cinema di Catania, un baluardo della cinefilia catanese.
Ma c'è di più, infatti, nella recente serie Neflix Il Gattopardo lui ha prestato corpo, movenze e stile a Kim Rossi Stuart, diventando la sua controfigura ufficiale.
Ingegnere civile e manager, Sergio d'Arrigo è sempre stato appassionato di cinema e oggi ancora di più perché si è trovato nel cast della serie Netflix che sta avendo un notevole successo in tutto il mondo.
Quasi per gioco ha partecipato alle selezioni, le ha superate con successo e si è lasciato travolgere dalla bellezza, dalla cultura e dell’amore per la sua terra che nella serie sono certamente valorizzate, dalla fotografia, dagli scorci, dai luoghi e dai meravigliosi e suntuosi palazzi di Palermo e Bagheria.
C’è un’energia sottile e potente che lega la Sicilia al cinema, fatta di luce, di vento, di pietra antica e di voci che sanno di memoria. Sergio d’Arrigo, nato nel 1968, ne è custode e interprete.
Storico cinematografico, attore e oggi controfigura del Principe di Salina nella nuova serie Netflix firmata da Tom Shankland, D’Arrigo non ha solo vissuto il set: l’ha respirato, l’ha amato, l’ha abitato con la consapevolezza di chi conosce profondamente l’anima del romanzo di Tomasi di Lampedusa.
La collaborazione italo-inglese è stata produttiva e, anzi, ha stimolato le performance degli attori e delle controfigure così come di tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione della serie, ben organizzata e tecnologicamente all’avanguardia.
Il cineasta ha avuto la possibilità di conoscere tante persone che sono state sul set del film il Gattopardo, “ho avuto la fortuna di essere amico dell’attore Tuccio Musumeci, che nel celebre film di Luchino Visconti rappresentò il segretario comunale, a Ciminna, luogo che venne chiamato Donna Fugata e considerato dimora estiva della famiglia Salina”.
L'attore ha portato la Sicilia vera dentro la fiction, con le sue polveri, con i suoi tramonti con tutti quei colori che caratterizzano il paesaggio mediterraneo e quella sua teatralità naturale che nemmeno Visconti avrebbe potuto dirigere meglio.
Dalle impolverate stanze del Principe di Salina alle scuderie improvvisate dei vicoli catanesi Sergio incarna il nuovo Gattopardo, consapevole del ruolo affidatogli, ricco di storia e di significati storici.
E sì, perché il romanzo di Tomasi di Lampedusa è un concentrato di storia, cultura, tradizioni, cambiamenti sociali e responsabilità territoriale. «L’esperienza nell’interpretare la controfigura di un personaggio come il Principe di Salina è stata - afferma Sergio d’Arrigo - un esperienza unica, un momento indimenticabile e denso di significati, di ricordi, nella piena consapevolezza di quello che questo romanzo ha significato e tutt’ora significa».
Nel confronto tra il capolavoro cinematografico del ’63 e la nuova visione seriale, d’Arrigo invita a non cedere alla tentazione del paragone. La serie non è un remake, ma una rilettura moderna che parte dal romanzo per aprire nuovi scenari sociali e politici, offrendo chiavi di lettura attualissime, moderne, nuove e capaci di investire ed interessare le nuove generazioni.
Alla domanda relativa al ruolo, Sergio risponde che «il Principe vive un conflitto, un vero e proprio dissidio interiore: da un lato vorrebbe essere come Tancredi, il suo adorato nipote, leggero, spregiudicato, spensierato, un concentrato di energia, spregiudicatezza e nuove idee rivoluzionarie, innamorato della vita e di Angelica ma dall’altro lato resta imprigionato nel suo ruolo storico, aristocratico e responsabile, con la sua grande personalità, con il suo carisma che pesa come un fardello di responsabilità e che gli impone obblighi e doveri oltre che privilegi».
Una dicotomia che rivela la modernità del personaggio, il suo peso esistenziale, il suo fascino senza tempo. Famosa la frase di Tancredi, nipote prediletto del Principe Fabrizio di Salina “cambiare tutto per non cambiare nulla”, che incarna lo spirito gattopardiano di appoggiare (in apparenza) il cambiamento, l’innovazione solo ed esclusivamente per conservare privilegi e poteri.
Questa frase tratta da un dialogo con il Gattopardo fa comprendere come rappresenti un rischio per i nobili che la Repubblica sostituisca la Monarchia, quindi è meglio che gli aristocratici partecipino alla rivolta contro i Borbone e si adoperino affinché al loro posto regnino i Savoia (rimanendo tutto com’è!) Il Principe di Salina è anche attento al popolo e coloro che stavano nel mezzo, gestendo i terreni, erano coloro che avevano la mentalità mafiosa.
Nella serie si scava nel tessuto sociale, con immagini e dialoghi, si aprono finestre sulla storia vera. Perché la mafia, quella parola grossa che aleggia sulla Sicilia, non nasce con la coppola e i gangster americani.
Le sue radici sono ben più antiche, affondano nel medioevo di Federico II e nelle Lex Augustalis, e si trasformano dopo il Congresso di Vienna, quando l’ordine feudale viene sconvolto. La figura del principe nella serie, ancor più che il film, rivela aspetti umani di un uomo dall’aristocrazia, ma un’aristocrazia sublime, che fa trapelare un’intima corrispondenza psicologica con la gente comune.
Non mancano spunti, definiti da d’Arrigo, “geniali” come la nascita della mentalità mafia, l’incontro metafisico tra Mariannina e Concetta, il rifiuto del Principe di ricevere la carica di senatore del Regno, propostagli da parte del cavaliere Chevalley di Monterzuolo, persino recandosi a Torino.
Sono presenti nella serie anche elementi di modernità nella sceneggiatura e incanta la fotografia e le musiche incredibili e degne di essere premiate. Un momento forte? Quello in cui il Principe spara al cavallo.
La mano che impugna la pistola è proprio quella di Sergio. «Ovviamente si tratta di una finzione – precisa – ma è stato emozionante vedere il cavallo irrigidirsi al suono dello sparo e poi rilassarsi quando mi sono avvicinato a lui. È in quel contatto che ho sentito la verità della scena. È stato un momento magico».
Tra riprese a campo largo, droni, cavalli e scenografie naturali mozzafiato, il lavoro sul set è stato anche un viaggio interiore, a contatto con la natura e con i cavalli. Sergio D’Arrigo non nasconde l’orgoglio per il coinvolgimento internazionale nella serie. «Le produzioni globali come Netflix hanno una grande responsabilità: raccontare l’Italia e farla amare nel mondo. Ma siamo noi italiani a dover offrire cultura, non possiamo limitarci a custodirla in silenzio».
Dal romanzo storico si possono trarre infiniti spunti di riflessione infatti, Sergio sostiene che «proprio nella serie, più che nel film, è ampiamente spiegato il tessuto sociale e politico della Sicilia di quei tempi», questo ha reso l’esperienza da lui vissuta ancora più interessante e coinvolgente. Adesso ci si domanda: ci sarà un Gattopardo 2?
Lui risponde: «Dipenderà da Netflix e dall’interesse del pubblico. Ma se ci sarà, sarà qualcosa di nuovo, una nuova serie che verrà del tutto creata ex novo in quanto il romanzo cristalizza la realtà ad un determinato momento storico, la seconda stagione invece vedrà l’evoluzione della famiglia salina alla luce dei vari accadimenti storici che si susseguiranno nel tempo.
Quindi, si tratterà di una narrazione che porterà la famiglia Salina oltre le pagine del romanzo, in una nuova epoca, dove le donne non saranno più comparse, ma traghettatrici della famiglia nel futuro. È palese che tutto ciò susciterà un notevole interesse per la Sicilia».
Con la saggezza di chi conosce il valore della storia e l’umiltà di chi vuole sempre apprendere dalle esperienze di vita, Sergio conclude: «Recitare è vivere un pezzo di realtà. Essere lì, tra quelle stanze e quelle scuderie, sebbene a volte complicato, è stato un momento irripetibile.
La mia è stata una bella e piacevole esperienza, con coscienza socratica so di non sapere e innamorato della vita, sono consapevole che questo episodio legato alla serie del Gattopardo sia stato per me un momento di arricchimento personale, culturale e letterario. Un’esperienza che porto con me come un dono».
Pertanto, mentre tutto cambia, lui resta. Pronto al prossimo ciak!
Ma c'è di più, infatti, nella recente serie Neflix Il Gattopardo lui ha prestato corpo, movenze e stile a Kim Rossi Stuart, diventando la sua controfigura ufficiale.
Ingegnere civile e manager, Sergio d'Arrigo è sempre stato appassionato di cinema e oggi ancora di più perché si è trovato nel cast della serie Netflix che sta avendo un notevole successo in tutto il mondo.
Quasi per gioco ha partecipato alle selezioni, le ha superate con successo e si è lasciato travolgere dalla bellezza, dalla cultura e dell’amore per la sua terra che nella serie sono certamente valorizzate, dalla fotografia, dagli scorci, dai luoghi e dai meravigliosi e suntuosi palazzi di Palermo e Bagheria.
C’è un’energia sottile e potente che lega la Sicilia al cinema, fatta di luce, di vento, di pietra antica e di voci che sanno di memoria. Sergio d’Arrigo, nato nel 1968, ne è custode e interprete.
Storico cinematografico, attore e oggi controfigura del Principe di Salina nella nuova serie Netflix firmata da Tom Shankland, D’Arrigo non ha solo vissuto il set: l’ha respirato, l’ha amato, l’ha abitato con la consapevolezza di chi conosce profondamente l’anima del romanzo di Tomasi di Lampedusa.
La collaborazione italo-inglese è stata produttiva e, anzi, ha stimolato le performance degli attori e delle controfigure così come di tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione della serie, ben organizzata e tecnologicamente all’avanguardia.
Il cineasta ha avuto la possibilità di conoscere tante persone che sono state sul set del film il Gattopardo, “ho avuto la fortuna di essere amico dell’attore Tuccio Musumeci, che nel celebre film di Luchino Visconti rappresentò il segretario comunale, a Ciminna, luogo che venne chiamato Donna Fugata e considerato dimora estiva della famiglia Salina”.
L'attore ha portato la Sicilia vera dentro la fiction, con le sue polveri, con i suoi tramonti con tutti quei colori che caratterizzano il paesaggio mediterraneo e quella sua teatralità naturale che nemmeno Visconti avrebbe potuto dirigere meglio.
Dalle impolverate stanze del Principe di Salina alle scuderie improvvisate dei vicoli catanesi Sergio incarna il nuovo Gattopardo, consapevole del ruolo affidatogli, ricco di storia e di significati storici.
E sì, perché il romanzo di Tomasi di Lampedusa è un concentrato di storia, cultura, tradizioni, cambiamenti sociali e responsabilità territoriale. «L’esperienza nell’interpretare la controfigura di un personaggio come il Principe di Salina è stata - afferma Sergio d’Arrigo - un esperienza unica, un momento indimenticabile e denso di significati, di ricordi, nella piena consapevolezza di quello che questo romanzo ha significato e tutt’ora significa».
Nel confronto tra il capolavoro cinematografico del ’63 e la nuova visione seriale, d’Arrigo invita a non cedere alla tentazione del paragone. La serie non è un remake, ma una rilettura moderna che parte dal romanzo per aprire nuovi scenari sociali e politici, offrendo chiavi di lettura attualissime, moderne, nuove e capaci di investire ed interessare le nuove generazioni.
Alla domanda relativa al ruolo, Sergio risponde che «il Principe vive un conflitto, un vero e proprio dissidio interiore: da un lato vorrebbe essere come Tancredi, il suo adorato nipote, leggero, spregiudicato, spensierato, un concentrato di energia, spregiudicatezza e nuove idee rivoluzionarie, innamorato della vita e di Angelica ma dall’altro lato resta imprigionato nel suo ruolo storico, aristocratico e responsabile, con la sua grande personalità, con il suo carisma che pesa come un fardello di responsabilità e che gli impone obblighi e doveri oltre che privilegi».
Una dicotomia che rivela la modernità del personaggio, il suo peso esistenziale, il suo fascino senza tempo. Famosa la frase di Tancredi, nipote prediletto del Principe Fabrizio di Salina “cambiare tutto per non cambiare nulla”, che incarna lo spirito gattopardiano di appoggiare (in apparenza) il cambiamento, l’innovazione solo ed esclusivamente per conservare privilegi e poteri.
Questa frase tratta da un dialogo con il Gattopardo fa comprendere come rappresenti un rischio per i nobili che la Repubblica sostituisca la Monarchia, quindi è meglio che gli aristocratici partecipino alla rivolta contro i Borbone e si adoperino affinché al loro posto regnino i Savoia (rimanendo tutto com’è!) Il Principe di Salina è anche attento al popolo e coloro che stavano nel mezzo, gestendo i terreni, erano coloro che avevano la mentalità mafiosa.
Nella serie si scava nel tessuto sociale, con immagini e dialoghi, si aprono finestre sulla storia vera. Perché la mafia, quella parola grossa che aleggia sulla Sicilia, non nasce con la coppola e i gangster americani.
Le sue radici sono ben più antiche, affondano nel medioevo di Federico II e nelle Lex Augustalis, e si trasformano dopo il Congresso di Vienna, quando l’ordine feudale viene sconvolto. La figura del principe nella serie, ancor più che il film, rivela aspetti umani di un uomo dall’aristocrazia, ma un’aristocrazia sublime, che fa trapelare un’intima corrispondenza psicologica con la gente comune.
Non mancano spunti, definiti da d’Arrigo, “geniali” come la nascita della mentalità mafia, l’incontro metafisico tra Mariannina e Concetta, il rifiuto del Principe di ricevere la carica di senatore del Regno, propostagli da parte del cavaliere Chevalley di Monterzuolo, persino recandosi a Torino.
Sono presenti nella serie anche elementi di modernità nella sceneggiatura e incanta la fotografia e le musiche incredibili e degne di essere premiate. Un momento forte? Quello in cui il Principe spara al cavallo.
La mano che impugna la pistola è proprio quella di Sergio. «Ovviamente si tratta di una finzione – precisa – ma è stato emozionante vedere il cavallo irrigidirsi al suono dello sparo e poi rilassarsi quando mi sono avvicinato a lui. È in quel contatto che ho sentito la verità della scena. È stato un momento magico».
Tra riprese a campo largo, droni, cavalli e scenografie naturali mozzafiato, il lavoro sul set è stato anche un viaggio interiore, a contatto con la natura e con i cavalli. Sergio D’Arrigo non nasconde l’orgoglio per il coinvolgimento internazionale nella serie. «Le produzioni globali come Netflix hanno una grande responsabilità: raccontare l’Italia e farla amare nel mondo. Ma siamo noi italiani a dover offrire cultura, non possiamo limitarci a custodirla in silenzio».
Dal romanzo storico si possono trarre infiniti spunti di riflessione infatti, Sergio sostiene che «proprio nella serie, più che nel film, è ampiamente spiegato il tessuto sociale e politico della Sicilia di quei tempi», questo ha reso l’esperienza da lui vissuta ancora più interessante e coinvolgente. Adesso ci si domanda: ci sarà un Gattopardo 2?
Lui risponde: «Dipenderà da Netflix e dall’interesse del pubblico. Ma se ci sarà, sarà qualcosa di nuovo, una nuova serie che verrà del tutto creata ex novo in quanto il romanzo cristalizza la realtà ad un determinato momento storico, la seconda stagione invece vedrà l’evoluzione della famiglia salina alla luce dei vari accadimenti storici che si susseguiranno nel tempo.
Quindi, si tratterà di una narrazione che porterà la famiglia Salina oltre le pagine del romanzo, in una nuova epoca, dove le donne non saranno più comparse, ma traghettatrici della famiglia nel futuro. È palese che tutto ciò susciterà un notevole interesse per la Sicilia».
Con la saggezza di chi conosce il valore della storia e l’umiltà di chi vuole sempre apprendere dalle esperienze di vita, Sergio conclude: «Recitare è vivere un pezzo di realtà. Essere lì, tra quelle stanze e quelle scuderie, sebbene a volte complicato, è stato un momento irripetibile.
La mia è stata una bella e piacevole esperienza, con coscienza socratica so di non sapere e innamorato della vita, sono consapevole che questo episodio legato alla serie del Gattopardo sia stato per me un momento di arricchimento personale, culturale e letterario. Un’esperienza che porto con me come un dono».
Pertanto, mentre tutto cambia, lui resta. Pronto al prossimo ciak!
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