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Il dolce siciliano con il nome di una regina: un vestito di frolla con il cuore di "cucuzza"

Al giorno d’oggi questo dolce rimane tra quelli dimenticati, che non compaiono più nelle traboccanti pasticcerie dove torte e pasticcini sono luccicanti come gioielli

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 31 luglio 2022

Il dolce "Maria Stuarda"

Dietro, anzi dentro, la gastronomia siciliana c’è sempre una storia che viene da un aneddoto o una vicenda tra mito, leggenda, verità o credenza, di certo c’è che qui i dolci, in particolare, sono racconti che si trasformano in scrigni di sapori il cui gusto va al di là anche della più fervida immaginazione.

Sì esatto, perché i siciliani in questo sono maestri, l’abilità di associare ingredienti impensabili tra loro che, altrove, non avrebbero mai avuto nessuna sorte né delizia per il palato.

E se “la passolina” (leggi uvetta) diventa immancabile nella pasta con le sarde, la semplicissima "zucchina lunga" da ortaggio consumato salato – a Palermo famosa la cucuzza agghiacciata le cui foglie diventano "tenerumi o talli" per la pasta - si trasforma addirittura in una sorta di confettura grezza ormai famosissima: la cucuzzata.

E da qui è tutto un trionfo di usi che nella dolceria siciliana - da conventuale e riservata a solo pochi eletti, passata ad oggetto di culto traboccante dalle vetrine di negozi di pasticceria e alla portata di tutti – che in questo caso riempie il cuore morbido di una crostatina di frolla tradizionalmente custodita tra i dolci altrimenti detti "da credenza", da conservare per lungo tempo senza alterare il gusto o la consistenza e pronti all’uso da offrire agli ospiti anche nei casi improvvisi o inattesi.
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Entriamo nel vivo della storia partendo dal nome: l’uso di servire la piccola crostata detta Maria Stuarda sembra risalga secolo XIX prevalentemente nella Sicilia occidentale, inizialmente prodotta in convento come citavamo sopra, ma arrivata originariamente dall’Inghilterra importata dai nativi sulla base di un dolce originario scozzese al quale, ovviamente, venne apportata qualche modifica.

Non ci risulta del resto che in Scozia ci sia, o ci sia stata, una qualche produzione di “cuccuzze longhe”, semmai, alla confettura originaria la sostituzione con la confettura di zucchina per una sorta di riciclo e riuso dell’ortaggio che abbondava nei monasteri.

In realtà sembra che la confettura di zucchine verdi detta “cucuzzata” da non confondere con la “zuccata”utilizzata per farcirne la pasta sia una preparazione di origine araba…forse.

Nome del dolce era in origine Queen Mary’s Tart nato per onorare Mary Stuart, regina di Scozia nel XVI e la cui vicenda si intreccia nella storia dell’Inghilterra dell’epoca che osteggiavano Elisabetta I come erede della corona legittima di Enrico VIII, culminata perdendo la testa nel cesto del boia.

“E il mio sangue innocente versato Plachi l’ira del cielo sdegnato, non richiami sull’Anglia spergiura il flagello d’un dio punitor”, così cantava la Maria Stuarda protagonista dell’opera di Donizetti, prima di morire.

Così come per altre usanze importate o per ingredienti naturalizzati e successivamente entrati nei ricettari regionali, la Maria Stuarda per la semplicità della fattura e per la resistenza senza necessità di refrigerazione, ma anche la graziosa estetica, entrò a far parte dei dolci confezionati anche nelle case inizialmente alto borghesi e di lignaggio, e poi nelle pasticcerie ma anche nelle case comuni dove si teneva a disposizione per eventi e feste casalinghe.

L’ingrediente base è una pasta frolla – in Sicilia fatta con lo strutto e non con il burro che verrà usato molto dopo – la confettura di zucchina che viene prodotta con la tipica zucchina lunga, sconosciuta per lo più nel resto d’Italia e per alcuni possibile sostituire con la variante della zucchina centenaria, che fa di queste paste un dolce davvero unico e, soprattutto, originale.

In seguito avvenne un completamento che diede maggiore effetto estetico e un aspetto anche più divertente ed elegante con l’apposizione della famosa ciliegina candita rossa e lucida che in questo caso non finì su una torta, ma a fare il cappello su una tortina.

Sul finire degli anni novanta era ancora ben presente nelle vetrine dei negozi finiva regolarmente dentro i vassoi palermitani detti anche “n’guantiere” immancabile per le feste comandate, i buffet o i pasticcini da tè.

Ahimè, al giorno d’oggi questo dolce rimane tra quelli dimenticati, che non compaiono più nelle traboccanti pasticcerie dove torte e pasticcini sono ormai luccicanti come gioielli, dal design sempre più stilizzato e con sapori morbidi e pastosi che non si sposano con la fresca e grezza genuinità della "cucuzzata".

Eppure anche no, da qualche parte si trova ancora in qualche forno della città o pasticceria che conserva la tradizione dove è possibile vederla, riconosciuta da chi ha ben passato i cinquanta anni e sconosciuta ad altri che a la chiamano “crostatina” con buona pace della zucchina e della regina che le diedero il nome e il cuore.
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