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Il derby (eterno) tra due città in Sicilia: quando la rivalità scrive la storia

Un’avvincente battaglia calcistica, simile a quella tra Palermo e Catania, sotto un cielo carico di emozioni ha radici profonde, le cui tracce risalgono a secoli fa

Roberta Barba
Storico dell'arte
  • 27 ottobre 2024

Lo stadio Tomaselli il Derby tra Nissa e San Cataldese

Un'atmosfera elettrica pervadeva lo stadio “M. Tomaselli” di Caltanissetta, un vero e proprio battleground calcistico, dove 3.800 cuori pulsavano all'unisono, ansiosi di vivere un'emozione unica.

Le forze dell’ordine, schierate in un dispiegamento senza eguali, riflettevano l'importanza di questo incontro, un derby che accendeva gli animi come un fuoco in una notte buia.

La tensione era palpabile nell’aria, alimentata non solo dalla pioggia improvvisa che ha bagnato il campo, ma soprattutto dai cori altisonanti, dagli striscioni sventolati con orgoglio e dagli applausi che sembravano non finire mai.

Ma in quei 90 minuti di gioco, nel pomeriggio del 23 ottobre 2024, un’avvincente battaglia calcistica, sotto un cielo grigio e carico di emozioni, sono stati i gol delle due squadre a rubare la scena: un 3 a 3 che ha sorpreso tutti, un risultato che, per quanto emozionante, ha lasciato un sapore agrodolce tra chi sperava nella vittoria. Ogni gol è risuonato come un grido di battaglia, un eco di rivalità che va ben oltre il semplice gioco.
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Questo derby non è solo una questione di punteggio; è una questione di identità, di campanilismo che affonda le radici in secoli di storia e conflitti.

La rivalità tra Caltanissetta e San Cataldo è una narrazione di emozioni contrastanti, un legame che ha radici profonde, risalente a eventi storici lontani.

Da sempre, tra i nisseni e i sancataldesi non scorre buon sangue, un dissapore che risale addirittura al 1600. Già nel 1651, quando Luigi Guglielmo Moncada dovette affrontare le pretese dei sancataldesi di creare una nuova salina, la tensione tra le due comunità si faceva palpabile.

I nisseni, sentendosi proprietari di quelle acque, si opposero con forza, dando vita a un conflitto che si sarebbe protratto nel tempo. Ma non sono solo le dispute economiche a segnare questa rivalità.

Durante i moti anti- borbonici del 1820, il fronte si polarizzò ulteriormente, con Caltanissetta che si schierava a favore della monarchia napoletana.

I sancataldesi, guidati dal Principe Galletti, orchestravano rappresaglie contro i nisseni, mentre la storia si scriveva nel sangue e nella vendetta. Il tradimento si annidava in ogni angolo, e la memoria di quegli eventi tragici ha segnato per sempre le relazioni tra le due città. Oggi, il blasone dei "Maunzisi" e dei "Vintidù" racconta storie di onore e disonore, di vittorie e umiliazioni.

Per i nisseni, il termine “tradituri” è diventato sinonimo di una storia di scelte difficili e conflitti, mentre i sancataldesi, nel loro ribellarsi, hanno cercato di ridurre il peso di un passato che li ha marchiati, trasformando la sconfitta in una sorta di follia, come un gioco di parole che ne nasconde il dolore.

Quella partita, in un pomeriggio di pioggia e passione, ha riacceso la fiamma di una rivalità che è molto più di un semplice derby. È un legame che resiste nel tempo, una lotta che continua a vivere nei cuori di chi tifa, che si tramanda di generazione in generazione. Ogni coro, ogni striscione, ogni gol segnato è un pezzo di quella storia che mai potrà essere dimenticata, un canto di battaglia che echeggerà finché ci saranno passione e orgoglio tra le due città.

E così, mentre i tifosi gridavano "Curri Micheli ca veni Catallu" o "Curri Catallu ca veni Micheli", invocando i santi patroni delle rispettive città, si ripeteva l’eterno gioco delle parti: nemici sul campo, ma uniti da una storia condivisa. Una rivalità che continua a scrivere capitoli di passione, tra calcio e memoria.
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